GPS: sul satellite con Einstein

Alice e Bob hanno l’occasione di lavorare insieme su un importante progetto europeo: prima della riunione di kick-off fra tutti gli stakeholder, Bob (che è un commerciale dell’azienda mandataria) chiede ad Alice (che è CTO di una delle aziende mandanti) di prendersi un caffè fra vecchi amici per due “chiacchiere preliminari”.

Bob – Quanto zucchero?

Alice – Dovrei dire zero per la linea, ma l’idea di stare in riunione per due ore o chissà quanto mi induce a chiederti almeno due bustine per evitare il calo glicemico ed addormentarmi sul più bello…

Bob [mentre versa due bustine di zucchero nella tazzina di Alice] – Sì, scherza tu. Io sono stato incastrato in questo progetto solo perché ogni tanto mi occupo di “telco”, ma non ne so niente.

Alice [ironicamente] – Ma non mi dire? [Vedendo che Bob non ride] Oh, scherzo eh, so che sei molto più interessato alle tecnologie della media dei tuoi colleghi, per esempio i commerciali della mia azienda, che infatti qua hanno mandato me.

Bob – Sempre a parlare male dei commerciali… Senti, ho bisogno di una idea.

Alice [sorridendo] – Chiedila ai tuoi tecnici: qua siamo partner ma pur sempre di aziende diverse.

Bob – Mi sottovaluti, come al solito: l’ho già fatto e ne ho cavato solo parole di dodici sillabe, sigle, numeri di versione e chissà che altro. Chiaro che mi sono letto i capitolati di gara e tutto il resto, so dire cosa andiamo a proporre e forse saprei anche elencare qualche tecnologia che useremo, ma ho bisogno di una idea per far colpo, specie sui tedeschi: fra neanche un’ora siamo tutti lì a parlare e devo far capire loro che sono padrone della situazione. Che so, una battuta a tema, un aneddoto, una curiosità, qualsiasi cosa per rompere il ghiaccio, magari con una slide a effetto.

Alice – Capisco, vuoi attirare l’attenzione su di te e distoglierla da quelle agghiaccianti slide che mi hai mostrato in anteprima.

Bob [interrompendola offeso] – Mica le ho scritte io! Ti ho detto che mi ci hanno incastrato! Ho solo messo una grafica degna di nome e tagliato le cose più incomprensibili.

Alice [sospirando] – Bob, parliamo di satellitare, di GPS, di sistemi GIS che usano questi dati e…

Bob – Ecco che ricominci con le sigle! Come quel nome assurdo, EGMS, European Geographic Monitoring System… Ma dico almeno un nome proprio evocativo della geografia, che so “Atlante”, o qualcosa del genere, qualsiasi cosa meglio di una sigla che non si sa pronunciare e che io non so ricordare.

Alice – Voi siete l’azienda mandante, potete scegliere il nome che volete!

Bob – Piantala di sfottermi, sai che quella sigla impronunciabile l’abbiamo scelta noi, anche se sicuramente non io.

Alice – “Atlante” non è poi così male, ma forse “Albert” è meglio.

Bob – Albert?

Alice – Come Einstein, Albert Einstein.

Bob – Einstein? E che c’entra? Ah, sì, ti ho visto di recente che leggevi quel librone con la foto di Einstein in copertina, le tue [facendo il gesto del virgolettato con le dita] “letture da ombrellone”.

Alice – C’è poco da ironizzare, quella di Pais è la miglior biografia scientifica di Einstein. Che è un nome molto azzeccato per un progetto che parla di GPS.

Bob – Ma lui è morto sicuramente prima che fosse stato inventato!

Alice [con trasporto] – Sì, è morto nel 1955, ed era troppo impegnato nella sua battaglia contro i mulini a vento per salvare la fisica classica dalla quantistica per potersi interessare di GPS. Piuttosto gli interessavano cose come scrivere le equazioni generali del moto dei corpi soggetti a un campo gravitazionale, unificare teorie relativistiche e quantistiche, e altre cose che nella riunione che faremo fra poco sarebbero considerate astruse e inutili.

Bob – Quando fai così mi spaventi. E so che stai per umiliarmi con una tua spiegazione scientifica. Ma va bene, tutto pur di trovare un nome dignitoso a questo progetto e una idea con cui stupire gli stakeholder.

Alice – Allora vediamo: qual è la tecnologia alla base del nostro progetto?

Bob – Questa la so: il GPS! Vogliamo usarlo per scrivere dei software di monitoraggio del…

Alice [interrompendolo] – Non serve che mi spieghi cosa fa il sistema che ho contribuito ad ideare: piuttosto hai detto bene, il GPS, cioè un sistema satellitare di rilevamento delle posizioni.

Bob – Inventato dal Governo statunitense e la cui precisione è nell’ordine di metri se non di centimetri (ho letto la pagina Wikipedia fino alla nausea).

Alice – E perché secondo te funziona?

Bob – Beh, quando mi collego con un dispositivo GPS lui invia dei segnali ai satelliti che ne individuano la posizione.

Alice – E come fanno?

Bob – Senti abbiamo solo pochi minuti prima della riunione, se continui a farmi domande va a finire che non ne usciamo. E comunque quel che so dei GPS si arresta con quel che ti ho detto.

