La tecnologia è un grande strumento abilitante, ma da sola non cambia le aziende: intervista a Marco Barra Caracciolo

La tecnologia è, insieme alla governance e al cambio di mindset, uno dei tre pilastri per lo sviluppo sostenibile, ma da sola non cambia le aziende: è un fondamentale abilitatore, che va utilizzato al meglio per evitare che il cambiamento possa portare rilevanti impatti sociali

Con le dovute differenze, perché ci sono come sempre aziende che sono più innovatrici rispetto ad altre, credo che, in generale, non ci sia ancora una piena consapevolezza dell’importanza della sostenibilità”. Con queste parole inizia la sua intervista Marco Barra Caracciolo, il nostro nuovo ospite di Sustainability Talk. Laureato in Ingegneria Elettronica, comincia la sua lunga esperienza nel settore Energy prima lavorando nel Gruppo Enel per poi passare, nel 2019, al Gruppo Italgas come Chief Information Officer. Da luglio 2021 è CEO e Chairman di Bludigit, la nuova società in cui sono state concentrate tutte le attività di Information Technology del Gruppo Italgas e la Digital Factory, l’hub di innovazione tecnologica creato per sviluppare soluzioni digitali che abilitano la trasformazione del business. La sua mission è di accelerare la trasformazione digitale del Gruppo e sviluppare nuovi servizi da offrire anche ad altri operatori del settore energia e delle infrastrutture.

La mancanza di cultura per la sostenibilità

Una lunga esperienza in questo settore che lo ha portato a comprendere come, a livello generale, la concezione della sostenibilità sia ancora legata prevalentemente alla dimensione ambientale. “Il maggiore livello di attenzione che riscontro è riferito all’efficienza energetica e questo, considerando il settore, è quasi naturale. Tuttavia, è chiaro che il concetto della sostenibilità non può essere ridotto alla sola dimensione ambientale. Ad esempio, uno dei princìpi cardine è quello di non lasciare indietro nessuno, e per non lasciare indietro nessuno ciascuno deve rinunciare a qualcosa: ecco, questo credo che non sia nel DNA delle aziende, e se non lo è nel loro è difficile che lo sia nel DNA dei manager. Quello che manca è la cultura, ed è questo il principale ostacolo alla piena comprensione della dimensione sistemica della sostenibilità”.

Approcciarsi in modo sistematico al tema della sostenibilità richiede regole e un tipo di organizzazione molto più complesse di quelle attuali, e seguire questa strada non necessariamente porterà a migliorare il conto economico, sebbene talvolta sia vero anche il contrario

Nonostante ciò, secondo Barra Caracciolo qualcosa, soprattutto a partire dal periodo pandemico, sta cambiando. “Se ne sta cominciando a parlare di più: un po’ come è stato qualche anno fa per i progetti di digital transformation, oggi tutte le aziende stanno annunciando che sono partite, o stanno per partire, anche con progetti di sostenibilità. Questo è frutto in parte della pandemia, in parte della digitalizzazione stessa che ha fatto capire quanto si possa fare anche verso la formazione, le persone, la dignità del lavoro, e in generale verso gli obiettivi di sostenibilità in una visione realmente a 360 gradi. Ora, non so quanta di questa attenzione sia orientata a dei ritorni di business e quanto invece sia dettata da un concreto interesse per la creazione di un mondo migliore. È però chiaro che approcciarsi in modo sistematico al tema della sostenibilità richiede necessariamente regole e un tipo di organizzazione molto più complesse di quelle attuali, e che seguire questa strada non necessariamente porterà a migliorare il conto economico, sebbene talvolta sia vero anche il contrario. Diverse indagini di mercato segnalano infatti come, in virtù di una sensibilità maggiore verso le tematiche ambientali, le nuove generazioni siano disposte a spendere di più per prodotti e servizi che rispettano i parametri ESG. Ciò detto, va da sé che se il miglioramento del conto economico è il solo presupposto e l’obiettivo, ho paura che non si farà il percorso più virtuoso”.

Tecnologia, governance e cambio di mindset

Se la consapevolezza di quanto si possa fare attraverso la tecnologia sembra essere in crescita, per Barra Caracciolo rappresenta un elemento assolutamente centrale per il raggiungimento di un reale sviluppo sostenibile, che comprenda aspetti ambientali, economici e sociali. “È uno dei tre pilastri fondamentali, insieme alla governance e al cambio di mindset. La tecnologia, infatti, è in grado di abilitare un modo di produrre nel rispetto dell’ambiente, un modo di consumare più intelligente, una migliore inclusione delle persone. È però fondamentale che venga compreso un aspetto che forse nei programmi e nei progetti di trasformazione digitale ancora non tutti hanno colto, e cioè che la tecnologia, da sola, non cambia le aziende: è un abilitatore fondamentale e complesso per chi ci lavora, ma pur sempre un abilitatore.

