Il primato degli investimenti nelle reti di telecomunicazioni

La recente pubblicazione delle linee programmatiche del Governo in materia di telecomunicazioni, poste, radio e Tv è una buona occasione per capire cosa ci aspetterà nel prossimo futuro, perlomeno nelle buone intenzioni.

Sette i capitoli all’ordine del giorno, a copertura dell’insieme dei settori che rientrano nel perimetro delle comunicazioni.

Tralasciando in questa sede i capitoli sul settore radiotelevisivo e quello postale, gli altri sono decisamente orientati verso l’innovazione tecnologica, anche se traspare un discreto overselling del capitolo su WiFi Italia e SINFI, progetti interessanti, ma non necessariamente dagli effetti dirompenti. Sotto l’ombrello delle Tecnologie Emergenti ricadono invece tre pilastri fondamentali, che sono l’Intelligenza Artificiale (AI), la Blockchain e l’Internet delle Cose (IoT) e per i primi due è in corso l’elaborazione di una Strategia Nazionale. Gli ambiti elettivi sono il Made in Italy e la sostenibilità ambientale, un tema attorno al quale si giocherà molto della competitività dei Paesi europei nel prossimo decennio. Un capitolo a parte è invece dedicato alla Cybersecurity, altra materia destinata a rimanere di grande attualità nel percorso verso la Gigabit Society e la Società iper-connessa, che trova nelle promesse del 5G la sua piena attuazione. L’impianto normativo e amministrativo è in corso di completamento, a partire dal Centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN), dalla definizione del perimetro della sicurezza e degli attori che ne fanno parte, per arrivare alla sicurezza delle reti 5G e all’integrazione della normativa sulla Golden Power. L’iter sarà ancora relativamente lungo, ma a breve anche l’Italia dovrà prendere posizione, come sta avvenendo in tutti i Paesi occidentali, con modelli non sempre allineati ai desiderata dell’amministrazione statunitense, come dimostra la recente decisione del governo britannico, che ha adottato un orientamento molto pragmatico nei confronti delle tecnologie cinesi.

Un primato inaspettato

Guardando alla classifica che non c’è, cioè quella della mobilitazione di risorse pubbliche e private attorno alle reti di nuova generazione, sia fisse che mobili, scopriremmo che il nostro Paese detiene di fatto un doppio primato. Da un lato, l’Italia non trova eguali, perlomeno a parità di dimensione, nelle risorse pubbliche destinate allo sviluppo delle reti a banda larga e, soprattutto, ultralarga. Il piano strategico per la banda ultralarga (BUL) è probabilmente il più ambizioso progetto europeo (1,7 miliardi di euro solo per la prima fase del progetto BUL), senza dimenticare il coinvolgimento di attori pubblici nella costituzione del principale operatore wholesale only europeo nato proprio per spingere lo sviluppo infrastrutturale in Italia, vale a dire Open Fiber. Se con una mano viene dato, non si deve scordare che dall’altra, l’Italia ha stabilito anche il primato per l’acquisto delle frequenze per la realizzazione delle reti 5G, oltre 6,5 miliardi di euro l’esborso degli operatori privati, frutto di un’accesa competizione e di una modalità di gara che ha sicuramente stimolato gli animal spirits. Una finanziaria delle reti.

Avanti, navigando all’interno della burocrazia

L’obiettivo di portare la banda ultralarga a circa 9 milioni di unità immobiliari e in circa 6.237 Comuni (su circa 8.000) è chiaramente molto ambizioso, specie si considera che l’orizzonte di realizzazione, imposto dal bando di gara, è di 36 mesi, a partire dal 2017.

A fine 2019, si confermano i ritardi già rilevati nel corso dell’anno e ricondotti ad “una molteplicità di fattori” e in particolare il ritardo nella concessione di permessi e autorizzazioni a livello locale. La mancanza di “dialogo tra i diversi livelli istituzionali”, così come il rinnovato tormentone della semplificazione potrebbe sicuramente ispirare Gian Antonio Stella nei suoi viaggi all’interno dell’amministrazione pubblica.

In sintesi, il bilancio è di soli 424 Comuni con lavori completati, di cui 103 collaudabili e 80 collaudati, mentre in altri 1.831 Comuni sono stati avviati i lavori.

Manca il dato sulla chiusura prevista del progetto, ed è già un’informazione, ma viene annunciata una “decisa accelerazione” e l’avvio di cantieri in ulteriori 1.465 Comuni, mentre sono in chiusura i lavori nelle aree che erano state oggetto di interventi diretti, avviati direttamente da Infratel prima degli ultimi tre bandi (668 Comuni). Visto che la somma fa il totale, mancheranno all’appello ancora oltre 2.000 Comuni, anche se il peso in termini di unità immobiliari si tratta di numeri più contenuti.

Azzardando, ma non troppo, una previsione, sarebbe un sicuro successo completare il progetto entro la fine del 2021.

Al via la fase 2

E’ tempo di verifiche e di “fasi 2”, che non mancano nemmeno nel settore delle reti, anche se in questo caso è stata definita tempo fa. Come noto, l’obiettivo strategico si sposta su due nuovi obiettivi. Il primo riguarda il salto di qualità nelle aree già interessati da investimenti nelle reti di nuova generazione (circa 4.250 Comuni), ma per le quali si vuole stimolare la realizzazione delle reti “Very High Capacity”, vale a dire che abilitano il salto verso le prestazioni dell’ordine del Gigabit al secondo. Il punto di partenza in queste aree sono reti che abilitano il superamento della soglia dei 100 Mbps al secondo in circa il 50% dei civici. Quanto serve per questo ulteriore salto? Oltre 5 miliardi di euro, la stima fatta da Intratel, da finanziare in parte con risorse pubbliche.

Ma non basta, il secondo obiettivo strategico indirizza la cronica debolezza della domanda, vale a dire l’adozione effettiva dei servizi. In questo caso lo strumento elettivo è quello dei voucher, che interesseranno le diverse tipologie di utenza, con valori unitari che vanno da valori fino a 300 euro per le famiglie a 3.000 euro per le Piccole e Medie Imprese.

Le risorse concretamente a disposizione sono circa 2,7 miliardi, di cui 1,3 miliardi per i voucher. Si può fare molto, puntando a generare un importante effetto leva.

La battaglia dei voucher, ma non solo

Lo strumento dei voucher è stato utilizzato anche in passato per diffondere l’utilizzo dei primi collegamenti a banda larga, ma oggi la partita è sicuramente più sfidante. Il motivo è molto semplice. In un contesto di, quasi inattesa, concorrenza infrastrutturale (reti fisse, reti radio, con vari livelli di copertura e prestazioni) la ricetta per evitare distorsioni della concorrenza e favorire uno o l’altro attore in campo è molto delicata. Facile appellarsi al rispetto del principio della neutralità tecnologica, ma ci sarà molto da discutere sulle prestazioni effettivamente garantite (non nominali) dalle diverse architetture e tecnologie, senza dimenticare la prevedibile evoluzione tecnologica. Ogni protagonista perorerà inevitabilmente la superiorità della propria soluzione e la difesa dei propri investimenti.

Per fortuna ci sono già alcune esperienze interessanti a livello internazionale, ma nessuna su una scala confrontabile al progetto italiano.

La partita a poker è aperta.

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