Google, la censura dei governi e la trasparenza

Google ha rilasciato nuovi dati all’interno della sua iniziativa per la trasparenza (Transparency Report). Questa volta il report riguarda le richieste di rimozione di contenuti provenienti dai governi.  La società ha ricevuto più di 1000 richieste, durante gli ultimi sei mesi dello scorso anno, e più delle metà delle volte ha rimosso i contenuti contestati.

461 sono gli ordini di rimozione da parte di tribunali. Google ha agito in accordo con le delibere nel 68% dei casi. Alla società sono, inoltre, arrivate 546 richieste di rimozioni meno formali, come ad esempio una chiamata telefonica da parte di ufficiali di polizia; accettate nel 43% dei casi. Complessivamente sono 1007 le richieste di rimozione e il 54% quelle a cui la compagnia si è adeguata.

Google ritiene preoccupante la situazione attuale e sottolinea la persistenza di richieste di rimozione dovute a motivazioni politiche e limitanti la libertà di parola.

E ‘davvero preoccupante perché ci sono un sacco di esempi di discorso politico che i governi ci stanno chiedendo di rimuovere, cosa che troviamo veramente allarmante“, ha spiegato Dorothy Chou, analista politico senior di Google. “E ‘un problema costante. Le richieste provengono sempre più spesso da paesi che davvero non ci aspettavamo.”

Molte le richieste da parte di enti governativi e figure politiche di rimuovere contenuti critici verso il loro operato. In alcuni casi, grazie alle tutele legali esistenti, Google si è potuto rifiutare di rimuovere i contenuti contesti. In altri ha, però, deciso di accettare le richieste, rimuovendo, ad esempio, contenuti ritenuti lesivi della Monarchia in Thailandia, dove insultare la casata reale è un crimine. Chou, a questo proposito, sottolinea la necessità per l’azienda di conformarsi alle leggi locali, ma altrettanto il tentativo costante di “limitare il livello di censura”.

Il gigante della ricerca considera ogni singola richiesta nella sua specificità, ma applicherebbe anche criteri generali, in particolare: se questa è sufficientemente definita e ristretta a specifici obiettivi e se avviene in accordo con una specifica legislazione locale.

Per quanto riguarda i paesi di provenienza delle richieste, Google riporta un incremento delle richieste provenienti da autorità USA del 103% rispetto ai sei mesi precedenti. In particolare, sono in aumento le richieste di fornire i dati personali degli utenti (+37% rispetto al 2010), accettate almeno parzialmente dalla società nel 93% dei casi.

Il Brasile risulta il paese da cui provengono un numero maggiore di provvedimenti giudiziari. 128 ordinanze da parte dei tribunali del paese (68% eseguite da Google) e 66 richieste da parte delle autorità (26% accettate). L’India è prima in quanto a richieste da parte delle autorità (96, accettate nel 26% dei casi), ma i tribunali del paese non sono particolarmente attivi nel formulare ordinanze dirette al gigante della ricerca (<10).

L’Italia risulta sesta per numero di provvedimenti giudiziari, con 20 ordinanze giudiziarie (eseguite nel 70% dei casi), e tredicesima per richieste da parte delle autorità (8%, accettate nel 50% dei casi).

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