Per questo motivo, occorre fare un corretto utilizzo della tecnologia e governare al meglio questo cambiamento che rischia di portare rilevanti impatti sociali. Molti business case dei progetti di tecnologia, infatti, si basano sull’errore di pensare che all’inserimento della tecnologia corrisponda un taglio al personale, ed è un errore fondamentale che deve essere evitato. È un processo di cambiamento delicato che, per essere gestito al meglio, richiede che sia presidiato anche dalle istituzioni pubbliche: le aziende possono darsi autonomamente delle regole, definire degli approcci e degli obiettivi ma, vivendo e operando in un sistema, alla base devono esserci delle scelte condivise.

Un fondamentale elemento abilitante

Quelli nella direzione della sostenibilità e della digitalizzazione sono quindi, per le aziende, due cambiamenti tanto complessi nella gestione quanto necessari. Cambiamenti che non richiedono tanto specifiche competenze, quanto piuttosto “impegno, resilienza e apertura mentale, necessari per chi vuole cambiare uno status quo per trovare modelli differenti”.

È con questa impostazione, quindi, che il potenziale della tecnologia in funzione della sostenibilità può essere sfruttato al meglio, nella consapevolezza che il suo ruolo può essere effettivamente chiave, in qualsiasi azione e in qualsiasi progetto. In termini ambientali, per fare un esempio relativo alla mia azienda, stiamo digitalizzando gli oltre 73mila chilometri di rete che gestiamo: questo consente di contribuire alla transizione energetica perché consentirà, ad esempio, di immettere in rete non solo gas naturale, come avviene oggi, ma anche gas rinnovabili come biometano, metano sintetico e idrogeno verde.

I cambiamenti verso la sostenibilità e la digitalizzazione non richiedono tanto specifiche competenze, quanto piuttosto impegno, resilienza e apertura mentale, necessari per chi vuole cambiare uno status quo per trovare modelli differenti

E se questo è un vantaggio rilevante per il nostro core business, non si possono tralasciare le opportunità che la digitalizzazione offre nei confronti delle persone, nel miglioramento delle loro condizioni lavorative. Questo a partire dalla possibilità di ridurre il numero degli  spostamenti delle squadre per effettuare il controllo dei cantieri, attività che oggi possono essere svolte comodamente a distanza, fino al facilitare il knowledge sharing, che è un obiettivo che ci siamo dati e che penso si stiano dando un po’ tutte le aziende, ed è possibile grazie alla tecnologia: fornire ai lavoratori tutti gli strumenti tecnologici necessari alla loro attività quotidiana è anche un modo per non far rimanere nessuno indietro e per non disperdere il bagaglio di conoscenze insito nelle aziende”.

E tutte queste applicazioni, sottolinea Barra Caracciolo, fanno della tecnologia un fondamentale elemento abilitante. Tuttavia, al pari delle molteplici opportunità che offre, è necessario prendere in considerazione anche i possibili rischi che possono derivare da un suo errato utilizzo, “perché, come in tutte le cose, c’è anche un rovescio della medaglia: tutto dipende quindi dal modo in cui viene utilizzata”.

L’importanza dei prossimi anni

Il digitale è quindi uno strumento potente, ma neutrale; non basta disporne per coglierne i benefici, ma occorre indirizzarne l’utilizzo, in modo da sfruttare le opportunità che è in grado di abilitare, anche nella direzione della sostenibilità. Questo è un aspetto molto importante da considerare da parte delle aziende, anche e soprattutto nel contesto attuale: infatti, “le voci inserite nel PNRR sono molto concentrate sulla creazione di un ecosistema digitale, e credo quindi che se in questi anni a venire saremo bravi, e se saremo in grado di coglierne le opportunità, potrà essere veramente una spinta importante. In questo senso, è chiaro che le aziende che si stanno già muovendo partendo dal digitale, si trovano in vantaggio: la tecnologia, infatti, introduce dei cambi di significato e apporta dei benefici che sono in linea con quelli che possono essere gli obiettivi di sostenibilità.

In questo contesto di trasformazione, spiega il CEO di Bludigit, occorre però allo stesso modo prendere in grande considerazione anche “i posti di lavoro, le competenze che si perderanno, e lì bisogna investire: iniziare a pianificare affinché si trovino subito delle possibili soluzioni è molto importante. È chiaro che rappresenta un costo, ma è un costo necessario”.

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