Per molto tempo, indipendentemente dal colore politico del Governo in carica, mi sono sentito ripetere frasi dal seguente tenore:
Noi siamo (o dobbiamo essere) filogovernativi per definizione, perché dobbiamo avere buoni rapporti con chi comanda pro-tempore.
Noi siamo (o dobbiamo essere) filogovernativi, perché l’unica cosa che possiamo fare è cercare di aiutare e condizionare (in positivo) quel che stanno facendo.
Noi siamo (o dobbiamo essere) filogovernativi per definizione, perché dobbiamo cercare di limitare i danni.
In alcuni casi, è una posizione comprensibile. Così come è comprensibile che singole istituzioni e imprese non possano o non debbano schierarsi contro o a favore di questo o quel Governo.
Tuttavia, la complessità e criticità dei problemi che viviamo non tollera più compromessi al ribasso. Non ci si può accontentare di “limitare i danni” o di “cogliere le occasioni che capitano”. Né tantomeno è accettabile che si sfruttino debolezze o aperture del potente di turno per promuovere, anche in buona fede, una propria agenda o singole iniziative ritenute utili (non considero ovviamente il malaffare o l’interesse privato che va combattuto con ogni mezzo).
Di fronte alla situazione del Paese, i suoi ritardi, i rischi che corre nella competizione internazionale, è necessario che si sviluppi una posizione forte, chiara, cristallina, che indichi ciò che è utile e necessario fare senza condizionamenti o compromessi al ribasso.
Non è più il tempo del tatticismo o della prudenza italica semplicemente perché non c’è più tempo.
Oggi noi ci giochiamo il futuro del Paese, la sua permanenza tra quelli più avanzati, la possibilità di continuare e accelerare su un percorso di crescita e di benessere per noi, per le nostre imprese e per le nostre famiglie. Se posso capire che singole imprese o istituzioni accademiche non possano prendere posizioni che compromettano la loro terzietà e indipendenza, è indubbio che le associazioni di categoria, i corpi intermedi, singoli uomini di buona volontà debbano offrire contributi chiari, seri, non ambigui per la risoluzione dei problemi del Paese.
Basta compromessi, basta tatticismi, basta agende di parte, basta proposte demagogiche, impraticabili e controproducenti. Il Paese ha bisogno di idee serie che devono assolutamente essere valutate e confrontate anche in modo dialettico e appassionato, ma nell’interesse della società tutta e pensando al nostro futuro.
Servono onestà intellettuale, idee forti, commitment, serietà, confronto sui contenuti, capacità di analisi critica dei problemi e degli errori fatti, e voglia di andare oltre l’interesse immediato determinato dal passaggio elettorale del successivo fine settimana. In questo modo ce la possiamo fare.
Se invece continuiamo “more solito”, con le furbizie e le cordate familistiche o ideologiche, o con i compromessi al ribasso basati su “quel che si riesce a far passare”, non solo non troveremo una via di uscita ai problemi del Paese, ma lo spingeremo ancora più decisamente sul fronte di un inarrestabile declino.
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