Quel marketing non è più sostenibile

Nun te reggae più” cantava Rino Gaetano negli anni 70 per palesare la sua intolleranza verso miti, rituali e personaggi di quegli anni.

A me succede oggi con quel marketing che pensa di essere innovativo promuovendo il brand non come fornitore di prodotti e servizi affidabili ed ecocompatibili, ma come fornitore di felicità o quanto meno di un’idea preconfezionata del mondo. Con formule che tendono sempre più a dare risposte rassicuranti alla dilagante solitudine degli iperconnessi invece che all’esigenza, oggettiva, di sostenibilità e circolarità. Del tipo: “non prodotti ma esperienze”, “non clienti ma amici del Brand”, “non una giacca, ma un modo di vivere”, “non tecnologia sostenibile, ma illuminazione energizzante”, …

Non ne posso più perché ti raggiungono dovunque, grazie alla multicanalità, con quel tono di voce insopportabilmente ammiccante: con un click non compri un semplice prodotto o servizio ma una visione della vita bella, pronta, confezionata e metabolizzata. Senza lo sforzo di pensare! Mentre pandemia e mutazioni del clima ce lo imporrebbero di pensare, soprattutto in termini di scelte di consumo.

Ma poi, “vendere immaginario” invece di prodotti e servizi è un’idea o una pratica nuova? Ma quando mai! È sempre stata l’ambizione e il mestiere della pubblicità sia ieri, quando usava i testimonial, sia oggi che usa gli influencer. Solo che prima i pubblicitari erano “persuasori occulti” e, più o meno ironicamente, se ne vergognavano: “non dite a mia madre che faccio il pubblicitario… lei mi crede pianista in un bordello” diceva e scriveva Jacques Seguelà. Ora, nell’era del Personal Branding e della “vita-esibita-altrimenti-non-è-vita”, si palesano eccome! Ma non si sentono markettari: si sono autoconvinti di essere i nuovi filosofi o addirittura i teosofi dell’era della mutazione antropologica verso il postumano. E ai mutanti iperconnessi offrono stili di vita digitali dinamici e aumentati in 16 K, insieme a filosofie esistenziali prêt-à-porter; recapitabili gli uni e le altre con “Prime”, ça va sans dire…

Ma anche i vecchi cataloghi di vendita per corrispondenza facevano la stessa cosa. Anzi, pur non potendo contare sulla tecnologia e gli effetti speciali di oggi, puntavano molto sulla stimolazione dell’immaginario, ed erano certamente bravi se riuscivano a vendere addirittura l’inimmaginabile. Come questo incredibile “piscia-whisky”.


Stupite i vostri amici servendo loro il whisky dal Manneken Pis!” recitava, sul mitico Postalmarket, la didascalia di questo sorprendente erogatore. E sapevano bene, i marketer di allora, che la vera leva motivazionale era “lo stupore degli amici”. Di qualunque segno fosse poi lo stupore…

Ma Postalmarket, Vestro & C. appartenevano al mondo cartaceo e l’avvento di Internet ha segnato la loro fine; sostituiti poi da Amazon & C.

Anche io, meticcio analogico-digitale, non riesco certo a sottrarmi alle spire dei tic dei postumani; di recente ho comprato su Amazon, oltre a cento altre cose utili e inutili, un faretto “dimmerabile”. Ma poi, estenuato da un servizio post-vendita gestito da un’intelligenza (?) artificiale, determinatissima a introdurmi nella comunità degli “illuminati” (illuminati dagli apparecchi dell’azienda), ho deciso di scrivere una lettera aperta sulla vicenda ma soprattutto sulla sempiterna ossessione del marketing di venderci modelli esistenziali senza tempo, del tutto lontani dal valore/obiettivo del consumo responsabile.

Un tentativo di resistenza, il mio. Velleitario? Forse, ma forse no.


Cara azienda…,

ti scrivo col tu, come fai tu.

E siccome sei molto lontana (dal mio immaginario) più forte ti scriverò.

Ho comprato uno dei tuoi prodotti e solo quello volevo fare. No, non volevo comprare un’esperienza e tanto meno un sogno: non son ridotto così male da scambiare l’acquisto di un faretto per un’esperienza che “illuminerà la mia vita con la tonalità giusta”. Mi bastava che illuminasse un angolo della stanza, con una lampada a basso consumo, un packaging di ridotto formato e in materiale riciclabile.

Il presupposto poi era che funzionasse: ma evidentemente ai led come al cuore non si comanda. Soprattutto non si comanda con il telecomando “dimmerabile” ma non funzionante; tra l’altro avevo letto “miserabile” dato che le istruzioni sono in corpo tipografico 3 [ma perché?!]

E non rimanerci male se non ho accettato la tua generosa offerta di amicizia: “ti proponiamo anche l’esperienza unica della relazione con gli amici del nostro Brand” ha detto la voce metallica che mi ha chiamato, due giorni dopo la consegna, per illustrarmi gli “straordinari pazzeschi” vantaggi che mi sarebbero derivati dall’entrare nella community degli illuminati! No, grazie. Non ho carenze relazionali: condivido già la vita con uno sterminato clan familiare e amici antichi e recenti; e poi, stante il mancato funzionamento del vostro apparecchio, non posso rientrare tra gli “illuminati”. Ne converrete!

Ammetto che è stata forse un po’ sopra le righe la mia reazione all’ennesima sollecitazione del tuo caramelloso chatbot perché scrivessi una recensione “grazie alle sensazioni vissute immergendomi negli effetti luministici!”. Ma anche il tuo Marketing ha esagerato chiedendomi d’immaginare e suggerire un uso o un posizionamento creativo del faretto: l’unico posizionamento innovativo che mi è venuto in mente era, come dire, … improprio. E purtroppo l’ho detto al telefono in maniera molto, molto scandita. [Me ne vergogno a posteriori e mi scuso]

Volevo, ripeto, semplicemente un prodotto che funzionasse e che fosse quanto più possibile compatibile con le esigenze d’impatto ecologico. Fattene una ragione, azienda: sono di quella generazione che pensa che per illuminare il piano di una scrivania basta un faretto che accenda solo la luce senza evocare esperienze indimenticabili, sogni, prospettive nuove, gioiose community e tutto il cocuzzaro.

Per cui ci salutiamo qui. Avverti l’esercito dei tuoi chatbot di azionare l’opzione zero: zero interviste, zero proposte, zero chiamate, zero … Il silenzio è già ecologia sociale. Cliente cancellato, grazie!

Ovviamente ti restituisco tutto: il prodotto, l’esperienza, il sogno e la relazione. Ciascuno nella sua confezione originale. Non preoccuparti d’altro; al rimborso ci pensa Amazon.

Marco Stancati

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