Amministrazione pubblica: è ancora utile avere un CED interno?

 
Claudio Forghieri inizia con questo Focus una serie di approfondimenti volti a definire quali funzioni mantenere internamente e cosa appaltare in outsourcing nei CED delle Amministrazioni Pubbliche.

Oggi tutti sono convinti, almeno a parole, che l’ICT sia centrale per il processo d’innovazione dell’amministrazione pubblica. Qualche dubbio in più si rileva quando debbono essere definiti gli aspetti organizzativi dell’introduzione e gestione della tecnologia negli enti.

La domanda piuttosto brutale a cui cercheremo di fornire una risposta in questo articolo è quella che si stanno ponendo ormai da tempo parecchi direttori generali e amministratori: “Ha ancora senso che sia il personale del CED a gestire integralmente questi processi, oppure sarebbe più efficiente affidare alcune funzioni a fornitori esterni?”.

È utile ricordare che dal punto di vista finanziario, in generale, alla luce dei vincoli posti dal patto di stabilità, risulta più opportuno limitare gli investimenti interni e concedere tutto il possibile in outsourcing.

Le macro attività gestite normalmente dai sistemi informativi possono essere accorpate in due grandi categorie:

  1. sviluppo/manutenzione di applicazioni legacy che servono per il funzionamento dell’ente e di applicazioni web rivolte all’esterno (servizi on line);
  2. gestione dell’infrastruttura hardware e software, assistenza informatica, sicurezza, networking e trasmissione dati.

Premesso che il dimensionamento dell’ente e le competenze interne possedute sono determinanti per una decisione consapevole che può quindi mutare di caso in caso, alcune considerazioni generali possono essere condivise.

Sviluppo e manutenzione delle applicazioni sia legacy sia per i servizi on line

È oggi sempre più raro che le applicazioni vengano sviluppate da personale interno agli enti per molteplici motivi:

  • difficoltà a mantenersi al passo con gli sviluppi tecnologici del mercato;
  • limitatezza di risorse umane e professionalità;
  • difficoltà a curare la manutenzione e l’aggiornamento del software sviluppato;
  • necessità di connettere il software con molteplici applicativi anche di altri enti e produttori.

È sempre più frequente il ricorso a fornitori con cui si cerca di andare oltre il semplice acquisto di prodotti, nella direzione della costruzione di partnership che garantiscano non solo la manutenzione evolutiva ma anche la coerenza con un disegno strategico complessivo che deve essere governato in modo qualificato dall’interno dell’ente.

Le figure professionali devono evolvere

Si rende quindi necessario evolvere le figure professionali interne ai CED, da sviluppatori a system integrator in grado di eseguire sia il collaudo e la supervisione del codice, sia l’integrazione di sistemi di più vendor e di sistemi di più enti.

Altra evoluzione necessaria è quella da esperto di procedure a esperto di organizzazione per ridisegnare i processi dell’ente grazie alla tecnologia. Questa è forse la figura più rara in molti enti, per cui paradossalmente la leva per l’innovazione dei processi spesso è legata a modifiche alla normativa. In altri casi si basa sulla disponibilità di software grazie a qualche progetto di e-government. Raramente si parte da valutazioni di maggiore efficacia ed efficienza.

Occorre anche interrogarsi su quali siano le figure professionali più indicate per governare i rapporti con i fornitori esterni nelle diverse fasi: l’individuazione delle funzionalità necessarie; la gestione amministrativa della commessa; il collaudo; la verifica del codice sorgente; l’integrazione con eventuali sistemi di altri enti. Occorre spesso pianificare percorsi formativi adeguati che dotino il personale tecnico delle indispensabili competenze metodologiche e amministrative, e il personale amministrativo di una sufficiente visione complessiva degli aspetti tecnologici e di processo.

Dimensioni ed interoperabilità

In generale, anche se in termini teorici il rapporto con un grande vendor dovrebbe garantire vantaggi di sistema, ad esclusione degli enti più piccoli la prassi è quella di lavorare con fornitori molteplici in modo da poter scegliere volta per volta la soluzione migliore, anche se questo può comportare qualche problema d’integrazione in più.

