Un digitale sostenibile per la Sostenibilità Digitale: intervista a Carlo Bozzoli

Pensare, progettare e utilizzare il digitale in modo sostenibile è un obiettivo cruciale nello sviluppo della Sostenibilità Digitale: ne parliamo con Carlo Bozzoli, Global CIO di Enel, nel nuovo appuntamento con CIO 4 Sustainability

Il digitale è il migliore strumento che abbiamo a disposizione per gestire le complesse sfide che la sostenibilità ci pone di fronte. Ma ciò non significa che non abbia esso stesso un impatto: un impatto che non può certo essere trascurato, ma rispetto al quale, nelle aziende così come nella società nel suo complesso, sembra esserci ancora scarsa consapevolezza. E questo è un ostacolo che occorre superare, per consentire il corretto sviluppo della Sostenibilità Digitale. È il punto di vista di Carlo Bozzoli, Global CIO di Enel, nostro nuovo ospite della rubrica CIO 4 Sustainability: dopo la laurea in Scienze Economiche, inizia il suo percorso professionale in Enel nel 1984. Dal 2000 al 2009 ha ricoperto diversi ruoli nella Direzione ICT, dove ha guidato la prima introduzione della tecnologia SAP in Enel, il progetto Contatore Elettronico, la Pianificazione IT, la funzione Strategie, Performance & Quality Management. Nel luglio del 2014 viene nominato Direttore della Funzione Global Information and Communication Technology, oggi Divisione Global Digital Solutions, e da gennaio 2020 è anche Amministratore Unico di Enel Global Services. È, inoltre, membro dell’advisory board dei principali ICT Vendor internazionali, di EuroCIO, CIONET, CIO AICA Forum e della Management Academy for ICT Executives del Politecnico di Milano.

L’importanza di un digitale sostenibile

Sostenibilità Digitale non significa digitale sostenibile, ma i due temi sono tra loro strettamente connessi. Perché la capacità di utilizzare il digitale come abilitatore per raggiungere obiettivi di sostenibilità passa dalla necessità di usare tale strumento in modo sostenibile. E ciò richiede lo sviluppo di una consapevolezza che, secondo Carlo Bozzoli, non è ancora molto diffusa nelle aziende italiane. “Credo che oggi, in generale, le imprese considerino le tecnologie emergenti, e tutte le tecnologie abilitanti, come fattori certamente positivi di sostenibilità. Il tema, adesso, è comprendere come utilizzare questa grande ricchezza tecnologica che abbiamo a disposizione in modo sostenibile”, ha spiegato. “Ciò di cui ancora non si è del tutto consapevoli, infatti, sono i rischi che sottendono all’adozione di queste tecnologie. Basti pensare che oggi i processi digitali concorrono a produrre circa il 3,4% delle emissioni a livello globale, che è più o meno lo stesso valore di quelle riconducibili al trasporto aereo. E che, inoltre, diversi studi prevedono che questo contributo sia destinato ad essere più che doppio entro il 2030, arrivando circa all’8%.

Quello che però si osserva è ancora un’errata convinzione, che è evidente nella stragrande maggioranza delle aziende così come nella società civile, che tutto ciò che è digitale sia per definizione green e sostenibile proprio in quanto digitale. Purtroppo non è così, perché dietro al pervasivo utilizzo di software e di applicazioni che realizziamo c’è un mondo di reti, di device, di applicazioni e data center che servono per memorizzare i dati e le informazioni, e disporre della capacità computazionale per far girare i processi. Quindi, se da un lato gli imperativi della sostenibilità stanno rimodellando i comportamenti delle aziende rispetto al digitale, è anche importante capire come le imprese utilizzino effettivamente questo strumento”.

Questa consapevolezza, però, non sembra essere poco diffusa soltanto per quel che riguarda l’impatto ambientale del digitale, ma anche rispetto a quello sociale, altrettanto importante in un contesto in trasformazione. “Altro aspetto di consapevolezza che sfugge ancora ai più è l’importanza di guardare al digitale come driver per disegnare soluzioni che siano inclusive e accessibili a tutti”, ha sottolineato Carlo Bozzoli, “così come la necessità di implementare azioni di formazione, sia di up-skilling che di re-skilling, fondamentali per ridurre il digital divide verso le persone e le comunità che non si trovano nelle condizioni per sostenere questa trasformazione. Una trasformazione che stiamo affrontando e che deve essere sostenibile, in tutte e tre le dimensioni”.

