Strategia di lungo periodo e ingegneria del caos nel post Coronavirus: intervista a Giuseppe D’Amelio

Il Covid, nella sua drammaticità, può essere approcciato dalle aziende come un test planetario di quella che in informatica viene definita ingegneria del caos (chaos engineering), la disciplina della sperimentazione su un sistema in produzione al fine di creare fiducia nella capacità di resistere a condizioni turbolente ed impreviste. In questo caso, alla prova ci sono la consistenza e la resilienza dei nostri modelli di business, di lavoro ed in generale anche di vita”. Giuseppe D’Amelio, direttore della divisione business and information Service di Canon Italia, volendo vedere il buono in questo periodo di emergenza pandemia, afferma che questo “stress test” potrebbe aiutare le imprese a individuare i propri punti deboli al fine di applicare dei correttivi, e di elaborare una strategia di uscita che possa essere di medio e lungo periodo. “Quando parlo di strategia – puntualizza – non intendo dire redigere un documento o un piano, ma adottare un approccio manageriale che valuta diverse opzioni per raggiungere uno scopo ed affrontare una nuova sfida, scartando quelle meno adatte ma in ogni caso creando un modello decisionale che permetta di adattarsi strada facendo, agendo su offerta, canali di vendita e modello operativo”.

Su quali direttrici si basa la strategia che come Canon state definendo per ridisegnare il modello di business nell’ambito del settore della stampa office? La definizione della strategia è figlia dell’emergenza COVID?

Ci tengo a puntualizzare il fatto che in Canon stavamo lavorando a questa strategia dal dicembre dello scorso anno, ovvero in un momento in cui non si poteva neppure immaginare uno scenario come quello che stiamo vivendo adesso. Sentivamo il bisogno, pur in un momento non certo di crisi, di elaborare una strategia che potesse farci ridisegnare il nostro modello di business in un settore in continua evoluzione come quello della stampa office. Settore che, almeno in Italia, rappresenta una fetta di mercato molto interessante visto che è uno dei più rilevanti in Europa. Parliamo, quindi, di un mercato maturo per il quale volevamo immaginare l’evoluzione di sviluppo in un arco temporale che coprisse cinque anni. Le direttrici individuate dall’analisi, che abbiamo chiamato le 3C, sono: canale di vendita, cluster di prodotti e cliente.

Come si è lavorato intorno alle tre direttrici individuate? Quali sono i caratteri innovativi di questo approccio nell’analisi e nella definizione della nuova strategia di business?

Abbiamo lavorato individuando per ciascuna direttrice cinque opzioni strategiche e coinvolgendo per ciascuna di queste alcuni stakeholder, utili a verificare la fattibilità di quanto avevamo individuato. La parte interessante è che per ciascuna opzione strategica individuata sono state analizzate almeno altre tre opzioni alternative che poi sono state scartate. Ciò che è importante per la definizione della strategia, infatti, è stato tracciare un modello decisionale che porta a fare scelte in un contesto complesso ed in evoluzione continua, esattamente come succede nell’ingegneria del caos.

L’emergenza COVID ha avuto impatti su quanto avevate definito?

La crisi ci ha aiutato a testare il modello, visto che sono cambiate, dal momento della sua definizione, le condizioni di contorno. Due delle opzioni individuate sono state aggiustate proprio per la trasformazione in atto. Le crisi aiutano le imprese a testare la propria resilienza. E il COVID ha messo in mostra alcune criticità delle aziende italiane: la gestione della finanza, che ha portato in molti casi problemi legati ai flussi di cassa; l’offerta ai clienti, che ovviamente si è dovuta e si dovrà modificare visto il cambiamento delle esigenze e delle possibilità di acquisto; il modo di lavorare dei dipendenti che, nel frattempo, si è dovuto trasformare forzatamente in “smart”, non senza difficoltà da parte di chi non era pronto a superare le resistenze interne e a reimmaginare il lavoro per obiettivi. Le sfide che stanno emergendo sono diverse: dal cambiamento dell’ambiente di lavoro, che vedrà il consolidamento nell’adozione dello smart working e di modalità di lavoro più mobili e flessibili casa-ufficio, all’uso più invasivo delle immagini, ad esempio per misurare, in luoghi pubblici, temperature e distanze tra le persone, con tutte le implicazioni di privacy che solo qualche mese fa erano impensabili. In Canon stiamo integrando l’approccio strategico ordinario con le sfide che stanno emergendo da questa crisi, consapevoli che il prodotto da solo non è più sufficiente, ma saranno lo spettro dei servizi e delle esperienze fornite a fare la differenza.

Questo modello decisionale potrà essere applicato anche ad altri contesti?

Il modello individuato sicuramente può essere replicato in altre divisioni aziendali, visto che permette di guidare un’azienda un po’ come si guida una barca a vela, ovvero cercando di adeguare il proprio andamento alle condizioni del vento e di un contesto in continua evoluzione. Nella strategia individuata le tecnologie sono considerate strumentali, come sempre dovrebbe essere. Non siamo partiti dalle tecnologie digitali disponibili e non abbiamo costruito il nostro modello su queste, ma esattamente il contrario. Partiamo dal modello e dai nostri obiettivi da realizzare in un quadro di sostenibilità per poi integrare, a seconda del bisogno, le tecnologie che serviranno. Oggi con sano ottimismo stiamo ipotizzando degli scenari futuri per le nostre vite personali e lavorative, ma non sappiamo come andranno veramente le cose, lo capiremo strada facendo. In ogni caso, la cosa più sbagliata da fare in questi casi è continuare a fare le stesse cose nello stesso modo. Al contrario, è il momento di riflettere e definire una (vera) strategia.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here