Finanziamenti pubblici per l’editoria: prosegue al Senato l’esame del Ddl

Si è tenuta ieri, presso la 1° commissione del Senato (Affari costituzionali), una nuova seduta di discussione del Disegno di Legge in materia di contributi all’editoria. Il ddl in esame (n.3305 e connessi) dovrebbe convertire in legge il Decreto-legge del 18 maggio 2012 n.63 voluto dal Governo Monti per introdurre nuove misure e nuovi tagli ai finanziamenti pubblici.

Già dal 2013 infatti dovrebbero iniziare ad esserci le prime riforme del sistema, che garantirebbero forti riduzioni di spesa già dall’anno successivo. Ma il testo in esame offre perplessità di contenuto per quanto riguarda l’editoria digitale, ambito forse ancora poco chiaro nelle sue dinamiche ai parlamentari. Tant’è che, in merito alle edizioni digitali, si scrive che la testata deve essere accessibile online “in formato non inferiore a quattro pagine per numero”. A ben vedere, un calcolo simile richiederebbe che le pubblicazioni fossero fatte tutte in formato pdf.

D’altro canto sono stati innalzati i tetti di finanziamento per l’editoria digitale al 70%, che resterebbero comunque inferiori a quelli di spesa tradizionale (non essendoci costi di materie prime o distribuzione), purtroppo resta però ancora da varare dopo l’approvazione del testo una nota che espliciti i criteri di valutazione delle testate. Non potendo valere, in questo caso, il rapporto diffusione/copie vendute. Il testo prevede anche un contributo di 0,10 centesimi di euro per ciascuna “copia” online venduta in abbonamento, peccato però che normalmente gli abbonamenti online non siano calcolabili per singole copie bensì tenendo conto del periodo di riferimento. Avranno inoltre accesso ai finanziamenti le testate che in questo periodo hanno optato per il definitivo passaggio in digitale, ma che hanno già percepito i fondi nel 2011.

Altra perplessità riguarda le comunicazioni da effettuare al Roc, che da tempo propone infatti due albi differenti per editoria cartacea e digitale. Questo poiché il ddl prevede che l’articolo 3 riguardi testate “pubblicate anche non unicamente in formato digitale”, quindi una testata singola che pur avendo contenuti diversi sulle rispettive edizioni, pubblichi sia su carta che online.

Da questo e altri punti emergono le perplessità del Sevizio studi e del Servizio bilancio del Senato, che sottolineano nei loro “note di lettura”, come alcuni passaggi nel testo del ddl possano ad esempio avvantaggiare alcune edizioni: le quali assommerebbero ai contributi per l’editoria cartacea quelli per l’editoria digitale.

Viene dunque in parte a morire il disincentivo alle edizioni cartacee, viste le ambiguità proposte dalle norme che regolerebbero il settore del digitale. Se da un lato infatti le modifiche introducono requisiti d’accesso più stringenti per il contributo pubblico: come l’introduzione del numero effettivo di copie vendute (anche in abbonamento), comparato alle rese delle copie effettivamente distribuite (almeno il 30% per le testate nazionali e il 35% per quelle locali); dall’altro non risultano chiare le norme quadro per l’editoria digitale che come si è visto risente ancora della concorrenza dei colossi editoriali tradizionali.

A ciò va aggiunto che già l’8° Commissione e quella per l’Istruzione, hanno chiesto l’immediato innalzamento dei fondi messi a disposizione dal Governo; il che se dovesse passare come principio, significherebbe perdere ogni possibile forma di risparmio sulle erogazioni.

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