Wearable device, una tecnologia utile con alcune ombre sulla privacy

Fitness tracker, smartwatch, smart glasses e gli altri dispositivi elettronici indossabili hanno aperto un mondo di possibilità, ma anche sollevato molti dubbi su questioni legate alla privacy e ai diritti personali

Immagine distribuita da PxHere con licenza CC0

I wearable device, noti anche come interfacce digitali uomo-tecnologia, sono dispositivi digitali che possono essere indossati dalle persone e che consentono la raccolta continua, la registrazione, il trasferimento, l’analisi e, eventualmente, la condivisione di dati. Questi dispositivi sono disponibili in molte forme, da orologi e gioielli, come anelli e collane, a sensori per il corpo, occhiali, zaini e persino abbigliamento in grado di monitorare la produttività, i gesti, la salute, i suoni, la parola e altro ancora come la geolocalizzazione.

Sono dispositivi indossabili tutti gli smartwatch, come l’Apple Watch; gli smart glasses, come i Ray-Ban Stories prodotti da Luxottica in collaborazione con Facebook (ora Meta); indumenti come una giacca jeans realizzata da Levi Strauss utilizzando la tecnologia Jacquard di Google, un capo creato con un tessuto conduttivo che consente a chi la indossa di rispondere alle chiamate e riprodurre musica toccando la manica; ma anche oggetti come l’anello Oura Ring, che tiene traccia delle attività quotidiane, della frequenza cardiaca, dei modelli di sonno e molto altro di chi lo indossa.

Dispositivi indossabili per tutte le esigenze

Tutti questi wearable device possono essere utilizzati in diversi ambienti e per una gamma crescente di scopi. Secondo il Surveillance Studies Center della Queen’s University di Kingston (Canada), a metà del 2021 erano disponibili 425 dispositivi indossabili (questo il numero censito dal centro studi canadese, ma si presume che il dato sia almeno dieci volte tanto, ndr). I vantaggi di questi dispositivi sono evidenti. Ad esempio, i tracker della salute e le app per il fitness possono effettivamente aiutare gli utenti a condurre una vita più sana. Inoltre, questi strumenti posso anche fornire un supporto “terapeutico” attraverso funzioni di meditazione e consigli sulla respirazione.

Un importante monitoraggio sanitario

Ma, come anticipato, questi dispositivi permettono la raccolta di dati che possono essere esaminati da altri, oltre che da noi stessi. E non è necessariamente un male. Ad esempio, in ambito sanitario, i wearable device sono stati utilizzati per il monitoraggio medico del post-operatorio, anche se con risultati limitati fino ad oggi. In Australia, le società minerarie, tra le altre, stanno testando una tecnologia di monitoraggio delle onde cerebrali – nota come SmartCap – per tenere sotto controllo la fatica dei propri dipendenti, in modo da migliorare la loro sicurezza e produttività. Alcuni dispositivi indossabili monitorano ed elaborano dati biologici complessi, inclusa la temperatura corporea, per rilevare le infezioni prima che si avvertano i sintomi. Un utilizzo intensificato negli ultimi due anni.

La pandemia di Covid-19, infatti, ha accelerato l’uso di interfacce digitali uomo-tecnologia e la necessità di valutare i loro benefici rispetto ai loro rischi. Governi e autorità hanno preso in considerazione, e in alcuni casi hanno utilizzato, dispositivi indossabili per monitorare e prevenire la diffusione del virus. Come molti Paesi, la Corea del Sud ha usato un’app per smartphone per monitorare l’auto-quarantena e il distanziamento sociale dei suoi cittadini, ma ha fatto di più: ha imposto braccialetti alle persone che hanno violato la quarantena. Questi wearable device sono stati utilizzati anche per monitorare i blocchi, il distanziamento sociale o la quarantena a Hong Kong, in Bulgaria, Liechtenstein e Belgio.

Aziende tecnologiche e scienziati stanno inoltre testando e commercializzando nuove app per dispositivi indossabili. Ad esempio, alcuni ricercatori stanno studiando come i dati raccolti dal Oura Ring potrebbero essere utilizzati per prevedere i sintomi del Covid. I ricercatori di Stanford Medicine stanno collaborando con Fitbit e Scripps Research per raccogliere dati da cinque diversi marchi produttori di wearable device per sviluppare algoritmi in grado di prevedere e indicare quando un sistema immunitario ha iniziato a combattere un’infezione.

Il dubbio: che fine fanno i dati raccolti?

La questione adesso è su che fine fa l’incredibile mole di dati che i wearable raccolgono costantemente. Se le informazioni sono al sicuro, oppure rischiano di essere utilizzate da aziende, enti o persone che possono violare la nostra privacy o utilizzare i dati acquisiti per i propri interessi. Si pensi al fatto che questi dispositivi indossabili possono potenzialmente controllare ogni movimento dell’utente. Avere sempre il GPS attivo è molto utile se si vogliono misurare le calorie bruciate ogni giorno, ma allo stesso tempo può comunicare gli spostamenti, le abitudini, i luoghi che si frequentano più spesso. Sapere chi controlla questo tipo di dati, e che politica adotta riguardo ad essi, è essenziale. Ma c’è altro.

Negli ultimi 5 anni il fattore su cui le aziende che producono wearable device stanno puntando maggiormente non sono tanto le potenzialità legate allo sport e all’attività fisica, ma il controllo medico. La pandemia ha ulteriormente acuito questo aspetto sulla spinta della crescente attenzione delle persone alla propria salute. Ad esempio, il ricorso massiccio ad apparecchi come i saturimetri per controllare l’ossigenazione del sangue ha convinto anche i più scettici sull’importanza di non perdere di vista i propri parametri vitali. E i wearable permettono proprio questo grazie a funzionalità sempre più sofisticate, che consentono di effettuare un elettrocardiogramma al volo, valutare aritmie cardiache o respiratorie, studiare i cicli del sonno e in futuro chissà che altro. La questione è che i dati sanitari sono estremamente personali, e l’Organizzazione mondiale della sanità, nel documento Global strategy on digital health 2020/2025 sottolinea che devono essere classificati come “dati personali sensibili che richiedono il più alto standard di sicurezza possibile”. Questo perché possono rivelare stili di vita, patologie, vulnerabilità e anche dipendenze. Non è difficile capire che, se indebitamente acquisiti, possono esporre l’utente anche a forme di discriminazione.

Il Regolamento generale sulla protezione dei dati europeo

In merito all’utilizzo dei dati relativi alla salute da parte dei wearable device, il Regolamento generale sulla protezione dei dati europeo (Gdpr) prevede:

  • il principio della privacy by design e by default, ovvero che la tecnologia usata stessa deve essere progettata in funzione della privacy degli utenti;
  • obblighi di sicurezza rilevanti da parte delle aziende;
  • garanzie elevate in caso di trasferimento dei dati all’estero (si pensi al cloud o all’interazione con terze parti);
  • una complessa e generale supervisione lungo tutta la filiera del trattamento dei dati;
  • tutele rimediali importanti per gli utenti.

Al di là della gestione da parte delle aziende, l’utente può in qualche modo tutelarsi facendo un uso consapevole di questi dispositivi, magari scegliendo le impostazioni meno invasive per la propria privacy, facendo grande attenzione alla condivisione successiva dei dati.

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