Il senso di Eni per l’innovazione

Il meccanismo dell’innovazione continua deve portarci a tracciare strade che altri non hanno già percorso”. Così Gabriele Provana, responsabile del settore ICT e Servizi agli utenti finali di Eni oltre che responsabile del Green Data Center di Ferrera Erbognone, definisce un termine ormai abusato, ma che lui riempie subito di contenuti.

La sfida che dobbiamo vincere, attraverso l’impiego della tecnologia, è quella di migliorare l’esperienza dei nostri utenti, circa 33mila nel mondo, garantirne la sicurezza e il benessere lavorativo, investendo prioritariamente sulla crescita delle competenze delle persone”.

Con numeri come quelli di Eni, una sfida non certo banale: più di 10.000 i server e gli storage NAS, oltre 45.000 le postazioni client e mobile, più di 140.000 videoconferenze da gestire annualmente, oltre 400 i servizi applicativi.

I colleghi che lavorano anche in zone particolari del pianeta, come i deserti o le zone artiche, – prosegue Provana – sono il nostro target di riferimento. Le persone devono trovare nella tecnologia un aiuto, la possibilità di superare un limite, costruire un ponte con la famiglia lontana, una opportunità in più. L’informatica è trasversale a ogni attività: dall’esplorazione, alla finanza, alla logistica, all’ingegneria, alla gestione delle infrastrutture. Tutto ciò che facciamo in Eni può essere migliorato attraverso l’impiego di nuovi strumenti e il nostro lavoro è proprio quello di individuarli e integrarli”.

Cosa serve per essere innovativi?

Sicuramente la tecnologia, anche se da sola non basta di certo. A questa si deve aggiungere la conoscenza di ambito, che proviene dall’esperienza delle persone, e la competenza, che si sedimenta proprio grazie all’attuazione delle idee. Tecnologia, conoscenza, competenza, persone. Al centro le persone, visto che quando parliamo di intelligenza artificiale non possiamo prescindere dalla intelligenza dei singoli, dalla loro capacità di immaginare nuovi percorsi e soprattutto dalla loro abilità nel realizzare concretamente quanto immaginato.

Si parla di cloud come panacea spesso: qual è il giusto equilibrio da ricercare in azienda?

Il cloud rappresenta sicuramente una grande opportunità per le aziende, una estensione delle possibilità interne che anche noi in Eni utilizziamo per alcuni servizi acquistati e integrati con gli altri esistenti. Avere un nostro Data Center, come questo di Ferrera Erbognone, però ci dà un grado di libertà in più e soprattutto ci apre una finestra sul futuro grazie, ad esempio, alla possibilità di federarci con altri cloud a livello mondiale al fine di ampliare le nostre capacità. L’investimento sul data center porta dei vantaggi oggettivi legati alla sicurezza di applicazioni e dati, allo sviluppo di abilità e competenze interne oltre che alla comodità di poter gestire “in casa” alcune cose. Per fare un esempio concreto, la nostra posta elettronica è archiviata tutta nel nostro data center. Questo ovviamente ci porta a dover garantire continuità di servizi h24 in 73 Paesi diversi. Occorre di volta in volta bilanciare rischi e opportunità di una scelta, ma se non avessimo scelto cinque anni fa, andando anche controcorrente, di costruire un nostro data center dovremmo obbligatoriamente percorrere la strada del cloud.

Come si garantisce la sicurezza in un sistema complesso come quello di Eni?

Quella con la sicurezza è una guerra ormai quotidiana che non presenta certo garanzie di vittoria. Pur non potendo arrivare alla certezza della sicurezza, si cerca di costruire un ecosistema fatto di infrastrutture, tecnologie e soprattutto, anche in questo caso, competenze delle persone.

I dati sono davvero al centro oggi?

Quando parlo di dati mi piace portare un paragone: ad Alessandria d’Egitto si diceva che era conservato tutto il sapere del mondo in pergamene e papiri, per un totale di 500.000 volumi. Oggi solo noi in Eni ne gestiamo circa 24 Petabyte che corrispondono a circa 3 miliardi di libri. Raccogliamo enormi quantità di dati quotidianamente dai quali dovremo ricavare informazioni affinché questi non restino “a prendere polvere” come i papiri. E’ per questa ragione che a me piace utilizzare questa frase: in azienda oggi vale la regola (parafrasando il motto latino di Cartesio) “elaboro ergo sum”. Raccolgo dati, li elaboro e li utilizzo per migliorare il business. Questo è quello che dobbiamo fare.

 

In collaborazione con Eni

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