Pensare e progettare un digitale sostenibile

Dunque, guardando all’aspetto ambientale, se è vero che l’innovazione digitale rappresenta un elemento imprescindibile nell’offrire soluzioni utili al contrasto del cambiamento climatico, è necessario capire che le tecnologie, e i servizi digitali connessi alla loro adozione, generano a loro volta un impatto ambientale – in termini di produzione e smaltimento dei dispositivi, ma anche di emissioni associate al loro utilizzo – che non può essere trascurato. “Finora nelle imprese si è guardato soprattutto a come implementare nuovi approcci, ma senza adeguata attenzione all’impronta carbonica che questi nuovi approcci innovativi avrebbero generato. Per questo credo che tutte le aziende, nell’intraprendere percorsi di trasformazione digitale, debbano impegnarsi nella realizzazione di soluzioni digitali sulla base di criteri diversi da quelli di mera sostituzione fino ad oggi considerati. Altrimenti il rischio è che l’innovazione tecnologica non sia altro che il nuovo grande inquinatore del mondo, che sostituisce i vecchi processi industriali senza però generare alcun beneficio dal punto di vista dell’ambiente”.

Ed è a partire dallo sviluppo di questa cruciale consapevolezza che si può cominciare a ragionare del fondamentale ruolo delle nuove tecnologie nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. “Sono diverse le tecnologie che possono intercettare, in molteplici modi, la dimensione ambientale della sostenibilità”, ha spiegato Carlo Bozzoli, “pensiamo al Digital Twin e la modellizzazione, importante per contrastare il cambiamento climatico attraverso le analisi di scenario. All’automazione dei processi industriali attraverso l’Internet of Things, per l’efficientamento energetico. Al ruolo dell’Intelligenza artificiale e del machine learning per la riduzione delle emissioni.

E lo stesso discorso vale per la dimensione sociale, rispetto alla quale le soluzioni digitali d’impatto sono sempre più pervasive: piattaforme di collaborazione e di comunicazione, tecnologie assistive per l’inclusione delle persone con disabilità, tecnologie per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, piattaforme di healthcare e well being e tanto altro. Insomma, le tecnologie sono tantissime, accessibili, a costi limitati: il nodo è capire quanta competenza e quanta consapevolezza dobbiamo unire alla tecnologia per fare in modo che venga correttamente implementata”.

Il tema, dunque, è avere cognizione anche degli impatti di soluzioni digitali che, sebbene siano in grado di aiutare molto nell’ottica della sostenibilità, possono generare problemi significativi se non adeguatamente implementate. E tale consapevolezza deve partire dal principio: dal momento, cioè, in cui queste soluzioni vengono pensate e progettate. “Il software è certamente l’elemento centrale di quel potenziale incremento di emissioni, che potrebbe portare, se non correttamente governato, al raddoppio da qui al 2030, sia per le organizzazioni pubbliche e private, sia nella vita di tutti i giorni dei singoli”, ha evidenziato Carlo Bozzoli. “Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, il software, che pure costituisce in modo imprescindibile l’elemento chiave che abilita la transizione sostenibile, è esso stesso fonte di emissioni di CO2 da parte di tutti gli elaboratori, dal telefonino ai grandi centri di calcolo, che eseguono le applicazioni.  Emissioni che, quanto più il software è sviluppato e ottimizzato secondo criteri specifici, tanto più possono essere ridotte: è quindi fondamentale che chi pensa, progetta e sviluppa software e programmi, e dunque fa attività di coding, lavori affinché tali processi non impattino pesantemente sia sui consumi energetici sia sulle emissioni durante il loro utilizzo.

Allo stesso tempo, se il software viene utilizzato per prendere delle decisioni, nella vita di tutti i giorni, è evidente che in quest’ambito ci sia anche un tema di sostenibilità sociale: occorre infatti svilupparlo con attenzione perché, altrimenti, la progressiva softwarizzazione della nostra vita può portare dei bias di genere, di religione e altro, e quindi comportare conseguenze non sostenibili dal punto di vista degli impatti sociali, fino ad arrivare a ledere i diritti delle persone. Pertanto, quando parliamo di transizione digitale, non dobbiamo mai dimenticare anche questi aspetti”.

