Comincio con una ammissione: sono una fan di Stefano Epifani, e il suo libro, Sostenibilità Digitale, l’ho divorato. Forse leggerei anche il bugiardino delle medicine, se lo scrivesse lui, con quella lucidità e chiarezza.
Fatta la doverosa premessa, voglio raccontare quello che è successo dopo.
Il libro, come detto, l’ho letto tutto di un fiato, in un pomeriggio, apprezzandone contenuto, chiarezza e stile. Ma questa non è la notizia. La vera questione è quello che ha scatenato in me.
Dopo un paio di giorni, in fase di stesura di piani marketing questo nuovo binomio sostenibilità & tecnologia, ha cominciato a risuonare nella mia testa. Il libro – ecco cosa – aveva seminato dentro di me un dubbio.
Il dubbio era questo: ma io, nel mio lavoro fatto di web e social, e quindi di tecnologia, potevo raccogliere nel mio piccolo, la sfida della sostenibilità? Aveva senso? Ed ancora, potevo davvero fare qualcosa?
Sì, perché nel libro le storie raccontate sono le più diverse, e se una mitica donna produce mozzarella e parla di sostenibilità raggiunta attraverso la tecnologia, io che di tecnologia mi nutro, posso essere da meno?
Ecco quello che è successo. Mi sono fermata e ho studiato (anche parecchio) cercando di partire dai dati in mio possesso e concentrandomi, per la prima volta, non sull’ottimizzazione ma sulla ricerca della dispersione.
Ho quindi lavorato al contrario: una analisi approfondita di dove – quello che producevo in termini di contenuti, post e simili – portava un basso valore, ed ho cercato di incrociare questi dati con il “costo pianeta” di quella attività.
Veramente prima ho cercato di trovare i dati per calcolare un costo “forfettario” ma non ho trovato nulla che mi convincesse, per cui ho tirato giù una micro-lista personale (sicuramente non esaustiva) che però a me è bastata:
- Mio PC (corrente,usura…)
- Wi FI (con tutto quello che ne consegue)
- Server gestore (corrente, necessità computazionale…)
- PC utente (corrente,usura…)
- Cellulare utente (corrente,usura…)
Insomma, in questo ping IO – SOCIAL o WEB -UTENTE corre tanto consumo. Che in parte pago io azienda, in parte paga l’utente, in parte paga il provider… ma noi paghiamo soldi, mentre il pianeta paga l’intera transazione in natura.
Quindi, cosa posso fare?
La tecnologia e i dati mi aiutano a posizionare l’utile e il marginale. E posso evitare il marginale.
E a pensarci bene, se evito il marginale e do ai mie clienti solo contenuto di valore effettivo come migliorerà il mio processo interno?
- Il team potrà impiegare maggior tempo nello studio, portando valore
- Il team (avendo avuto tempo per studiare) porterà contenuto di maggior valore
- L’utente (magari ci metterà un po’ perché siamo meno presenti) ma poi capirà il valore che diamo noi rispetto agli altri
- L’utente apprezzerà il non overlapping di informazioni e avrà meno interesse a cancellarsi
- L’utente apprezzerà il valore del contenuto e sarà più disponibile nei confronti della nostra offerta.
A me sembra un win-win-win. Cioè la mia azienda-il mio utente–il mio pianeta.
E non ho messo in lista il tempo risparmiato da noi per scrivere e dall’utente per leggere, cose con un valore marginale, ma che forse da solo giustificherebbe già la scelta.
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