Noi e le Smart cities: dalle smart cities alle Smart communities

È in uscita, per Lupetti Editore, il prossimo libro di Roberto Panzarani, “Il nuovo paradigma: perché il futuro del capitalismo è comunitario“: in questo articolo, il paragrafo dedicato al futuro delle smart cities

“Prima siamo noi a dare forma agli edifici poi sono questi a dare forma a noi”

Winston Churcihill

 

La pandemia è stata sicuramente occasione anche di rivedere la mobilità urbana e la sostenibilità ambientale, accelerando un po’ quei processi che comunque negli ultimi dieci anni almeno hanno rimodellato notevolmente il nostro modo di vivere le città. In pieno lockdown sono arrivate richieste da più associazioni ed enti per la sostenibilità ambientale di sviluppare il car sharing, il car pooling, di rinforzare l’uso di veicoli elettrici, di rivedere il trasporto pubblico e di incentivare la realizzazione di piste ciclabili che coprano l’intera area urbana delle città. Ma è possibile, ad esempio, copiare il modello olandese deve i cittadini vengono scoraggiati dall’uso delle automobili preferendo le bici?

Sono chiamate le «mature cycling cities» (1) come Amsterdam, e sono frutto di decenni di programmazione urbana e culturale. In questa direzione stanno lavorando Parigi, Bruxelles, Berlino, Barcellona e anche Milano con il piano Strade aperte, che progetta di creare 35 chilometri di nuove piste ciclabili.

La pandemia di questo 2020 non ha sicuramente fermato il progetto di smart mobility che riguarda la città di Torino. Infatti, grazie alla collaborazione di Torino City Lab con Intesa Sanpaolo Innovation Center (2), l’infrastruttura della città piemontese è stata prescelta per fare da area test urbana a nuovi modelli di sviluppo firmati dalle startup selezionate da Techstars, fra i maggiori acceleratori di startup al mondo. I progetti riguarderanno dalla app che guida verso il parcheggio più vicino, al monitoraggio smart del traffico.

“Vogliamo essere degli acceleratori capaci di offrire a startup e imprese l’opportunità di sperimentare innovazione snellendo autorizzazioni e procedure burocratiche – spiega l’assessore all’Innovazione della Città di Torino Marco Pironti – In questo momento storico innovare in ambito di mobilità urbana è ancora più importante per le città, ed è per tale motivo che siamo molto contenti di contribuire con entusiasmo a questi quattro nuovi progetti”.

“Iniziative come questa sono tasselli essenziali di quello che significa ‘fare ecosistema’ –  dice Maurizio Montagnese, Presidente di Intesa Sanpaolo Innovation Center  – Sono tutti componenti necessari per lo sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione, ma non sufficienti se rimangono separati, come pezzi di un puzzle incompleto. Metterli assieme per un disegno comune, per un progetto condiviso, è parte della nostra missione e il mandato che abbiamo ricevuto dal Ceo della nostra Capogruppo Carlo Messina” (3).

Vivere dentro la globalizzazione, comunque, non necessariamente coincide con il comprenderla: i cambiamenti sono così in evoluzione che è davvero difficile riuscire a stare al passo con ogni nuova innovazione, che non è solo tecnologica ma, soprattutto, mentale. Viviamo, lavoriamo, instauriamo rapporti interpersonali localmente, ma nello stesso tempo viviamo, lavoriamo e instauriamo rapporti interpersonali con il resto del mondo, attraverso le migliaia di interconnessioni che ogni giorno attiviamo.

