L’esperto di fuffa. Ovvero il blogger famoso e la sua utilità in azienda

Avvertenza: Questo è un post autolesionista, volto a spiegare perché alle volte non è sempre il caso di invitare blogger a tenere lezioni nelle aziende. Apprezzate la sincerità.

Ogni tanto capita che aziende, ordini professionali o altro ti chiedano di fare una lezione o un seminario. Persino a me, che di mestiere tengo continuamente di lezioni, ma di altro, perché di mio sono abilitata solo ad insegnare la grammatica agli undicenni. Però, siccome a furia di stare sulla rete qualcosa l’ho imparata sul campo e godo di una qualche forma di blanda notorietà, esattamente come faccio qui, ogni tanto vengo invitata a parlarne anche altrove, in qualità di “esperta”.

Io ci vado sempre volentieri, a patto che sia certa che chi mi invita abbia ben chiaro come “esperta” di cosa: cioè, se vengo contattata per spiegare come si può scrivere un testo efficace, o catturare l’attenzione dei lettori fin dalle prime righe o diffondere una notizia tramite i social sfruttandoli come cassa di risonanza – cose che so fare, insomma, per il mestiere che faccio ora (l’insegnante) o per quello che facevo prima (giornalista) e per l’hobby che mi sono trovata (blogger) – vado; se mi chiedono di parlare di altro, in genere rifiuto.

Perché il problema della alfabetizzazione digitale, alle volte, sta proprio nelle basi che mancano completamente: cioè non solo chi ti invita vuole che tu gli spieghi “internet”, ma non sa nemmeno che “internet”, detta così, è come contattare qualcuno perché tenga una lezione di un’ora e mezza intitolata “Brevi cenni sull’Universo, con un approfondimento sulla Storia umana dal Paleolitico ad oggi”.

Se tu sei un imprenditore o un qualcuno che decide di contattare un “esperto” per tenere un corso di formazione nella tua azienda, o un approfondimento per gli iscritti al tuo ordine professionale, per prima cosa domandati che cosa vuoi approfondire e a che livello. È inutile, per esempio, chiamare un blogger, anche se magari grandemente o mediamente famoso, se poi i tuoi hanno bisogno di risposte tecniche che sa dare solo un ingegnere, o comunque un esperto di informatica: perché in genere il blogger medio ne sa di robe tecniche quanto la casalinga ne sa di meccanica della lavatrice.

Parimenti non dare per scontato che un blogger generalista, anche molto famoso, possa dare delle dritte interessanti per il marketing di una azienda: il blogger, in linea generale, è bravo a proporre se stesso, e può avere intuito alcune regole fondamentali di come si costruisce una brand reputation, ma solo quando il brand da “pubblicizzare” ed imporre sul mercato è un personaggio, cioè lui. Per un’azienda le dinamiche non sono sempre le stesse e chi è bravo a “farsi diventare famoso” non è detto che sappia far diventare famosa anche un’azienda.

In base allo stesso principio, un “esperto di social network” non è chiunque abbia più di mille contatti nella sua pagina di Twitter, anche se magari lui si presenta come tale nella bio allegata al Social, o quello che per caso è stato citato un paio di volte sui giornali perché fra i suoi followers ha Manuela Arcuri.

Per cui, manager o imprenditore che vuoi proporre alla tua azienda un corso di alfabetizzazione/approfondimento la prima regola è: invita fra i relatori solo gente che ha davvero qualcosa da insegnare di pratico e di specifico, se questo ti serve, non qualsiasi blateratore di fuffa che sta in rete.

Ha un senso invitare il blogger generalista di vasta risonanza se invece, per caso, a te interessa proprio la fuffa, o meglio, ti interessa non un seminario serio o un corso professionale (per il quale comunque non bastano due ore di lezione estemporanea e poi tutti a magnà), ma un giorno di pubblicità gratuita in rete. Allora invitare al seminario aziendale o al convegno una vagonata di blogger più o meno famosi, offrendo loro pernottamento e cena ha una sua logica: non ti interessa affatto quello che diranno, ma il fatto che, entusiasti per essere stati contattati come esperti, twitteranno in continuazione dall’evento, diffondendo l’hashtag del tuo seminario aziendale come se si trattasse del Discorso sullo Stato dell’Unione di Obama.

A quel punto, i partecipanti al convegno/seminario o vattelappesca che è non avranno imparato nulla su cosa gli serve per promuovere l’azienza sui social network o costruirsi una reputazione in rete, ma il nome dell’azienda sarà sulla bocca di tutti come una di quelle che sono “attente alle nuove dinamiche della rete” e “interessate all’innovazione”. Che è sempre un buon risultato. Anche se poi in soldoni non vuol dire granché.

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8 COMMENTS

  1. Concordo con l’articolo e con il commento di Gianluigi.
    Chiamare un “blogger” a fare formazione 2.0 può andare bene solo se inserito in un contesto con professionisti in grado di andare in profondità e con esperienza sul campo.
    Quando vado a fare formazione nelle aziende pongo sempre un tema specifico di approfondimento (il Social Business, nell’ultimo periodo), ma parto sempre dai fondamentali del Web Marketing…

  2. Condivido in pieno tutto quello che hai scritto. Ho sempre odiato convegni dove si parlava di fuffa. Per il più delle volte gli organizzatori non sono esperti e tendono a fare i saccenti in materia invitando persone che nemmeno loro conoscono. Lo fanno solo per il nome o per il sentito dire. Invitare un nome importante è pubblicità. Molte volte fare pubblicità incide molto sulla qualità. Cosi si arriva a parlare di fuffa.

    • Thank you for starting this blog. As I read your post about why you started it and what it means to you, I think my eyes may have leaked a little. He&;9#3res to Nature! Sabra

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