Blockchain per contrastare le fake news

Le notizie false, fake news, esistono dalla notte dei tempi, e da sempre sono state create con l’obiettivo di impattare sulle persone, la maggior parte delle volte per questioni politiche, economiche, sociali

Immagine distribuita da Flickr con licenza CCO

Emotività, immediatezza, velocità, disintermediazione. Tutte caratteristiche su cui viene basata la costruzione delle fake news. Le notizie false esistono dalla notte dei tempi, e da sempre sono state create con l’obiettivo di impattare sulle persone, la maggior parte delle volte per questioni politiche, economiche, sociali. Uno dei casi più famosi è quello di Pausania. Le fake news sembrano essere utilizzate da prima ancora che venisse inventato il termine. Secondo gli scritti di Tucidide, Pausania – capo degli Spartani – avrebbe inviato una lettera a Serse in cui chiedeva di sposare la figlia riportando così Sparta e la Grecia sotto Serse. Per questa lettera – poi rivelatasi falsa – Pausania fu accusato di alto tradimento e condannato a morte. Il problema delle fake news, infatti, esiste da sempre, ma oggi i social media hanno creato e alimentato dinamiche che ne hanno esasperato il ruolo a tal punto da diventare un problema in grado di mettere a rischio i sistemi democratici. Oggi, come si legge anche in uno dei punti del decalogo sulle fake news della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, “l’istantaneità della condivisione batte la necessità della riflessione: con le Fake News il coinvolgimento emotivo supera la dimensione dell’approfondimento”.

I social media – e internet più in generale – hanno acuito questo senso di immediatezza, di velocità, che spesso è la causa della viralità di video o notizie false. Non bisogna però partire dall’assunto che le tecnologie fanno male o hanno contribuito ad un peggioramento della situazione di determinati settori. Internet è stata una rivoluzione, diventato successivamente anche un mezzo per condividere informazioni, che ha impattato positivamente sulla democrazia. Ecco perché, ad esempio, tentare di censurare la disinformazione online può solo aggravare la situazione: sia perché va contro la struttura della rete, sia perché è inefficace in quanto basata su meccanismi top-down. Partendo da questi presupposti, la Blockchain potrebbe essere una soluzione efficace per contrastare la disinformazione online, in quanto una delle sue caratteristiche intrinseche è la condivisione del valore.

Tecnologie come blockchain possono migliorare la sicurezza e l’affidabilità delle notizie in quanto verificate tramite un sistema distribuito costituito da criteri come trasparenza, tracciabilità e sicurezza. La blockchain, infatti, basa il suo funzionamento sulla Distributed Ledger Technology (DLT): è una tecnologia, cioè, creata su un registro distribuito. Per questa sua peculiarità può essere utilizzata per aumentare la fiducia e la trasparenza in tutta la catena di approvvigionamento dell’energia, aiutando a riconciliare la documentazione e i dati richiesti per certificare la qualità del ‘prodotto’ finale. Inoltre, blockchain in questo modo garantisce che qualsiasi tipo di transazione sia convalidata e memorizzata da tutti i partecipanti alla ‘catena di blocchi’ in modo da diventare immutabile. Per questo da molti viene chiamata anche tecnologia della ‘fiducia’, anche se visti gli ambiti in cui viene utilizzata – a partire dal contrasto delle fake news – sarebbe il caso di parlare di tecnologia della mancanza di fiducia.

Uno studio che si inserisce nel progetto Feedback Analysis and Blockchain-based trust Evaluation (FAKE) sta provando a capire in che modo blockchain potrebbe essere utilizzata per contrastare le fake news.

In Fake News Detection based on Blockchain Technology Ilaria Cabiddu, Claudio Marche, Michele Nitti e Luigi Serreli propongono un algoritmo di rilevamento che “analizza il testo scritto delle notizie e classifica le notizie come false o reali in base a diversi parametri, che includono lo stile di scrittura, l’analisi del sentimento del testo e il contesto della notizia”. Questo algoritmo utilizza un database Kaggle che contiene al suo interno “un totale di 20387 articoli provenienti da vari domini (come la politica e l’economia)”. Inoltre, questo sistema utilizza lo smart contract Ethereum per “archiviare e recuperare informazioni relative alle notizie”.

L’algoritmo creato riceve in entrata la notizia da valutare, compreso il titolo e altre variabili come presenza di link intertestuali o pubblicità. La valutazione avviene con metriche diverse: quelle utilizzate per analizzare il messaggio e quelle per analizzare il contesto – una notizia pubblicata su Lercio, ad esempio, sarà sì considerata falsa in quanto rientra nelle bit fake news, ma bisogna considerare anche che Lercio nasce come un sito satirico.

Ogni fattore si basa su un punto di vista diverso, dallo stile di scrittura del messaggio all’esame del contesto, che considera anche l’analisi del sentimento, la presenza di pubblicità e collegamenti esterni. Sulla base di queste metriche, il sistema assegna un feedback alle notizie selezionate per valutarle. Ogni feedback fi può essere espresso utilizzando valori nell’intervallo continuo [−1,1], dove il valore pari a -1 raffigura notizie generate per danneggiare qualcuno o qualcosa, cioè notizie create per diffondere disinformazione, mentre il valore di feedback unitario corrisponde a informazioni affidabili. Tra il concetto di informazione e disinformazione, i valori di fi intorno allo zero indicano misinformazione, cioè false informazioni condivise senza l’intenzione di danneggiare. Esistono due zone di incertezza in cui la classificazione del feedback è difficile. Queste zone rappresentano la transizione dalla disinformazione alla misinformazione e dalla misinformazione all’informazione. Per risolvere questa incertezza, definiamo una soglia T H in modo che tutti i fi : fi ≤ |TH| siano classificati come disinformazione”.