Alice – Pensa all’autovelox: ti misura la velocità in base alla distanza e al tempo che ci metti a percorrerla. La velocità è infatti il tasso di variazione della distanza percorsa nell’unità di tempo. Il GPS fa il contrario: misura la distanza partendo dall’unità di tempo e conoscendo la velocità.

Bob – La velocità di che?

Alice – Del segnale, che viaggia alla velocità della luce. E la velocità della luce è costante in qualsiasi sistema di riferimento, come ha postulato Einstein oltre 100 anni fa. Quindi tutti i satelliti, che hanno a bordo orologi atomici molto precisi, riescono a ricostruire la distanza da chi emette il segnale. In questo modo si riesce a determinarne la posizione.

Bob – Vabbe’ mi sembra un legame un po’ debole con i GPS il fatto che Einstein abbia detto che la luce ha sempre la stessa velocità: ma poi non è una cosa ovvia?

Alice [sospirando] – Se tu cammini a 5 km all’ora che velocità hai rispetto a me che sono ferma?

Bob – Questa è facile: 5 km all’ora!

Alice – E se invece stai camminando nel corridoio di un treno che va a 100 km all’ora e cammini nella stessa direzione del treno e io sono ferma a guardarvi, a che velocità ti vedo andare?

Bob [esitando] – 105 km all’ora?

Alice – Bravo! Quindi un raggio di luce che viaggia sul treno, visto da terra, dovrebbe viaggiare più veloce di quanto viene visto viaggiare a terra, giusto?

Bob – Giusto!

Alice – E invece non è così: la sua velocità è sempre la stessa! Per di più la velocità della luce è insuperabile. Quindi l’ipotesi di Einstein non è banale e anzi sembra paradossale, ma è confermata sperimentalmente. E non è tutto.

Bob [confuso] – No?

Alice – No. La teoria della relatività speciale di Einstein, come conseguenza di questa ipotesi sulla velocità della luce, predice che, per noi che stiamo a terra, gli orologi sui satelliti, che si muovono rispetto a noi, misurano il tempo più lentamente degli orologi a terra. E questo effetto è apprezzabile nelle misurazioni GPS, che quindi devono modificare le loro misure per tenere conto dell’effetto relativistico della “dilatazione dei tempi”.

Bob – Cioè il tempo sui satelliti rallenta come nei film di fantascienza?

Alice – Visto da terra sì, scorre più lentamente. E non è ancora tutto.

Bob – C’entra ancora con Einstein?

Alice – Con lui e solo con lui: come sicuramente non saprai, Einstein pubblicò la sua teoria “ristretta” nel 1905, un grande traguardo, ma in realtà non ne era soddisfatto, in quanto per mezzo di essa non riusciva a spiegare i fenomeni gravitazionali. Ci mise dieci anni prima di trovare una teoria più generale, che infatti si chiama teoria della relatività generale, che fosse in grado di farlo. È la teoria che ha cambiato la percezione umana del cosmo e dello spazio tempo: la cosmologia non è più stata la stessa da allora. E senza di essa i GPS non potrebbero esistere.

Bob – Vuoi dire che non solo gli effetti della teoria ristretta ma anche quelli gravitazionali della teoria generale impattano sulle misurazioni dei GPS?

Alice – In modo essenziale: infatti l’effetto della relatività ristretta è di dilatazione dei tempi, ma la relatività generale implica anche che un orologio a terra, dove la curvatura dello spazio-tempo indotta dalla massa della Terra è maggiore, scandisca il tempo più lentamente di uno sul satellite, dove la curvatura è minore in quanto più lontano dalla Terra. Insomma, l’effetto della relatività generale è che l’orologio sul satellite, visto da terra, misura il tempo più velocemente. Invece, come ho detto prima, l’effetto della relatività ristretta è che il tempo sul satellite si dilata. Solo combinando questi effetti contrari (che non si annullano) si ottiene la correzione giusta e quindi i GPS possono avere la precisione che hanno. Altrimenti li potremmo costruire, sì, ma non sarebbero così precisi, e il nostro progetto di monitoraggio non sarebbe possibile rispetto agli obiettivi che ci siamo dati.

Bob [dopo qualche istante di silenzio] – Sai cosa?

Alice – Cosa?

Bob – Ho trovato un nome per il progetto: Einstein.

Alice [ghignando soddisfatta] – Ai tedeschi piacerà.

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Dopo aver conseguito la laurea e il dottorato di ricerca in matematica si è occupato per qualche anno di ricerca pura e docenze universitarie (facoltà di Ingegneria) per poi passare al mondo dell’industria, prima come consulente IT, poi come quantitative analyst nel campo della finanza e del risk management, per tornare infine al mondo IT come project manager, business analyst, consulente su metodologie, tecnologie, innovazione e formazione. Ha pubblicato due libri di storia della matematica (AlphaTest), un testo universitario di matematica (UAM) e diversi articoli scientifici, divulgativi e didattici su riviste di vario tipo. Tiene conferenze su argomenti fra matematica, IT e data science. Si occupa anche di formazione ed educazione, tenendo corsi sia in ambito professionale che come docente a contratto presso la facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza”.

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