Il recovery fund passa dalla sostenibilità: il punto di vista di Laura Bruni, Schneider Electric

Intervista a Laura Bruni, Influence & Governmental Affairs di Schneider Electric, sulle azioni necessarie per il superamento della crisi e per contribuire allo sviluppo in una nuova normalità che guardi all'innovazione e alla sostenibilità

La crisi che stiamo vivendo – legata al COVID-19 – ha spostato in secondo piano, nel dibattito pubblico, moltissimi temi di grande importanza. Questo vuol dire far coesistere la necessità da una parte di attuare azioni che supportino le imprese per superare la grave situazione che stiamo vivendo, dall’altra di sviluppare strategie che permettano alle aziende di contribuire a costruire la tanto agognata nuova normalità. Jean-Pascal Tricoire – durante l’Innovation Summit World Tour di Schneider Electric, azienda della quale è Presidente e CEO – ha evidenziato come le priorità non debbano cambiare e come la nuova normalità dovrà mettere al centro la sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Laura Bruni, Influence & Governmental Affairs di Schneider Electric, in una intervista nella quale ci descrive quali sono le principali azioni da attuare per superare la crisi e contribuire allo sviluppo di una nuova normalità che sia all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità.

Cosa vuol dire questo per le aziende? Cosa comporta rispondere all’emergenza in corso e nel frattempo guardare alle grandi sfide che sappiamo essere incombenti?

Laura Bruni, Influence & Governmental Affairs di Schneider Electric

I dati a cui abbiamo accesso anche all’interno del contesto italiano mostrano che le aziende sostenibili spesso crescono più dei competitor. C’è un impatto significativo per esempio sul brand. I consumatori a diversi livelli tendono a scegliere a parità di qualità aziende che fanno della sostenibilità una strategia chiara. Spesso sono anche più attrattive per i giovani talenti. Le risorse più competenti o le giovani generazioni hanno a volte un mindset particolare nella scelta delle imprese per cui lavorare, e spesso insieme a flessibilità ed opportunità di crescita si valuta anche un contesto che metta la sostenibilità al centro.

Aziende che scelgono investimenti sostenibili spesso hanno anche capacità di scegliere meglio tecnologie che, per esempio, supportano l’efficienza energetica. Noi sappiamo quanto, soprattutto nelle produzioni di natura energivora, la possibilità di usare bene la propria energia voglia dire conti economici più leggeri. Avere una struttura organizzativa che è in grado di fare di più con meno aggiunge quindi competitività ai prodotti finali.

In più c’è una confluenza tra tecnologia digitale e sostenibilità, quindi uno scenario etico a cui siamo chiamati tutti. In questo momento non essere sostenibili non solo è poco comprensibile sul piano dei valori, ma non è neanche conveniente.

In questa partita il digitale assume un ruolo chiave diventando un imprescindibile strumento di sostenibilità: come possiamo guardare a fenomeni come Industry 4.0 in questa chiave?

L’industria 4.0 è diventato un modo di raccontare quello che è successo negli ultimi anni dell’esperienza italiana, ossia una serie di finanziamenti pluriennali che hanno spinto l’innovazione connessa, quindi la trasformazione digitale integrata all’interno delle tecnologie operative. Tutto è perfettibile, ma questo è stato fatto in modo continuo, chiaro, con indicazioni e interventi che sono effettivamente arrivati alle imprese. Questo pacchetto di misure, da Industria 4.0 a Impresa 4.0, fino alla Transizione 4.0, è stato uno strumento potente di politica industriale.

Questo ha accompagnato le imprese anche capire che investire nella propria trasformazione digitale era possibile, anche in più tempi con una forma progressiva, e ha permesso anche di diventare più coscienti e più competenti nel fare le proprie scelte di investimento e nel preparare il proprio personale. Non che quanto è stato fatto in termini formativi sia sufficiente ma certamente c’è stato un incremento importante. Un’intuizione potente che, in questo percorso di innovazione e di investimento per le PMI italiane, ha fatto capire come l’unire digitalizzazione esostenibilità sia un’occasione da non perdere.

La buona digitalizzazione di per sé abilita la sostenibilità. Faccio un esempio: le scelte imprenditoriali più complesse, soprattutto se ci si vuole orientare verso la sostenibilità, hanno bisogno di dati consistenti, ricorrenti, dal campo. Serve quindi una sensoristica che riporti informazioni fini che consentano di capire come funziona veramente il processo produttivo, qual è l’uso ideale dei materiali, o come si possono riorientare delle scelte attraverso un uso più razionale o creativo di determinate fasi. Voglio dire con questo che l’innovazione senza dati oggettivi sistematici e ricorrenti ha pochi elementi per poter essere strutturata. La “smartizzazione” dal campo, il fatto quindi di inserire intelligenza nei prodotti tecnologici e connettività, consente di far arrivare le informazioni a tutti i livelli della catena, dando quindi consistenza a scelte di sostenibilità. In più dà un contributo immediato se applicato alla gestione dell’energia: la connettività e la digitalizzazione applicate ai processi energivori permettono di sapere dove e come si usa l’energia, di saperla riorientare con scelte facilitate dall’automazione, e quindi dà spesso un beneficio immediato.

