Gestire l’innovazione in un’organizzazione

Una delle cose chiare del mondo che ci circonda è che l’innovazione è una priorità, e lo è per le aziende, per il mondo del lavoro, per le persone, per le politiche sociali e per il concetto stesso di Stato.

La storia è costellata di aziende, organizzazioni e amministrazioni che, considerando l’innovazione una pratica secondaria e trascurabile, si sono ritrovate a perdere inesorabilmente quote di mercato e chiudere stabilimenti, a vedere ridotto drasticamente il numero dei loro iscritti, ad essere incapaci di offrire servizi di qualità ai cittadini.

Un buon consiglio di amministrazione deve sempre tenere presente che, soprattutto in periodi in cui le cose sembrano andar bene ed il conto economico è un piacere per gli occhi, i ricavi di oggi si fanno con le noiosissime attività main-stream odierne, ma i ricavi di domani si faranno grazie alle concrete politiche di innovazione di oggi.

La cosa interessante è che in alcuni settori industriali il concetto di innovazione può significare semplicemente qualche ritocco al brand, alla produzione o alla distribuzione, ma in altri casi può significare ripensare completamente l’offerta, riprogettare i prodotti e i servizi oppure addirittura mutare totalmente il modello di business in direzioni che fino a qualche mese prima potevano apparire impensabili.

La storia industriale del mondo è costellata di grandissime aziende che, forti del loro brand e della penetrazione sul mercato, hanno avuto approcci troppo timidi all’innovazione, preferendo  adattare i loro prodotti e servizi ad un mondo che di lì a poco sarebbe cambiato e non ne avrebbe più avuto bisogno, invece di comprendere bene quel mondo e agire di conseguenza per mutare radicalmente il proprio modello di business, inventare nuovi prodotti e servizi e conquistare nuovi segmenti di mercato.

Come si innova

Per innovare servono tre tipologie di competenze: tecnologiche, di business, di gestione dei processi di innovazione.

Le competenze tecnologiche sono fondamentali. Qualunque tipo di innovazione, nel mondo di oggi, deve fare i conti con mutamenti sociali e comportamentali che sono mediati, e a volte generati, dalle tecnologie emergenti. Le tecnologie di oggi ci fanno riflettere su come saranno quelle di domani e soltanto la percezione di cosa avremo a disposizione domani potrà guidarci nel non facile processo di cercare di intuire cosa vorrà la prossima generazione di nostri clienti.

Questo tipo di competenze deve essere coltivato costantemente per via della velocità con cui queste tecnologie tendono ad evolvere nel tempo ed a lasciare il posto a tecnologie ancora più nuove.

Le competenze di business sono ancora più importanti. La comprensione del proprio mercato e la consapevolezza delle potenzialità dei prodotti e servizi che si è in grado di proporre ai potenziali clienti, sono due fattori chiave che influenzano la capacità di fare impresa. Senza competenze commerciali, di posizionamento sul mercato e di strategia, si rischia troppo spesso di provare a vendere prodotti o servizi a chi non avrà mai interesse nel comprarli, perché fuori target, antieconomici oppure non rispondono agli obiettivi strategici del cliente.

Le competenze legate alla gestione dell’innovazione non sono importanti per il business di oggi, anzi paradossalmente rappresentano un costo per l’organizzazione, ma sono fondamentali per il business di domani. Come si diceva in precedenza: l’innovazione è uno degli elementi fondamentali per la buona salute futura delle aziende, ma i processi di innovazione hanno poco in comune con i tradizionali processi di produzione industriale, seguono logiche differenti, hanno bisogno di competenze e risorse di tipo diverso e si misurano con Key Performance Indicators (KPI) che nulla hanno a che fare con gli indicatori utilizzati tradizionalmente nei processi di produzione. Si tratta quindi di una competenza che molto difficilmente potrà essere individuata all’interno di un’organizzazione tradizionale e che basa il suo business su prodotti e servizi dedicati ad altre aziende oppure direttamente a clienti finali, una competenza specialistica non trascurabile se si intende innovare davvero.

Come ci si organizza

Diamo per scontate le competenze legate al business, in caso contrario l’organizzazione avrebbe seri problemi già oggi e li avrebbe ben più gravi domani per la difficoltà di avere un portafoglio prodotti convincente ed un offering adeguato alle esigenze consce ed inconsce dei potenziali clienti.

Gli aspetti tecnologici invece non possono essere dati per scontati e devono, al contrario, essere governati correttamente. Le forme organizzative più utilizzate ed efficienti vanno dai centri di competenza sulle singole tematiche tecnologiche innovative, alle strutture matriciali in cui vengono individuati, nelle diverse business unit dell’organizzazione, alcuni specialisti o appassionati di quella particolare tematica tecnologica e li si incentiva a fare rete ed a mettere a fattor comune esperienze e competenze. Un’organizzazione di questo tipo è molto agile e permette di utilizzare e valorizzare le competenze ovunque esse si trovino.

