Le vittime illustri dell’uccellino blu: giornalisti navigati e utenti “scafati”

I social media sono un vero e proprio giacimento di notizie, trend e aggiornamenti in tempo reale su fatti di cronaca e attualità e i giornalisti “della carta stampata” se ne sono accorti già da un po’. Tuttavia, sembrano interessarsi ai socialcosi singolarmente, a ondate, e tendono a citarli nei loro articoli con una buona dose di hype.  E, se negli ultimi due anni il “giocattolino” era Facebook, da qualche mese a questa parte sui giornali compare sempre più spesso Twitter.
Da #allertameteoLG – nei drammatici giorni delle alluvioni in Liguria dello scorso autunno – a #riMontiamo, fino al #terremoto dei giorni scorsi, Twitter è entrato di prepotenza nella comune narrazione giornalistica.
Va anche detto che negli ultimi dodici mesi gli italiani sembrano essere sbarcati in massa sul social network dell’uccellino blu: secondo i dati divulgati da Vincenzo Cosenza, siamo passati da 1,7 milioni di gennaio 2011 a 4,1 milioni all’inizio del 2012.

Ma torniamo ai giornalisti. Poiché viene spesso usato per dare e ricevere aggiornamenti in tempo reale, Twitter viene considerato una “fonte autorevole”: ovvero, chi twitta di qualcosa è perché la sta vedendo accadere. Ovviamente non è sempre così, e lo sappiamo tutti, giornalisti compresi. Ma nella foga del momento, mentre si cercano notizie facili con un paio di click, l’errore ci scappa. (Il dubbio è: errore in buona o cattiva fede?)

È quello che successo a Francesco Alberti, firma del Corriere della Sera, che ha frugato su Twitter alla ricerca dei messaggi dei passeggeri dell’Intercity Bologna-Taranto, rimasto bloccato per oltre sette ore tra Forlì e Cesena a causa della neve, e che ha scambiato un semplice retweet per un post originale.
Autrice del retweet galeotto è gioska23, al secolo Giovanna Gallo, blogger ed esperta di social media, che si è sfogata con un post di fuoco sul blog di Davide Licordari:

Presa dalla solidarietà per i passeggeri del #trenoforlicesena, bloccato sui binari per 8 ore senza aiuti e sostegno se non quello della rete che rispondeva ai tweets disperati di chi su quel treno era seduto, fermo nel nulla, da tempi immemori, ieri sera ho retweettato un messaggio di uno di loro.
Complice il numero di followers, l’algoritmo, gli dei e non so cos’altro, il mio retweet è finito nei ToP Tweet, acquisendo, fortunatamente per i passeggeri di quel treno, visibilità.

gioska23 racconta di come, dopo quel retweet, abbia ricevuto molte domande da parte degli utenti, che le chiedevano se fosse veramente sul #trenoforlicesena. Lei ha pazientemente risposto a tutti, spiegando che si trattava di semplice solidarietà. Ma non perdona al giornalista di aver ignorato quel RT che, nel funzionamento di Twitter, identifica un passaparola.

Scrive ancora gioska23:

Ma tu, giornalista del Corsera, deputato perché più sgamato dei tuoi colleghi in redazione alla rassegna stampa su Twitter, che modifichi il messaggio per farlo sembrare quello di un passeggero (ma io ero a casa, che strano!), lo infili nel tuo pezzo e mi citi, senza la minima accuratezza, senza aver approfondito, senza sapere che il retweet ha un significato preciso che evidentemente non conosci, senza scorrere la mia timeline, che ti avrebbe fatto capire in 5 secondi dov’ero (non sul #trenoforlicesena) e modificare il tuo articolo, tu caro giornalista del Corsera, non è forse il caso che ripassi le 5 W del giornalismo e poi eventualmente torni su Twitter?

Va detto che non sono solo i giornalisti “della carta stampata” a cadere nel tranello di Twitter: a volte anche coloro che dovrebbero essere “quelli scafati” inciampano nella rete. È il caso dell’ormai famosa fotoimbrattata di Norberto Bobbio a Torino, che ha mietuto vittime illustri anche tra gli utenti più esperti dell’uccellino blu. Anche in questo caso si parla di fatti recentissimi, il cui sviluppo è stato per lo più ignorato dai media mainstream.

I fatti: il 28 gennaio scorso, sabato,  gli appartenenti al movimento No Tav hanno sfilato per Torino. Durante la manifestazione diversi palazzi del centro cittadino sono stati imbrattati da vernice, compresa la vecchia sede del quotidiano La Stampa, in via Roma. Il giorno dopo, domenica, su Twitter ha preso a circolare una foto dell’edificio, sulla cui saracinesca campeggia un’effige di Norberto Bobbio coperta di vernice e di insulti.

retweet dopo retweet, nel tardo pomeriggio del 29 gennaio #bobbio diventa trendin topic anche grazie a numerosi messaggi di @nonfup che “spinge” l’argomento:

Ma, nemmeno due ore dopo, comincia a circolare una seconda foto, o meglio: è la stessa, solo che è stata scattata più da lontano, catturando una porzione più larga dell’edificio. E si scopre che la realtà è ben diversa: accanto all’effige imbrattata di Bobbio si legge “Numa m…”.

Ed ecco che tutto assume un altro significato: vernice e insulti erano “dedicati” a Massimo Numa, giornalista de La Stampa già noto ai No Tav – anche ai blogger italiani – per le sue accuse al Movimento. (La questione è lunga è complessa e rimando a un post di Carmilla dello scorso novembre che spiega meglio di me la querelle tra Numa e i No Tav).

Ed esplode la bufera: chi ha montato la bufala? E soprattutto: perché, prima di retwittare, nessuno ha approfondito? Su quest’ultima questione prendono la parola anche i Wu-Ming, che chiamano in causa @nonfup:

Da notare come tutto si sia svolto nell’arco di pochissime ore, dal tardo pomeriggio di domenica fino alla sera: un’ulteriore conferma della velocità di Twitter nel costruire, diffondere – e in questo caso anche smontare – le notizie.

A fine giornata tocca ai No Tav dire la loro, con un perentorio post che cerca di mettere fine alla questione:

La cosa preoccupante è che, a parte coloro che pur senza aver controllato la fonte in buona fede difendevano un pensatore importante, molti altri han continuato e continuano tuttora ad incolpare i notav di aver offeso Bobbio con un attivismo sconosciuto quando si tratta di parlare delle ragioni dei notav. Ad ogni modo, come ha scritto qualcuno: Oggi abbiamo perso molto tempo e, aggiungo io, sarebbe bello sapere se il tempo perso è addebitabile alla rapidità del mezzo usato che a volte favorisce l’errore o ad una precisa strategia mirata a farcelo perdere.

Ma la questione resta aperta: più la diffusione di un contenuto è veloce, più la faciloneria – o un semplice errore di valutazione – tenderà a diffondersi senza controllo. Con conseguenze nefaste anche sulla reputazione di chi diffonde senza prima andare a fondo dei fatti.

Lesson Learned: Su nuovi media valgono le vecchie regole: prima di diffondere un qualsiasi contenuto controllare le fonti, approfondire la questione e garantire l’accuratezza della notizia di cui si sta parlando.

 

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