Nel 2012 è stata anche emanata una legge che fa riferimento alle “comunità intelligenti”  (4) (Art. 20 del D.L. 179/2012), tradotto dall’inglese “Smart Community”, e questa necessità nasce dalla consapevolezza che non è la dimensione geografica a correlare le relazioni tra infrastrutture e innovazioni, ma ciò dipende proprio dalle persone, quindi una comunità intelligente è data da un insieme di cittadini che condividono necessità, possibilità e servizi, ed è più fluida e dinamica rispetto alla stessa smart city, perché è terreno fertile per sviluppare anche una maggiore innovazione sociale. Non solo dunque forme nuove di tecnologie adatte, ma adeguate forme di governance che possono definire nuovi modelli di sviluppo territoriali (5). Fino adesso è stato sottovalutato l’impatto delle attività umane sull’ambiente, che è invece una delle principali concause della crisi attuale (6). Non abbiamo più possibilità di errore, l’evoluzione delle città devono basarsi su una sostenibilità totale dove sia fondamentale anche la responsabilità individuale, in quanto ciascuno di noi è indispensabile co-autore di qualunque strategia di sviluppo sostenibile che si aspiri a realizzare concretamente. Le comunità devono essere sempre più autosufficienti, il futuro andrà verso le cosiddette energy community, come ci dice Edison, player leader nel settore energetico in Italia, che attraverso l’utilizzo razionale delle risorse, combinato con la valorizzazione dei territori, creeranno modelli di autonomia energetica basati sull’autoproduzione e sull’economia circolare, consentendo così alle comunità locali maggiore competitività e resilienza in caso di crisi. Il City Resilience Index fotografa il presente della propria città per capire come trasformarla per rispondere al meglio alle sfide poste dalle future crisi. È questa la globalizzazione intelligente che porta benefici in termini di benessere, passando dal sostenere consumi alimentari più consapevoli (la spesa a kilometro zero nel negozio sotto casa), al produrre e condividere energia, arrivando a creare delle comunità energetiche, dove il cittadino, le imprese locali, gli esperti di energia e le stesse istituzioni locali riprendono in mano la gestione del proprio modo di consumare e produrre energia (7).

Le comunità intelligenti sono dunque quelle comunità che riescono, anche in tempo di crisi, grazie ad una notevole lungimiranza, a comprendere le nuove sfide e a creare nuove economie. Dietro una smart community c’è quasi sempre una smart city, ma non è detto il contrario, perché spesso una smart city può mancare di una smart community che sostenga a livello sociale il cambiamento.

Ma come muterà la città? In una recente intervista a il Messaggero del 18 novembre 2020 di Valeria Arnaldi, “Dalla crisi nasce la città fluida”, l’architetto Stefano Boeri afferma che “le città devono diventare un arcipelago di borghi urbani e i borghi storici devono tornare a essere piccole città. Dobbiamo immaginare città dove ci sia la possibilità di accedere a tutti i servizi necessari in tempi e spazi molto più ridotti. Stiamo andando verso un cambiamento radicale. Le città hanno sempre funzionato a partire da grandi epicentri della vita, come mercati, fabbriche, stadi, centri commerciali. Stiamo andando verso il decentramento. Non è un passaggio netto. Non è che non ci saranno più stadi o centri commerciali, ma andranno ripensati. Così la Sanità. Senza dimenticare la nostra capacità di essere connessi e realizzare scambi anche a grande distanza, la vita di quartiere diventerà sempre più importante. In alcune città non si è mai persa. A Roma, penso alla Garbatella“.

E rispondendo a una domanda sul verde, Boeri racconta: “Stiamo facendo a Prato con Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale, un esperimento che abbiamo chiamato “urban jungle”. Stiamo trasformando un grande edificio di uffici e un complesso di case popolari in luoghi dove il verde è ovunque: sui tetti, interni, facciate, cortili. Dobbiamo rompere le barriere tra natura e artificio nello spazio dell’abitare. Recentemente sono stati pubblicati gli esiti di una ricerca fatta in Finlandia su un campione di bambini tra 3 e 5 anni. Metà ha giocato per un periodo in un cortile di ghiaia, metà tra gli alberi. La difesa immunitaria dei bimbi che erano stati nel verde è risultata più alta”.

È interessante anche la descrizione di Boeri del progetto Tirana, il primo quartiere d’Europa in grado di rispondere alle nuove esigenze della fase post-pandemica. “Il cantiere è aperto. Abbiamo studiato la distribuzione dei servizi in modo che siano accessibili a tutti a piedi o in bici, senza prendere l’auto. Togliendo quasi del tutto i parcheggi si possono creare spazi aperti come camere verdi”. Alla domanda sul fatto che la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sostiene la necessità di una nuova Bauhaus ‘green’ europea, Boeri conferma: “Sono d’accordo, e credo che l’Italia debba essere protagonista. Abbiamo la biodiversità europea, le scuole politecniche di creatività applicata al design più belle del mondo, e un esperienza importante nel verde. Penso che l’Italia abbia tutte le armi per essere protagonista di questa giustissima intuizione”.

 

 

 

https://www.linkiesta.it/2020/05/coronavirus-fase-due-usare-bici-citta-milano-amsterdam/

https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/smart-city/torino-laboratorio-di-smart-mobility-ecco-i-4-progetti-in-campo/

3 Ibidem

https://elettricomagazine.it/attualita-news/oltre-le-smart-city-cosa-sono-le-smart-community-e-gli-smart-landscape/

5 Ibidem

6  https://www.corriere.it/native-adv/edison-22.shtml

7 Ibidem

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