I pc non si buttano, si rianimano. Parola di Trashware Cesena

Trashware

Riutilizzare componenti o sistemi hardware parzialmente funzionanti o semplicemente obsoleti invece che trattarli come rifiuti (trash) l’obiettivo, 28 dicembre 2010 la data di nascita, coinvolgere i ragazzi in un progetto utile alla collettività il risultato migliore raggiunto. Questo è il progetto Trashware Cesena che ha preso vita grazie ad una convenzione firmata dall’associazione S.P.R.I.Te., il comune di Cesena, Hera S.p.A. e il Campus di Cesena dell’Università di Bologna.

Di fatto – dicono i ragazzi che lavorano al progetto – noi riceviamo da privati, aziende e associazioni donazioni di materiale informatico come personal computer fissi, monitor, portatili e altre periferiche a cui ridiamo vita in laboratorio, potenziandoli magari con memoria aggiuntiva o hard disk più capienti e installando sistemi open source, per poi donare i computer così rigenerati a chi ne fa richiesta e ha particolari necessità, come ad esempio le scuole”.

Obiettivi di Trashware Cesena, oltre al riuso di pc destinati allo smaltimento, anche la riduzione dell’impatto dei rifiuti elettronici, l’abbattimento del digital divide, l’inclusione sociale e il coinvolgimento attivo degli studenti.

Quanti ragazzi ha impegnato il progetto e come vengono coinvolti nuovi volontari?

Per il momento siamo in cinque e siamo “la quarta generazione” impegnata nel progetto visto che circa ogni anno i componenti che si laureano lasciano il posto ad altri. Le persone coinvolte hanno un rimborso spese che le incentiva a dedicare un po’ più di tempo al progetto vista la mole di lavoro in rapporto alle braccia. Per ora si cercano nuove leve in mezzo agli associati di SPRITe. Di solito chi subentra è interessato al progetto perché ha già avuto modo di mettere le mani dentro a un pc, ma se non fosse così ci sarebbe un affiancamento per un periodo di tempo che consenta di capire come rigenerare le macchine e soprattutto adeguarsi alla nostra modalità di lavoro.

Nel progetto si parla di “enti di supporto che sostengono a livello economico e in termini di servizi”. Quale l’impegno economico per il progetto?

Il nostro laboratorio ha sede in un locale locale di proprietà del comune, che lo mette a disposizione gratuitamente; l’università ci fornisce la connessione a internet ed Hera si occupa del recupero del RAEE. Tutto il resto dell’attività è da coprire con i finanziamenti che gli stessi enti mettono a disposizione: costi di manutenzione ordinaria e tenuta a norma del locale, utenze, e tutto quello che è utile in un laboratorio per pc come attrezzi, prodotti per la pulizia ed eventualmente componenti elettroniche che non riusciamo a recuperare altrimenti. Mensilmente prendiamo a noleggio un furgone che usiamo per donazioni e ritiri “corposi”. Una piccola parte viene usata per materiale informativo fra cui volantini che spiegano cosa facciamo e che informano riguardo al materiale che accettiamo o che ci impegniamo a donare. Ci sono poi da coprire i costi della stampa di manuali che distribuiamo insieme ai pc e che sono utili a chi si avvicina per la prima volta ad un sistema come Linux Mint.

Quanti pc avete rigenerato in questi anni? Siete riusciti a soddisfare le esigenze di tutti o avete richieste di pc rigenerati inevase? 

Dall’inizio del progetto le cifre parlano di circa 1.000 pc in quasi 6 anni. Per fortuna le persone che ne fanno richiesta non sono particolarmente esigenti: può capitare che qualcuno richieda delle caratteristiche specifiche (nei volantini o quando ci viene richiesto informiamo che ci sono delle specifiche minime per i nostri pc da “rianimare”: Pentium 4, 2 GB Ram e 80 GB di HDD). Ci sono delle richieste inevase ma riguardano portatili per privati perché purtroppo sono pochi quelli che ci vengono donati. Una persona può richiedere, in modo assolutamente gratuito, un pc con schermo e periferiche o un portatile esattamente come associazioni e scuole, con la sola differenza che ogni privato può richiedere al massimo un computer a testa.
Solo nel 2016 sette sono state le scuole che hanno richiesto una fornitura di pc “rinati” con l’obiettivo di ammodernare il laboratorio oppure per impiegare i pc come registro elettronico in classe. E in questi casi ci siamo anche occupati dell’installazione.

Quali gli sviluppi del progetto? Quali le difficoltà e come le avete affrontate?

Stiamo cercando di coinvolgere anche studenti degli istituti superiori per aiutarci e dare loro la possibilità di “sporcarsi le mani” senza la paura di rompere qualche apparecchio costoso e cercare di espandere il riuso anche alle componenti elettroniche come pulsanti, led, condensatori, etc. che al giorno d’oggi sono utilizzatissimi anche nel domestico grazie al boom di Arduino e della cultura dei makers. Le difficoltà riguardano la burocrazia per questa ed altre cose: assicurazioni, responsabilità, privacy e altro. Siamo studenti e spesso non abbiamo esperienza in questi ambiti, per cui ci dobbiamo informare e magari trovare qualcuno che è disposto a spiegarci più semplicemente cosa fare. Dentro al laboratorio siamo pieni di piccoli progettini che ci piace realizzare. Spesso si parla di automatizzare qualche passaggio della rigenerazione. A volte ci troviamo in difficoltà nel reperire alcuni pezzi (come ad esempio un certo tipo di memorie RAM) che cerchiamo fra il materiale usato alle fiere del settore come cercatori d’oro.

Stiamo creando una wiki pubblica che riunisca le nostre esperienze nella pratica del Trashware cosicché la formula del nostro progetto sia “open source e replicabile” e affinché possiamo restare in contatto con altre realtà sparse per il territorio nazionale. Del resto, noi non vorremmo crescere troppo: diventerebbe ingestibile per un’associazione studentesca. Piuttosto vorremmo che altri ci prendano d’esempio. Non è così raro, infatti, che anche da fuori territorio ci vengano richiesti ritiri oppure donazioni, ma noi siamo studenti. Facciamo tutto questo per passione e non riusciamo a evadere le richieste di tutti. Condividendo però la nostra esperienza e replicandola il discorso sarebbe differente. Speriamo insomma che ci copino in tanti (aziende comprese).

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