Come dicono gli psicoanalisti Miguel Benasayag e Gerard Schmit, nel loro libro “L’epoca delle passioni tristi”, “La constatazione del fatto che le nostre società vivono attualmente un palese deficit di pensiero e di senso non autorizza infatti ad accusare la scienza o la tecnica di rubare o di monopolizzare questo pensiero e questo senso. Bisogna piuttosto sviluppare luoghi e pratiche che consentono di colmare quel vuoto e accompagnare lo sviluppo della tecnica e della scienza” (Benasayag, Schmit 2004).
Nell’uomo è centrale un “arte strategica” (intelligenza) in grado di reagire in maniera programmata agli stimoli esterni e di ridefinire cognitivamente la situazione in modo da utilizzare costruttivamente l’imprevisto e il nuovo (Zanarini ,1985). Non si può negare quindi la possibilità che un’organizzazione possa auto-costruirsi a partire da una molteplicità di interazioni non completamente strutturate ne’ controllabili, attraverso le quali passano la novità, la risposta creativa stimoli esterni, la nascita di strutture (Zanarini, 1985).
Oggigiorno le imprese per costruire il loro futuro non possono prescindere dall’innovazione sociale e negli ultimi anni è proprio questo cambiamento che stanno vivendo le nostre organizzazioni a livello mondiale. Un cambiamento che tende ad aumentare il benessere della società e a migliorare il processo di crescita individuale ma anche sociale cooperativo. Gli attori di questo cambiamento sono gli individui, le reti sociali, il mercato del profit e del no profit e la pubblica amministrazione, tutti coinvolti in un modello organizzativo sociale e partecipato.
I modelli social stanno sempre più prendendo piede nel panorama imprenditoriale. Tantissime imprese sociali stanno nascendo sul nostro territorio. In conclusione ci stiamo dirigendo verso un modello che, a causa della complessità economico sociale, dovrà avere sempre di più una matrice collaborativa, dovrà avere la capacità di cogliere quelle che sono le opportunità sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, tradotto in un linguaggio aziendale significa dai collaboratori, dai fornitori, dai clienti.
Tutto questo riguarda anche il tema dell’ambiente. Come si legge su “cliclavoro” (cliclavoro.gov.it) “Salvaguardare l’ambiente attraverso progetti che tengano insieme la tutela della biodiversità e le esigenze di recupero del territorio, in un’ottica di sviluppo sostenibile. E’ questa l’intenzione che anima diverse iniziative rivolte a organizzazioni del Terzo Settore, un comparto da sempre vivace, caratterizzato da una forte partecipazione dal basso. Il solco è quello tracciato dall’Agenda 2030 stabilita dall’ONU attraverso gli ormai famosi 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, attraverso una serie di target per la crescita sociale ed ambientale, con oltre 200 indicatori per monitorare l’andamento dei singoli Paesi. Del resto secondo l’ultimo censimento Istat completato nel 2019 le istituzioni non profit attive in Italia sono circa 335 mila con un impiego di oltre 5 milioni di volontari.
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale vale la pena di citare “impatto+”(produzionidalbasso.com ) un bando di progetti lanciato da Banca Etica insieme a Etica Sgr. che intende cofinanziare in crowfunding persone under 35 con progetti di attivismo civico e cittadinanza attiva finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente e alla lotta al cambiamento climatico.
In un momento in cui leadership mondiali sono profondamente in crisi, incapaci di decidere e il deficit di rappresentanza è ormai a livelli devastanti le iniziative che nascono dal basso, ma affrontano temi cruciali per l’umanità, assumono un ‘importanza simbolica e strategica che va assolutamente evidenziata ed emulata il più possibile.
Arjun Appadurai nel suo libro “Il futuro come fatto culturale. Saggi sulla condizione globale” (Raffaello Cortina Editore 2014 Milano) sottolinea quattro punti importanti e non tutelati che caratterizzano la nostra era attuale: la capacità di avere aspirazioni; la povertà come diseguaglianza materializzata; la dinamica del riconoscimento; il diritto alla ricerca, Ed afferma che il mondo in cui viviamo è caratterizzato da un crescente divario tra la globalizzazione della conoscenza e la conoscenza della globalizzazione. Mentre infatti la conoscenza del mondo è sempre più importante per chiunque, le opportunità per acquisire tale conoscenza si stanno restringendo. Da qui l’importanza del diritto alla ricerca non riservato a specialisti, accademici puri, ma esteso a tutti i cittadini (Appadurai 2014). La sfida che noi abbiamo dinanzi è se può esistere un nuovo progetto di governance globale in grado di mediare la velocità del capitale, il potere degli stati e la natura profondamente locale delle democrazie effettivamente esistenti (Appadurai 2014).
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