Il CIO alla guida della trasformazione

Ed è in questo contesto di complessa gestione che, nelle imprese, si inserisce la figura del CIO. Che, come spiegato da Carlo Bozzoli, “è una delle principali figure professionali che in azienda è chiamata a guidare la trasformazione digitale, cercando di sfruttare tutte le potenzialità offerte da questo strumento e lavorando su più leve strategiche, e in particolare proprio sulla sostenibilità abilitata dalla tecnologia. E, aspetto fondamentale, è colui che deve fornire la spinta per far sì che il digitale stesso sia più sostenibile e inclusivo. Dovrebbe, inoltre, essere la figura responsabile della struttura che favorisce la diffusione di una cultura sostenibile by design, che sia in grado di dimostrare con metriche standard come la sostenibilità, oltre a generare impatti positivi sul Pianeta, ne crei anche in termini di persone e prosperità, perché genera dei processi di adozione del digitale in modo, per l’appunto, sostenibile rispetto al passato.

In tal senso, i CIO più ‘visionari’ hanno già fatto una serie di importanti passi in avanti in questi anni, come il cloud, la costruzione di un modello di lavoro agile e la creazione di un data driven way of working. Quello che oggi ci si dovrebbe chiedere, però, è se è stata costruita un’azienda abilitata dal digitale, oppure un’azienda nativamente digitale a partire da un foglio bianco. Ecco, è alla costruzione di quest’ultima che si dovrebbe lavorare, cercando di capire come generare valore per clienti, asset e persone, lavorando insieme su tre dimensioni: tecnologia, modello operativo e cultura delle persone.

In questa prospettiva, quello del CIO dovrebbe oggi essere un ruolo centrale nelle aziende, considerata la rilevanza della leva digitale della quale è responsabile: la leva che, più di tutte, può consentire di accelerare il percorso verso la sostenibilità, intesa in tutte le sue declinazioni. Questo però in Italia ancora spesso non accade, e ciò sembra derivare da un ritardo nella consapevolezza dell’importanza del tema della sostenibilità digitale. “I CIO devono essere coinvolti nella definizione delle strategie, sia a livello di Paese che delle singole aziende verso una transizione sostenibile, perché il digitale è uno degli strumenti principali in grado di guidarci verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile di Agenda 2030: basti pensare che 103 dei 169 indicatori degli SDGs sono direttamente impattati dal digitale”, ha rimarcato Carlo Bozzoli. “In Enel, più del 90% degli investimenti in digitale è orientato proprio al raggiungimento degli SDGs individuati come strategici per il gruppo, e nello specifico il 7, il 9, l’11 e il 13. Quindi, utilizzare a dovere l’ICT significa perseguire al meglio gli obiettivi di sostenibilità, e i CIO sono coloro che sono in grado non solo di rendere le imprese più rispettose dell’ambiente abilitando una transizione green, ma anche coloro che possono aiutarle a migliorare la propria brand equity grazie agli investimenti nel green e nel digitale e ad essere più efficienti dal punto di vista dei costi e delle risorse utilizzate.

Tuttavia, in Italia non siamo ancora vicini a questa visione: la Sostenibilità Digitale è sicuramente una grande ambizione che deve essere presente nelle nostre aziende, ma c’è ancora troppa poca consapevolezza di quanto questo tema sia centrale”.

Un “manuale” per il CIO verso la Sostenibilità Digitale

Per questo motivo, nel nostro Paese, c’è ancora un grande lavoro da fare per sviluppare e diffondere una cultura della sostenibilità digitale nelle aziende e nelle organizzazioni. Per far comprendere, cioè, l’importanza di un tema che può rivoluzionare l’approccio verso gli obiettivi di sostenibilità che l’impresa si pone. E questo è un percorso rispetto al quale, potendo incidere in molteplici modi, quello dei CIO può e deve essere un ruolo decisivo. “Si dovrebbero fare moltissime cose: mi limito a citarne alcune che stiamo facendo in Enel, con la speranza che si inizino ad implementare in modo pervasivo. Anzitutto, si dovrebbero misurare gli impatti generati sulla sostenibilità ‘in digital’ e ‘by digital’, dimostrando il valore generato per gli stakeholder; promuovere la consapevolezza sulla Sostenibilità Digitale attraverso specifiche campagne di awarness, accompagnate da KPI, da metriche di performance, sia quantitative che qualitative; mettere la sostenibilità al centro della propria strategia di trasformazione digitale, come elemento cardine e imprescindibile; prevedere, dall’autorizzazione fino all’esecuzione dei progetti e delle iniziative digitali, dei modelli attuativi di rendicontazione che siano collegati agli SDGs; promuovere un profondo processo di up-skilling e re-skilling sul digitale per tutte le persone dell’azienda; e ampliare, inoltre, l’ecosistema di innovazione con degli approcci aperti e innovativi: e questo è un processo che l’azienda non può attuare da sola, ma deve coinvolgere i propri fornitori, la cosiddetta azienda estesa, in un modello win-win che porti benefici e valore per tutti”.

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