Non è un Paese per vecchi?

Riflessioni di una nativa digitale che ha elaborato la sua tesi di maturità classica sul rapporto tra tecnologia e generazioni differenti

Valencia, luglio 2018. Turisti e residenti provano con scarso successo a ripararsi dal sole cocente delle 14 sotto il tetto della banchina attendendo il bus prescelto. Scorrono i minuti, è caldo, i mezzi di trasporto pubblico non arrivano. Nessun cartello, nessun inserviente da chiamare in soccorso di coloro che aspettano, invano, l’autobus. Un passante lancia un suggerimento ai pendolari: a causa di alcuni lavori stradali i bus per quel giorno cambiano linea e fermata. Che cosa fare? Come muoversi senza cartina e senza il supporto di un’accurata segnaletica? Gli adulti s’interrogano e si lamentano per il disagio mentre i giovani senza perdere tempo pigiano i propri polpastrelli sullo schermo dello smartphone cercando, con una connessione a Internet, di trovare la risposta ai propri problemi. Ottenuta la soluzione, diverse comitive di ragazzi imboccano diverse vie, pronte a inseguire il giusto mezzo per giungere alla meta. I “vecchi” che hanno assistito alla scena beffati, rimangono in silenzio. Per quale motivo non sono riusciti ad utilizzare nella maniera adeguata anch’essi il loro smartphone?

Aaron Swartz, programmatore e promotore di una sperimentale cooperazione sociale attraverso l’utilizzo di Internet nel suo Guerilla Open Access Manifesto già nel 2008 rifletteva sulla miriade d’informazioni offerte dal Web affermando che:“Information is power”. Un grande potere è imprigionato all’interno del dispositivo, che solo l’utente può sprigionare, sfruttandolo in modo corretto e nel momento opportuno, con la giusta applicazione, sito o motore di ricerca. Capacità tuttavia propria dei giovanissimi che attraverso un rapporto costante e spesso basato sul gioco e la sperimentazione riescono intuitivamente ad applicare il sapere tecnologico alla realtà facendosi portatori di un nuova sensibilità digitale, di un approccio pragmatico nei confronti della tecnologia.

Siamo di fronte a una nuova tipologia d’individuo a cui gli adulti, attraverso le loro precedenti innovazioni tecnologiche, hanno tagliato la testa. Il filosofo francese Michel Serres in Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere definisce questa cesura storica “decollazione”: “La testa intelligente fuoriesce dalla testa ossuta e neurale. Tra le mani la scatola-computer contiene e fa funzionare, infatti, ciò che un tempo chiamavamo le nostre facoltà”. Un nuovo essere in grado di incrementare la propria conoscenza attraverso il meraviglioso ma allo stesso tempo insidioso mondo di Internet, capace di far sentire ogni qualvolta lo voglia la propria voce su ciascun argomento scelto. Costui, abitando nello stesso momento due diverse dimensioni, quella terrena e quella virtuale, e trovandosi con il capo mozzato, è stato costretto a sviluppare nuove abilità per continuare a sopravvivere e raccontarsi.

I giovani internauti si trovano a dover fronteggiare oggi un web simile a un patchwork, una coperta che avvolge il globo formata dalla giustapposizione di contenuti diversi cuciti insieme: ordine e disordine si mescolano e s’intrecciano. Questi hanno imparato a muoversi tra le diverse piattaforme modulando di volta in volta il proprio linguaggio e adattando i propri contenuti. In ogni secondo della loro esistenza ricevono, smistano e analizzano un’infinità di dati. Possessori di un’intelligenza che proprio come il Web ragiona per mezzo di link hanno dovuto sviluppare quella che Italo Calvino in Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio aveva definito rapidità: Velocità mentale prontezza di adattamento, agilità dell’espressione e del pensiero”; un’elasticità mentale propria, appunto, dei ragazzi.

Le nuove generazioni sono designate da quelle vecchie attraverso l’epiteto “nativi digitali”, non capendo che proprio in questa espressione si cela la chiave di lettura con cui analizzare l’evidente gap generazionale presente in campo tecnologico. I fanciulli vivono il mondo virtuale come un elemento essenziale della propria vita. E’ finito il tempo del silenzio: tutti loro sono divenuti oratori dell’ἀγορά (piazza principale delle città greche, luogo d’incontro e discussione, ndr) digitale. Alcuni “vecchi” sono spaventati dal potere in mano ai giovani, altri non sono in grado di capire e accettare l’ideale di condivisione che sta alla base del Web, altri ancora rinnegano e rifuggono ogni apparecchio tecnologico. Devono essere i ragazzi perciò a farsi portatori di una nuova sensibilità digitale, a dialogare con quegli adulti che cercano di non essere vittime della propria senilità.

I giovani tuttavia devono prendersi cura della loro terra digitale, devono approfondire e capire le dinamiche che alimentano il Web, informandosi e discutendo su argomenti quali filter bubbles, fact checking e copyright. E’ necessario che si esprimano su questi argomenti per divenire artefici della futura evoluzione e sopravvivenza del mondo digitale. Si tratta di un processo che richiede fatica, dialogo e passione da parte di entrambe le generazioni. Una sfida storica. Siamo pronti ad affrontarla?

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