Blockchain per la certificazione energetica

Un report dell’EU Blockchain Observatory and Forum illustra in che modo questa tecnologia possa trasformare il settore energetico impattando su ambiente, economia e società attraverso la sostenibilità digitale: tracciando e certificando l’energia pulita

Immagine distribuita da WallpaperUse con licenza CCO

La tecnologia blockchain è in grado di creare sistemi democratici anche nell’ecosistema dell’Unione Europea. Il documento dell’EU Blockchain Observatory and Forum, infatti, indaga il ruolo di questa tecnologia nel settore energetico affrontando le questioni della transizione energetica (Digital Green Shift) e della standardizzazione dell’applicazione della Distributed Ledger Technology (DLT). Uno dei campi di applicazione in cui questa tecnologia ha il potenziale per promuovere l’efficienza energetica, le energie rinnovabili e la loro integrazione nei sistemi energetici, mitigando il rischio di investimenti e garantendo la trasparenza, l’integrità e la tracciabilità delle transazioni e dei rapporti tecnici e commerciali” è quello dello scambio, del commercio di Energy Attribute Certificates (EACs). I certificati di attributo energetico “dimostrano che una determinata unità di energia è generata da fonti energetiche pulite e fungono da strumento basato sul mercato per incentivare l’introduzione di energia pulita”, una sorta di bollino “verde” che valuta e attribuisce appunto la qualità, la “pulizia” dell’energia che è stata generata in base ai processi messi in moto per produrla. In questo modo, “un proprietario di EAC può dimostrare il raggiungimento di un mandato normativo (ad esempio, un fornitore di energia elettrica con una quota target di energie rinnovabili) o un impegno volontario (ad esempio, RE100 con l’obiettivo di energia rinnovabile – un progetto creato da The Climate Group e Carbon Disclosure Project per una società che possa impiegare esclusivamente energia green ndr).

La blockchain basa il suo funzionamento sulla Distributed Ledger Technology (DLT): è una tecnologia, cioè, basata su un registro distribuito. Per questa sua peculiarità può essere utilizzata per aumentare la fiducia e la trasparenza in tutta la catena di approvvigionamento dell’energia, aiutando a riconciliare la documentazione e i dati richiesti per certificare la qualità del “prodotto” finale. Infatti, la blockchain può “garantire la validità della transazione (ossia che qualcosa sia passato da A a B) […] garantire che un processo transattivo non possa essere alterato una volta verificato da un numero coerente di attori”.

Questo sembra assumere ancora più importanza nel momento in cui “sebbene i sistemi EAC, in particolare nel settore dell’elettricità rinnovabile, siano maturi e diffusi” hanno varie sfide da affrontare. Il documento elenca, ad esempio, “la mancanza di trasparenza e informazioni facilmente verificabili durante l’intero ciclo di vita dell’EAC”; “Alta complessità dovuta alla partecipazione di numerose parti interessate”; “Processi manuali che inibiscono la capacità di affrontare un’elevata granularità e un elevato volume di transazioni”, e infine “Barriera all’ingresso per i lettori su piccola scala poiché i sistemi sono stati progettati per le utility su larga scala”. Problemi che possono essere risolti dall’utilizzo della tecnologia blockchain, in quanto quest’ultima basa il suo principio di funzionamento sulla validazione dello scambio: “ogni volta che si effettua uno scambio, lo scambio per essere valido deve essere validato da tutti gli attori presenti nella catena, che ricevono notizia dello scambio in questione e conseguentemente lo accettano come vero”.

In questo modo è possibile avere un tracciamento “accurato e verificabile di ogni unità energetica – continua il report – durante tutto il suo ciclo di vita grazie alla natura decentralizzata” del sistema, oppure una gestione economica più articolata e in grado di coinvolgere più attori, “generatori e consumatori su piccola scala con un alto livello di granularità e precisione poiché la blockchain rende qualsiasi transazione finanziariamente fattibile”. Questo rafforza la sicurezza dei circuiti EAC in quanto la blockchain – come scrive Epifani – “è tanto più sicura quanto più sono gli attori coinvolti. In altri termini: una DLT composta da pochi nodi è più (in)sicura né più né meno di un qualsiasi database”. Di conseguenza, si rende più democratica l’automazione del trading EAC grazie ai contratti intelligenti e alla “minore dipendenza da entità centralizzate per verificare le transazioni”. Gli smart contracts così permettono di rimuovere gli intermediari e di automatizzare le transazioni.

Dato questo potenziale promettente, non sorprende vedere un’abbondanza di applicazioni blockchain all’interno del mercato EAC, il che dimostra un’adozione più matura della tecnologia”. Ci sono infatti vari progetti già operativi come Foton e ReAcc che “stanno facendo crescere i mercati volontari delle energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo fornendo un mercato basato su blockchain con registrazione semplificata dei dispositivi, raccolta di dati, emissione EAC, trading e riscatto in linea con lo standard I-REC” (come accade con l’utilizzo di blockchain per favorire l’inclusione finanziaria). Foton, impiegando blockchain, “registra generatori e consumatori in Turchia, emette I-REC e consente il trading e il riscatto”. Utilizzando lo standard I-REC, si attesta “che il mercato è conforme allo standard ufficiale presente in Turchia”. Questo, dall’altra parte, fa emergere una criticità della tecnologia basata su DLT, e cioè l’impossibilità di fornire garanzie sulla qualità del contenuto: infatti, blockchain “potrà al più assicurare che l’operatore che dice di essere Tizio abbia versato qualcosa che dice essere Chianti in una bottiglia consegnata a qualcuno che dice di essere Caio. Ma la blockchain non ha e non avrà mai la capacità di entrare nel merito della transazione, proprio così come non avrà mai il potere di trasformare il Tavernello in Barolo”, come scrive Epifani nel suo libro.

ReAcc invece verifica – attraverso gli EAC – che “la tua elettricità sia stata generata da una fonte rinnovabile ammissibile” e, aggiunge il report dell’EU Blockchain Observatory and Forum, “oltre alla registrazione dei dispositivi, all’emissione, al trasferimento e al riscatto degli EAC, ReAcc incorpora anche dati di generazione in tempo reale tramite contatori intelligenti e prevede di introdurre acquisti EAC a lungo termine per gli acquirenti che desiderano supportare progetti di grande impatto”.

 Bisogna infine ricordare che se la sostenibilità non tocca il modello di business non è veramente sostenibile, ma rimane una via di mezzo tra greenwashing e CSR. Gli EAC devono entrare nel modello di Exponential Digital Sustainability: si devono garantire i criteri e i bisogni di cui si è parlato finora, ma è necessario farlo attraverso un sistema che escluda a priori i modelli di business non sostenibili, e che quindi deve portare a dover ripensare questi ultimi non solo sulle opportunità, ma su come siano in grado di ridefinire i valori dell’azienda di costruire modelli di progresso.  Il fatto di usare blockchain per certificare che l’energia prodotta sia pulita e dunque sostenibile non significa necessariamente che quell’azienda sia sostenibile – bisogna tenerlo a mente. Le B-Corp possono sembrare sostenibili, ma è necessario rendere sostenibile ­– anche grazie al digitale – tutto il modello di value-chain, affinché l’azienda sia sostenibile in ogni modello della catena e in ogni dimensione della sostenibilità. Ad esempio, certificare tramite blockchain o altro di produrre o utilizzare energia pulita non è sufficiente se poi non c’è sostenibilità sociale o economica nei confronti dei propri dipendenti.

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