I parametri utilizzati per valutare il contenuto della notizia includono quantità, informalità, complessità, diversità. Bisogna comunque ricordare che questi parametri determinati da alcuni studiosi come Paskin et al non sono universali e, visti i cambiamenti nel mondo dell’informazione, alcuni criteri che valuterebbero come falsa una notizia sono invece contenuti anche nelle testate nazionali ‘affermate’. Basti pensare al fatto che – come continuano Paskin et al – errori di battitura e inesattezze nel testo “siano la chiave per valutare la credibilità dell’autore”, quando purtroppo anche le notizie che si leggono tutti i giorni dei maggiori quotidiani, specialmente online, contengono sovente errori.

Kathryn Harrison e Amelia Leopold sull’Harvard Business Review scrivono che al giorno d’oggi è molto difficile combattere la disinformazione online perché “non ci sono standard coerenti o migliori pratiche per identificare, etichettare, tracciare e rispondere ai media manipolati attraverso le piattaforme digitali” e che quindi si può optare per “una maggiore trasparenza nel ciclo di vita dei contenuti”, e in questo “la blockchain potrebbe offrire un meccanismo per ripristinare la fiducia nel nostro ecosistema digitale”.

Ma “anche se non è una panaceascrivono Kathryn Harrison e Amelia Leopold sull’Harvard Business Review – la blockchain può aiutare in tre aree chiave: in primo luogo, un sistema basato su blockchain potrebbe offrire un meccanismo decentralizzato e affidabile per verificare la provenienza e altri importanti metadati per i contenuti online. In secondo luogo, potrebbe consentire ai creatori e agli azionisti di contenuti di mantenere una reputazione indipendente da qualsiasi pubblicazione o istituzione. E infine, permette di incentivare finanziariamente la creazione e la distribuzione di contenuti che soddisfano gli standard guidati dalla comunità per l’accuratezza e l’integrità”.

La tecnologia blockchain potrebbe essere utilizzata per tracciare e verificare le fonti, ad esempio: “le pubblicazioni possono utilizzare la blockchain per creare un registro di tutte le immagini che hanno pubblicato, rendendo verificabili informazioni come didascalie, posizioni, consenso alla fotografia, proprietà del copyright e altri metadati verificabili da chiunque. Ad esempio, il New York Times sta esplorando questo approccio attraverso il suo News Provenance Project, che utilizza la blockchain per tracciare metadati come fonti e modifiche per le foto delle notizie, fornendo ai lettori un maggiore contesto e trasparenza su quando e come sono stati creati i contenuti”. Anche se sempre il NYT in un articolo titolato Behind the Journalism: How The Times Works ha dovuto spiegare perché e come vengono utilizzate le fonti anonime. Questo, ad esempio, sottolinea come la tecnologia non sia sempre sufficiente a seconda dell’ambito in cui viene utilizzata e, in questo caso, possa andare contro i principi del giornalismo stesso. Blockchain, però, potrebbe essere impiegata per “verificare l’identità di un creatore di contenuti e tracciarne la sua reputazione per l’accuratezza”, fornendo magari una valutazione. Anche qui bisognerebbe però fare un lavoro attento sulla scelta dei criteri adottati per valutarne l’identità e soprattutto il “chi giudica chi?”. Newsguard ha creato un’estensione – che non utilizza blockchain – in grado, ad esempio, di valutare i siti di notizie in cui ci si imbatte, ma questa valutazione è condotta da un team ampio di giornalisti attraverso criteri che sono resi trasparenti sul loro sito. È un altro dei punti del decalogo sulle fake news, quello per cui “qualsiasi meccanismo di controllo deve basarsi su dinamiche trasparenti, aperte e iterative” e che non può esserci “responsabilità discrezionale delle piattaforme”.

A tal proposito, un altro studio dal titolo Fake News Detection in Social Media using Blockchain condotto in Bangladesh da S. Paul et al suggerisce che l’integrazione dei social media in una blockchain potrebbe offrire una convalida delle notizie in modo anonimo, in quanto “gli utenti casuali (compresi i giornalisti) agiscono come validatori di notizie”. Inoltre, grazie all’anonimato, “possono convalidare le notizie senza alcuna pressione esterna. […] Dopo aver pubblicato le notizie, queste verranno distribuite come transazione in una catena. Dopo un certo livello di viralità, gli utenti ricevono una richiesta per verificare la notizia. Come validatori, assegneranno un valore di correttezza per le notizie. La media di quei valori sarà l’autenticità di quella notizia. Per via del sistema decentralizzato e anonimo, la loro verifica sarà più trasparente e affidabile. Dopo la verifica, la notizia avrà una valutazione di autenticità […]. Questa valutazione verrà aggiunta ovunque la notizia venga condivisa”.

Tra i vari rischi dell’utilizzo di blockchain o di altre tecnologie per verificare e valutare le notizie vi è quello del ‘lettore pigro’. L’utilizzo reiterato di estensioni, stelline, voti o semafori che ci avvisino e ci suggeriscano su che tipo di sito si sta navigando o quanto è affidabile la notizia che si sta leggendo, può impattare negativamente sul pensiero critico e sulla digital literacy. L’utente infatti, a lungo termine, affidandosi completamente a questo tipo di suggerimenti e strumenti potrebbe poi non essere in grado di riconoscere una fake news senza qualcosa che gli fornisca indizi. Il pensiero critico, dunque, finirebbe per non essere stimolato, per questo è necessario affiancare parallelamente all’utilizzo di questi strumenti anche un percorso educativo che renda più consapevole l’utente.

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