L’impatto di Internet e dei social media sulle relazioni di coppia

Anche se in generale sono un “tecnoentusiasta” e non sono certo uno che ha poca confidenza con la comunicazione attraverso il web e social media, devo ammettere di essere un po’ “conservatore” sul rapporto Internet-relazioni di coppia. Infatti, nonostante io sia molto attivo sui social media e in generale sul web con una copiosa e costante attività di condivisione di contenuti, sono molto riservato riguardo a informazioni strettamente personali che toccano la mia sfera affettiva e familiare. Rimango sempre abbastanza nauseato da coloro che eccedono nell’ostentare sui social media momenti di intimità, dichiarazioni d’amore, attività con i propri figli piccoli; e mi irrigidisco se una mia partner insiste per diffondere informazioni e immagini “di coppia”, specie se in una fase “prematura” della relazione. Senza parlare di coloro che comunicano lutti, divorzi, problemi di salute o stati depressivi attraverso i social media. Trovo che sia davvero adolescenziale e non rispetti la delicatezza di alcuni passaggi critici della vita.

Detto questo e atteso che ormai il web e i social media fanno parte della nostra vita anche relazionale, quali sono le criticità portate da Internet nella gestione delle relazioni di coppia?

Come sappiamo la principale caratteristica di Internet è quella di annullare le distanze spazio-temporali e di rendere la comunicazione molto più disintermediata. Nel mio settore (quello del diritto d’autore) l’avvento di questo nuovo mezzo di comunicazione digitale, immediato e disintermediato ha avuto un impatto devastante e ha richiesto una totale rivisitazione dei principi giuridici e dei criteri interpretativi che per secoli avevano ben funzionato nel mondo analogico.

Dal punto di vista relazionale l’impatto non è stato di certo minore. Io ricordo ancora bene quando per tutta la mia adolescenza chiedere a una ragazza di uscire significava trovare il suo numero di telefono di casa, telefonare in un momento in cui lei era effettivamente in casa e sperare che a rispondere fosse direttamente lei e non il padre. Ora abbiamo i cellulari e Internet che ci permettono di essere facilmente reperibili e, potenzialmente, raggiungibili in ogni momento, in ogni parte del mondo e attraverso le modalità più disparate (chiamata vocale, videochiamata, chat, sms, invio di immagini o messaggi vocali, etc.). Ogni persona, e quindi anche ogni potenziale partner, è, o meglio sembra, distante solo pochi click da noi.

Questo ovviamente ha il principale effetto di allargare la nostra cerchia di contatti in proporzioni impensabili fino a un decennio fa. Nel momento in cui scrivo, il mio profilo Facebook conta circa duemiladuecento amici, che ovviamente non sono Amici con la A maiuscola, ma sono “amici” nel nuovo senso, con le virgolette; cioè persone con cui si è creata una qualche connessione (ad esempio grazie al mio lavoro di divulgatore e formatore) ma che in realtà non ho mai incontrato dal vivo. A ciò si aggiungono altri duemilacinquecento contatti che seguono la mia pagina pubblica e altri duemila circa che seguono il mio account Twitter. Numeri che tra l’altro sono costantemente in incremento.

L’illusione è che vi sia un serbatoio infinito di potenziali amici e partner; un serbatoio che per di più continua a rimpinguarsi dato che a questi servizi si registrano sempre nuovi utenti.

Questa illusione aumenta ulteriormente se utilizziamo i servizi (siti web o applicazioni) per il dating online, tra cui Tinder e Meetic sono forse i nomi più noti in Italia. Il dating online ha infatti profondamente modificato le dinamiche attraverso cui vengono scelti i potenziali partner. Come spiega egregiamente Patricia Wallace nel suo libro “La psicologia di Internet”, la ricerca di un partner attraverso i social media e in particolare attraverso i siti di dating è scandita da processi completamente diversi rispetto a quelli della ricerca di un partner secondo metodi “tradizionali”.

Quasi a ogni fase, gli aspetti psicologici del processo [di scelta] sono diversi – talvolta in maniera radicale – rispetto quelli tipici degli incontri tradizionali. Esaminare le diverse opzioni e scegliere di registrarsi su uno o più siti, per esempio, introduce nel processo una “mentalità da shopping”, di cui difficilmente si trova un corrispettivo nelle situazioni reali. Certamente, nella vita reale si possono identificare e selezionare luoghi specifici dove è più probabile incontrare partner potenziali, come, per esempio, un club; ma i siti di dating offrono una scelta molto più ampia e pertanto richiedono più ricerche e più decisioni. [La fase di creazione di un profilo] è un po’ come allestire la vetrina del proprio negozio.

(fonte: P. Wallace, La psicologia di Internet, Raffaello Cortina Editore, traduzione D. Moro, pag. 194)

Quindi questa sensazione di avere un “bacino di pesca” potenzialmente infinito ci trasmette una tranquillità solo illusoria, ma in realtà non fa altro che aumentare l’ansia da prestazione poiché ci sentiamo quasi obbligati a “tenere il passo” e tenere sempre monitorata la situazione: bisogna rispondere a tutti coloro che hanno mostrato interesse, bisogna analizzare bene i profili dei nostri contatti, bisogna organizzare gli incontri. Il risultato è che ci troviamo a dedicare un tempo sempre maggiore a monitorare queste relazioni solo virtuali e potenziali e, per contro, dedichiamo meno tempo a coltivare le relazioni reali.

La comunicazione Internet incide anche sull’aspetto dell’oblio. I social media permettono di rimanere in contatto anche solo virtualmente e potenzialmente con persone che nella vita reale non abbiamo più modo di incrociare da anni. Ciò da un lato rappresenta una grande evoluzione perché permette a persone che hanno condiviso un pezzo di vita di rimanere in contatto anche quando circostanze esterne le hanno costrette ad allontanarsi; dall’altro lato ci porta a rimanere “collegati” anche con persone che, a rigor di buon senso, sarebbe meglio dimenticare. Di tutti i nostri ex partner e di tutte quei partner con cui abbiamo provato a costruire qualcosa senza successo possiamo sapere informazioni molto dettagliate e a volte intime attraverso una semplice ricerca sui social media. E ciò può risultare non proprio “salutare” in tutte quelle situazioni in cui invece sarebbe opportuno voltare pagina e andare avanti.

L’avvento di Internet ha avuto un forte impatto anche sulla percezione della sessualità. Inutile negare che l’infinita e facile disponibilità di materiale pornografico ha modificato (specie nel genere maschile) le aspettative sulle prestazioni sessuali; e le chat a sfondo erotico rendono le evasioni e le scappatelle sicuramente più a portata di mano, benché tutto a volte si circoscriva a scambi di immagini e video.

 

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Simone Aliprandi ha un dottorato in Società dell’informazione ed è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto della proprietà intellettuale, con particolare enfasi sul mondo delle tecnologie open e delle licenze Creative Commons. Nel 2005 ha fondato il Progetto Copyleft-Italia.it (primo progetto italiano di divulgazione sul tema delle licenze open) e dal 2009 è membro del network di professionisti Array. Svolge costantemente attività di docenza presso enti pubblici e privati, ha all’attivo varie pubblicazioni (tutte rilasciate con licenze libere) e scrive costantemente per alcune testate web oltre che sul suo blog. Tra le sue opere più conosciute "Capire il copyright. Percorso guidato nel diritto d'autore", "Creative Commons: manuale operativo" e "Il fenomeno open data". Sito web: www.aliprandi.org

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