Il green deal lanciato da Von der Leyen (e tristemente messo in secondo piano, appunto, dalla crisi in corso), coniuga tecnologie ed ambiente, innovazione e sostenibilità. Come ciò può tradursi in azioni concrete per le aziende?

C’è sicuramente una scelta di campo. È difficile essere sostenibili se non si sceglie che questo sia un elemento distintivo. È una scelta imprenditoriale sempre più facilitata dal fatto che le aziende sostenibili sono spesso quelle che ricevono più riconoscimenti dal mercato, con un brand che incrementa la sua conoscenza e il suo valore, con dipendenti più motivati, con clienti e fornitori che scelgono questo tipo di fidelizzazione riconoscendo quella eccellenza verde.

Una modalità molto semplice per cominciare a ragionare sulla sostenibilità è proprio quella di dotarsi di strumenti per farlo, quindi “smartizzare” il campo aggiungendo alle proprie tecnologie operative la sensoristica e la connettività, che permettano di rendere disponibili in remoto informazioni utili lungo tutta la catena; aggiungendo poi il controllo locale e come ultimo elemento software e app per gli analytics e quindi dati, reporting customizzati, cioè fatti in funzione di ciò che l’imprenditore desidera conoscere, anche a supporto delle sue scelte green.

Tecnologia, digitalizzazione e sostenibilità vanno a braccetto. Dobbiamo lavorare affinché gli elementi con cui si misurano questi mondi possano in qualche modo intercettarsi. È facile per un’impresa considerare l’indice classico dell’efficienza energetica oppure l’Operational Efficiency, l’indice che viene usato per l’efficienza operativa. In realtà questi indicatori possono anche associarsi a quelli tipici del ciclo di vita o dell’economia circolare e raccontare l’azienda in un altro modo. Le imprese che lo capiscono investono in formazioni di pregio per essere strutturalmente sostenibili.

Si fa un gran parlare, in questi giorni, del Recovery Plan. Molti Paesi hanno già pronti piani strategici, altri – come il nostro – sembrano ancora indietro nel definire linee strategiche. Ma il Recovery Fund può rappresentare una grande opportunità per concretizzare la sfida di Industry 4.0 in chiave di sostenibilità: qual è il vostro punto di vista in proposito?

Ci auguriamo che il Recovery Plan sia veramente una grande opportunità per l’Italia, e quindi che il Governo ne colga tutti i vantaggi al di là dei ritardi europei o di qualche vincolo procedurale.

Questo piano fra le sue sei missioni ne ha almeno due chiaramente focalizzate sul mondo industriale, sia in termini di competitività che di filiera. Senza dubbio Industria 4.0, come elemento che compone la manovra finanziaria, andrebbe utilizzata come una sorta di acceleratore e di anticipatore di queste opportunità economiche.

Oltre che rinforzare questo meccanismo, avrebbe senso stabilizzare un incremento consistente di aliquote e massimali, in modo tale che dopo questo annus horribilis e quindi durante l’anno della ripresa si possa veramente dare respiro e spinta alle PMI che vogliono investire in competitività. L’altro elemento importante è la premialità integrativa ai progetti in grado di essere sostenibili e digitali. Soprattutto è importante che la consistenza di questo sgravio sia percettibile. Un terzo elemento, che stiamo cercando di sostenere ed è uno degli emendamenti che Confindustria ha voluto presentare insieme a noi, è la cessione del credito d’imposta.

Questo meccanismo ha funzionato molto bene con quei bonus dedicati all’edilizia, che hanno spinto anche molti privati a fare delle scelte di rinnovamento sapendo che altri soggetti terzi prendevano in carico l’onere di recuperare il credito. L’idea di fondo è che il credito d’imposta possa essere ceduto dalle imprese a un soggetto finanziario, magari anche con uno sconto in fattura, in modo tale da far concentrare l’impresa non sulla liquidità – cosa a volte non facile per le imprese italiane – ma sulla scelta di fondo dell’investimento.

Ci sono imprese sane che hanno investito progressivamente la loro liquidità in scelte anche coraggiose e che quindi potrebbero trovarsi in difficoltà nell’anticipare un investimento, recuperando il valore fiscale a distanza di mesi. Facilitare questo facendo in modo che un intermediario finanziario possa prendersi questo onere e che l’azienda possa avere già un beneficio in fattura è una strada che permette di valorizzare l’eccellenza, senza che la liquidità delle imprese sia un elemento troppo vincolante. Quindi stabilizzazione incremento di aliquote massimali, premialità integrativa ai progetti sostenibili digitali e cessione del credito possono diventare uno strumento affinché Impresa 4.0, inserita nella nuova legge finanziaria, sia di fatto una vera anticipazione strategica del Recovery Fund per l’Italia.

 

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