Stop Agcom sul Copyright: Matteo Mille – vittoria della rete o sconfitta della creatività?

Corrado Calabrò, dopo un infinito tira e molla, ha infine deciso che Agcom non emanerà in questo mandato il regolamento sul Copyright che tante perplessità ha suscitato in Rete. Tuttavia è probabile che la discussione su questo tema – da chiunque venga affrontata – ripartirà proprio dalla bozza prodotta in quest’occasione. Per questo motivo abbiamo deciso di interpellare, nei prossimi giorni, i principali attori interessati a questa importante e delicata tematica per cercare di rispondere a una difficile domanda attraverso la voce dei protagonisti: la rete ha sventato una minaccia o perso un’occasione?
Matteo Mille è Presidente di BSA Italia e Direttore della divisione Software Originale di Microsoft Italia.

Abbiamo iniziato il nostro “giro di tavolo”, che proseguirà con Luca Nicotra di Agorà Digitale, con Matteo Mille di BSA. Business Software Alliance rappresenta globalmente le aziende del settore del software commerciale e produttrici di hardware a livello mondiale. La sua missione è quella di promuovere politiche e procedure che stimolino l’innovazione tecnologica, gli investimenti nell’IT e l’affidabilità nelle reti e nelle infrastrutture informatiche. È chiaro quindi come la sua attenzione per un tema come quello del copyright in rete sia forte.

Matteo Mille è Presidente di BSA e Direttore della divisione Software Originale di Microsoft Italia.

Il passo indietro di Agcom è stato vissuto da molti come una vera vittoria del “Popolo della Rete”. Sergey Brin – riferendosi all’Italia e ad iniziative regolamentari come quella dell’Agcom – ha parlato di “nemici della rete” e di rischi per i principi di libertà e di accesso universale: qual è il punto di vista di BSA?
Non trovo che ci sia stata una vittoria del popolo della rete ma una perdita di opportunità da parte dell’Italia. Non si trattava certo di un provvedimento come Hadopi in Francia. Per usare una metafora un po’ dura come quella dello spacciatore: in Francia viene punito il drogato; invece in Italia sarebbe stato sanzionato lo spacciatore che metteva i contenuti illeciti in rete. Quella dell’Agcom non era una norma che puniva il drogato e neanche lo spacciatore, ma puntava ad informare lo spacciatore di non dover più diffondere quel materiale per non incorrere in sanzioni.
Sono cresciuto personalmente e professionalmente grazie alla rete e ritengo che non si debba fare del populismo su una cosa cosi importante come una regolamentazione che aiuterebbe l’Italia a ricevere maggiori investimenti esteri. Ribadisco: sono convinto che si sia persa un’opportunità.

Molti si sono espressi sull’inopportunità di un regolamento che non fosse successivo ad una discussione in Parlamento. Al di là dei contenuti specifici, non ritiene che un tema importante come questo non possa essere regolamentato senza prima un intervento normativo chiaro?
Uso un’altra metafora: siamo sempre bravi a chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Dobbiamo iniziare a pensare che le cose vadano costruite in maniera più opportuna. L’Agcom ha agito a pieno titolo perché tra i suoi poteri c’è quello di agire come strumento di enforcement della legislazione italiana. Preferiamo che un atto del genere avvenga attraverso un’azione normativa del Parlamento, anziché consentire il lavoro di un’autorità garante preposta a questo? Bene: allora lasciamo che i buoi scappino dalla stalla.

Lasciamo che mettano il paese in black-list assieme a paesi che sono già nella watch-list del Report 301*. Ma non è la scelta che farebbe il bene della rete. L’Italia è stata inserita nella watch-list del Report 301 e queste cose, sulle quali noi facciamo finta di niente, influenzano gli investitori stranieri: il Report 301 viene letto con molta attenzione dagli investitori stranieri che valutano investimenti nel nostro Paese.

In concreto: come bilanciare la legittima difesa del copyright da parte delle aziende con l’altrettanto legittima necessità di tutela del principi di libertà e di accesso universale degli utenti? Ossia: se dovesse fornire indicazioni ai legislatori che si occuperanno del problema, quali sarebbero i principi più importanti da quali partire per la definizione di un impianto normativo efficace?
Ritengo che il procedimento Agcom, quello che era stato promosso all’inizio, fosse ben bilanciato. Non andava a inficiare l’utilizzo della connessione per l’utente, ma prevedeva una procedura di avviso da parte dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale verso l’Agenzia.

L’utente aveva a disposizione un lasso di tempo determinato per rimuovere il materiale ed evitare così un’azione coercitiva. Tale procedimento non aveva nulla che inficiasse il diritto d’accesso alla rete. Ma c’era bisogno di migliori tempistiche, perché metterci due o tre giorni per rimuovere un contenuto da un server che è ritenuto fraudolento significa per la casa discografica aver già avuto una perdita dell’80% del fatturato potenziale. Tra l’altro, il regolamento prevedeva che Agcom – in caso di controversia – avrebbe dovuto consegnare le carte al Tribunale, passando così la competenza all’organo giudiziario.

Il lavoro dell’Agcom era un buon punto di partenza perché era frutto di un’estesa consultazione, a tutela della creatività italiana e di una rete libera nel rispetto dei diritti. In sintesi la rete deve essere libera nel rispetto dei diritti, mentre la creatività italiana è a rischio senza tutele.

Questa è la demagogia di fondo: Se uno decide di condividere le capacità del proprio intelletto secondo una logica open source, quindi non commerciale, è liberissimo di farlo. Ma a tutti coloro che vogliono tutelare la propria redditività e continuare ad investire per produrre innovazione non si può imporre di non esser tutelati nei propri diritti.

Ribadisco che BSA vuole una rete libera, ma nel rispetto dei diritti. Perché così la creatività italiana è a rischio e senza tutele. È stato un errore il passo indietro che è stato fatto, e immagino che il provvedimento dell’AGcom verrà inserito all’interno di un disegno di legge. Speriamo che sia un modo per recuperare quanto è stato fatto. Purtroppo non ha vinto il popolo della rete, ma è stata penalizzata la creatività italiana.

* Di seguito la lista completa dei paesi inseriti nel Report 301:
Priority Watch List: Algeria, Argentina, Canada, Chile, China, India, Indonesia, Israel, Pakistan, Russia, Thailand, Ukraine, Venezuela.

Watch List: Belarus, Bolivia, Brazil, Brunei Darussalam, Colombia, Costa Rica, Dominican Republic, Ecuador, Egypt, Finland, Greece, Guatemala, Italy, Jamaica, Kuwait, Lebanon, Mexico, Norway, Peru, Philippines, Romania, Tajikistan, Turkey, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here