Rispetto alla gestione dei servizi web, è opinione diffusa che almeno una parte delle competenze necessarie per poter intervenire celermente e con efficacia sui siti e i servizi on line istituzionali dovrebbero essere mantenute internamente. Si tratta infatti di una gestione in evoluzione che richiede personalizzazioni e aggiustamenti continui che sarebbe anti-economico richiedere ad un fornitore esterno. In pratica, è consigliabile preoccuparsi di mantenere le risorse interne capaci di intervenire con competenza e celerità sul content management system e sui siti web istituzionali.

Occorre infine non dimenticare il problema della gestione dell’interoperabilità con i molteplici sistemi regionali e nazionali che gradualmente tendono a sostituire o integrarsi con le applicazioni locali. Questi ambiti istituzionali richiedono la partecipazione a tavoli di coordinamento e ad altri di livello tecnico, ed è difficile immaginare una rappresentanza istituzionale a cura della sola azienda fornitrice.

La tabella che segue scompone l’attività di sviluppo e manutenzione di applicazioni e propone, in modo generico, quali azioni potrebbero essere facilmente delegate all’esterno.

Rilevazione delle esigenze dell’amministrazione Gestione interna
Studio di fattibilità / integrazione con altri enti Gestione interna
Raccolta e analisi dei requisiti outsourcing
Progettazione outsourcing
Project management Interno o outsourcing in base alle competenze disponibili
Sviluppo outsourcing
Validazione e collaudo Gestione interna
Avviamento / formazione outsourcing
Manutenzione a regime ed evolutiva outsourcing

Nel prossimo articolo saranno affrontati i temi dell’esternalizzazione dell’infrastruttura hardware e software, dell’assistenza informatica, della gestione di sicurezza, networking e trasmissione dati.

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3 COMMENTS

  1. Non son daccordo sul considerare gli studi di fattibilità propri della “gestione esterna”.
    Avendone fatti tanti soprattutto per PA negli utlimi vent’anni so quanto un buon studio di fattibilità sia critico per avere un capitolato di gara ed attivare un processo di procurement efficente.
    A tal fine occorre conoscere non solo le nuove tecnologie ma anche le loro finestre temporali di oppportunità per la loro adozione in ambito PA o grande impresa.
    Il punto è che che va dato in outsourcing a soggetti indipendenti e professionali per “intuitu personae” e non certo a soggetti giuridici che al di là delle certificazioni e delle dichiarazioni sono più sensibili ad ottimizzazioni di costi con l’inserimento di persone non professionali e a pressioni da parte di grandi soggetti chiamati a partecipare alle gare

  2. Concordo sul fatto “Le figure professionali devono evolvere” ed aggiungo che è auspicabile affiancare ai “percorsi formativi adeguati che dotino il personale tecnico delle indispensabili competenze” l’acquisizione di esperienze pratiche sviluppando internamente software per piccoli progetti.

    L’esperienza acquisita in tal modo sarebbe spendibile in altre attività come: “la supervisione del codice”, “l’integrazione di sistemi” e la gestione dalle build; aiuterebbe anche a comprendere meglio le problematiche pratiche insite nelle scelte tecnologiche proposte dell’outsourcer. Più in generale l’expertise acquisita dal personale interno contribuirebbe ad un governo più qualificato dall’interno dell’ente sui progetti in outsourcing.

    Inoltre i piccoli progetti software, se da un lato rappresentano la manifestazione di un’esigenza da soddisfare, dall’altro costituiscono una nicchia nella quale difficilmente entra un partner coinvolto in progetti di grosse dimensioni. Infatti in fase di analisi costi/benefici emerge che l’affidamento al partner della produzione del software per un piccolo progetto ha costi proibitivi rispetto ai benefici, proprio perché le ridotte dimensioni non concedono margini per beneficiare delle economie di scala che l’outsourcer sarebbe in grado di mettere in campo se il progetto fosse più complesso.

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