Ho scritto spesso che le organizzazioni non possono più restare ancorate alle strutture gerarchiche e alle divisioni interne troppo rigide tra dipartimenti. Non fa eccezione l’ambito degli analytics. Ecco perché.
Tanti attori, lungo la catena del dato
Prima di tutto ci sono diversi attori che devono essere coinvolti nella “filiera” dei dato.
1) Chi raccoglie il dato
Ci sono molti modi di raccogliere dei dati ma bisogna saperlo fare in modo strutturato e sicuro. La costruzione e la gestione della tecnologia dei touch point non è banale: occorrono capacità tecniche ma anche intelligenza per creare le motivazioni per cui un cliente lasci i propri dati o affinché vengano registrate correttamente tutte le informazioni utili che i software oggi permettono di catturare.
2) Chi prepara il dato
Non sempre ciò che viene raccolto è pronto per essere usato. Occorrono trasformazioni, normalizzazioni, dedupliche, sintesi e spostamenti. E dunque un altro tipo di competenza, a cavallo tra statistica e programmazione.
3) Chi sa leggere il dato
Come ho già avuto modo di dire in passato, la tecnologia è fondamentale ma alla fine dietro a tutto c’è la capacità dell’individuo di scoprire valore da pattern (anche se fossero evidenziati da algoritmi automatici), correlazioni, pensieri di business e domande cui rispondere. Ed evitare le situazioni di questo video!
4) Chi rappresenta il dato e lo racconta
Se (forse) fino a qui non ho detto nulla che in modo più o meno strutturato non stia già avvenendo nella maggior parte delle organizzazioni, ci sono almeno un altro paio di passaggi da fare per arrivare al successo. Il primo è la rappresentazione del dato utile a renderlo chiaro e, perché no, anche accattivante. C’è quindi qui una componente di data visualization, che richiede competenze di tipo grafico, comunicativo e, perché no, anche artistico.
Il secondo passaggio coinvolge la capacità di costruire e narrare delle storie attorno al dato, un vero e proprio data storytelling, che permetta di recapitare in modo efficace il messaggio agli stakeholder.
5) Chi fa cultura del dato
Tutte queste competenze, interne o in parte anche prese da un ecosistema di partner e startup, sono un’arma formidabile nelle mani dell’azienda. C’è però un ultimo punto: la cultura del dato. Fare cultura è uno dei grandi temi della Digital Trasformation, molto prima di qualsiasi tecnologia. Chi può farlo? La risposta potrebbe essere una molteplicità di ruoli CxO: ciò che conta è che ci sia un forte committment, le skill relazionali giuste e sia data la possibilità di costruire un percorso.
E poi? La costruzione di un “system of insight”
Forrester definisce un system of insight an operating model (people, process, and technology) that continuously improves a business outcome by connecting data, qualitative and quantitative insight, and software-driven action in a closed loop. Si tratta quindi di un modello operativo, fatto di persone e processi oltre che di tecnologia.
Questo modello permette di selezionare tra tutti i possibili dati quelli che sono significativi e, tramite l’interazione strutturata tra le persone, deve portare come risultato quello di intraprendere le giuste azioni tra tutte quelli attuabili. Esatto, azioni: il dato deve portare proprio a delle azioni, siano esse attuate come soluzioni a problemi esistenti o come ricerca di nuove opportunità.
E di nuovo per agire, ci vuole un lavoro di squadra!
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