E’ vera social PA o è l’ennesima moda del momento?

L'autrice Paola Garofalo lavora nella Pubblica Amministrazione da vent'anni. Fa parte dello staff della Direzione Operativa del Comune di Novara, occupandosi degli aspetti della trasparenza, della valutazione della performancee e di innovazione. Per Tech Economy si interroga se la presenza dei Comuni sui "social" sia un vero cambiamento della PA o, piuttosto, una moda del momento

E’ di questi giorni la pubblicazione del Vademecum Pubblica Amministrazione e social media, curato da FormezPA nell’ambito delle attività finalizzate alla elaborazione delle Linee Guida per i siti web delle Pubbliche Amministrazioni.
Si tratta dell’ennesimo segnale dell’importanza che hanno ormai acquisito i canali del web 2.0 per la comunicazione pubblica. Ma, guardando alle reali esperienze delle pubbliche amministrazioni, soprattutto locali, viene quasi spontaneo chiedersi: a questo proliferare di profili Facebook corrisponde poi una effettiva apertura della P.A. al cittadino? O non siamo forse di fronte all’ennesima moda, a episodi di isomorfismo mimetico, per cui, anziché affrontare il tema seriamente e porsi veramente all’ascolto dei cittadini, ci si nasconde tra quello che fanno ormai quasi tutti? Anziché operare una vera rivoluzione nel rapporto con i cittadini, non si finisce forse per perpetuare modalità di comunicazione vecchie e asfittiche, mascherandole come novità solo perché invece di scrivere le notizie sulla homepage del sito le si scrivono sulla bacheca del profilo Facebook del Sindaco?

Se si esaminano le bacheche di molte Amministrazioni, si leggono post che illustrano gli impegni della giornata del Sindaco, come se ci fosse bisogno di sottolineare con ancora maggiore forza che oggi amministrare una città, con tutti i suoi problemi, le tensioni sociali, il lavoro che non c’è, le polveri sottili che non danno tregua, le risorse finanziarie che mancano, richiede un impegno serio e totalitario. Siamo sicuri che agire trasparente significa far sapere ai cittadini che alle 10.00 del giovedì c’è la riunione settimanale della Giunta? Per questo non c’è già da qualche decennio l’Albo Pretorio?

Il cambiamento reale potrebbe invece passare attraverso quello che si potrebbe chiamare il “social odg”: si potrebbe provare a chiedere agli “amici” di Facebook di contribuire direttamente a compilare l’ordine del giorno della prossima seduta della Giunta, postando sulla bacheca quelle che sono le problematiche più pressanti, per le quali ci si attende dagli amministratori una risposta concreta, puntuale e pertinente. L’argomento che registra il maggior numero di “Mi piace” verrà effettivamente discusso e dell’esito della riunione si darà informazione nei giorni successivi. Si potrà obiettare che così facendo si sminuisce il respiro della politica, dal momento che il cittadino tende a posare la lente di ingrandimento sulle questioni di dettaglio che lo riguardano direttamente, mentre l’amministratore pubblico ha una visione più olistica dei problemi, ha la capacità di trascendere dal particolare per perseguire l’interesse generale della collettività. C’è del vero in queste affermazioni, ma è anche vero che la città è fatta di singoli individui, di singole famiglie, dal cui benessere dipende il benessere della società intera.

Troppo spesso lo spazio delle bacheche è riempito dai link ad articoli pubblicati sui vari giornali locali online, che si moltiplicano, soprattutto nelle città di provincia, come moderni produttori di pettegolezzo, che, spiando dal “buco della serratura” del Municipio, cercano di spiegare ai cittadini cosa si nasconde dietro alle decisioni della politica. In questo modo, il più delle volte si finisce per fare un’operazione priva di significato: infatti, da un lato, il cittadino attivo sui social network normalmente è già fan dei vari blog e quotidiani che parlano della propria città, sulla sua bacheca compaiono già i loro vari aggiornamenti, che, tra l’altro, in modo virale, raggiungono immediatamente anche i suoi “amici”; dall’altro lato, il cittadino che non si è ancora avvicinato agli strumenti del web 2.0, non visitando il profilo del Comune, non li leggerà comunque. Quindi che cosa serve ri-postarli, in modo ripetitivo, sulla bacheca del Comune, peraltro selezionando solo quelli più favorevoli all’operare degli amministratori e fornendo quindi una immagine comunque distorta ed imparziale del dibattito reale?

Magari sarebbe più onesto invitare i cittadini, in forma singola o organizzata, ad esplicitare in una decina di righe il proprio punto di vista, il proprio commento o la propria critica su una determinata iniziativa e poi, pubblicando il contributo sulla bacheca, stimolare il dibattito alimentato dagli altri cittadini, per fare tesoro nell’ambito del processo decisionale delle considerazioni che emergeranno dal confronto, libero, aperto, imparziale, in ogni caso reale e non pilotato artificiosamente dall’addetto stampa.

Allora c’è da chiedersi: perché essere presenti e attivi su Facebook, dal momento che si tratta comunque del risultato di una libera scelta, posto che ad oggi non esistono normative che obblighino o spingano in tale direzione gli organi della PA, se poi lo si fa in modo improprio, propagandistico, superficiale, in sostanza senza produrre vero valore aggiunto, senza creare una reale nuova relazione di prossimità con il cittadino? Quali sono i principali fattori e le maggiori criticità che finiscono per vanificare lo sforzo di molte Amministrazioni nella direzione di una maggiore apertura all’esterno?

Prossimamente cercheremo di dare qualche risposta a questi legittimi interrogativi.

 

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