Nel caso in cui non si riesca, per via della dimensione organizzativa, ad attrezzare una rete interna di specialisti, sarà necessario rivolgersi al mercato, cercando di individuare partner in grado di coprire con competenza l’ampio spettro delle competenze tecnologiche innovative.

La partnership è uno strumento, a maggior ragione, estremamente consigliato quando si affronti il tema delle competenze legate alla gestione dei processi di innovazione, ed il motivo è semplice: si tratta di competenze estremamente specialistiche e difficili da trovare sul mercato, figure che sappiano unire i trend tecnologici innovativi con i modelli di business attuali e futuri, il tutto all’interno di un ecosistema basato su processi di innovazione governati correttamente ed in grado di essere misurati nei risultati attraverso l’utilizzo di adeguati indicatori.

La partnership è uno strumento efficacissimo per tutti gli attori in gioco e consente di superare la consueta logica cliente – fornitore per passare ad un rapporto di livello più alto, in cui tutti hanno gli stessi obiettivi e cercano di raggiungerli lavorando insieme.

Da dove arrivano le idee

Chi ha studiato un minimo di gestione dei processi di innovazione sa benissimo che il processo può iniziare soltanto a partire da un’idea potenzialmente innovativa. La generazione di quest’idea, tuttavia, potrebbe non essere banale.

Non si deve pensare che le idee siano unicamente appannaggio delle persone nativamente creative, anzi, al contrario, è molto frequente che buone idee, anche ottime, vengano prodotte da team eterogenei attraverso l’utilizzo di specifiche tecniche di creatività. Si tratta di tecniche che possono essere imparate e che solitamente danno buoni risultati se applicate correttamente, la produzione dell’idea è quindi un’operazione possibile anche con persone che, per svariati motivi, pensano di non essere creative.

Questo approccio sistematico è ottimo, ma non deve diventare un limite per la generazione spontanea di idee da parte della popolazione aziendale. È possibile infatti che all’interno di alcune strutture organizzative si nascondano dei veri e propri geni creativi, persone in grado di avere grandi intuizioni rispetto alle tecnologie, ai modelli di business, alle piattaforme, alle funzionalità applicative, alle future estensioni dei singoli progetti, ma che per svariati motivi non hanno la possibilità di dare un contributo.

È necessario quindi favorire la nascita di queste idee, magari attraverso l’adozione di una piattaforma di idea-management. Si tratta di applicativi che consentono ai membri di un’organizzazione, la pubblicazione di idee ed il successivo raffinamento con il contributo dei colleghi. Le idee possono essere associate a specifici tag per mercato, per tecnologia o per tipologia e possono essere valutate dagli stessi colleghi. Nelle grandi organizzazioni questi strumenti sono potentissimi in quanto consentono di raccogliere un numero elevatissimo di idee e permettono di innescare meccanismi di valutazione e raffinamento delle idee stesse, facendo emergere con chiarezza le idee potenzialmente interessanti ed i nomi dei migliori contributori, sia in base al numero ed alla qualità delle idee, sia in base ai contributi che possono essere forniti alle idee degli altri.

Partendo quindi dalle idee generate e selezionate, sarà possibile attivare i corretti processi di innovazione in modo da valutare meglio le idee prodotte, raffinarle, selezionarle e tentare, per alcune di queste, la lunga strada verso la produzione, senza dimenticare mai che l’innovazione spesso viene percepita come un costo, ma non innovare, nel medio periodo, ha quasi certamente costi ben più elevati.

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Chief Innovation Officer del Gruppo Engineering. Si occupa di IT e Innovazione dal 1990, lavora su tematiche di innovazione, nella ricerca, nella consulenza e nella formazione specializzata. È keynote speaker in conferenze nazionali ed internazionali sui temi dell’Innovazione, della Digital Transformation, dell‘Innovation Management e del Futuro. È professore all'Executive MBA Ticinensis, inoltre insegna Innovation Management all’Università di Torino e Consultancy and Soft Skills al MIBE dell’Università di Pavia, fa inoltre parte del Comitato di Indirizzo della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Firenze. Partecipa a numerosi gruppi di lavoro internazionali che operano sui temi di Innovazione Industriale, di Blockchain e DLT, di Intelligenza Artificiale e di Gestione dei Processi di Innovazione, a livello italiano (UNI), europeo (CEN) e mondiale (ISO e Nazioni Unite).

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