Non sprecate il male, fateci qualcosa!

Mi sembra di conoscere Salvatore Iaconesi e Oriana Persico da una vita, per le tante cose che abbiamo fatto o progettato insieme. E invece sono solo due anni che ci conosciamo: ci presentò, infatti, nell’autunno del 2010 Alex Giordano (Ninja Marketing) in un Public Camp organizzato dalla Regione Puglia. Io a parlare del futuro prossimo venturo del Media Planning, loro… erano già il futuro: presentavano applicazioni di Augmented Reality. Ma soprattutto, allora come adesso, i due la Realtà Aumentata la vivono nei gesti della quotidianità.

Fu amicizia a prima vista con la “premiata ditta” Salvatore e Oriana, conosciuti anche nel mondo dei Social come DxDxvsDxDx lui e Penelope di Pixel lei. E nell’occasione conobbi anche il loro figliolo digitale Angel_F, un’intelligenza artificiale che si aggirava per il web con una faccia da bulletto virtuale creando anche qualche guaio da spywere. E sì perché papà Salvatore, ingegnere robotico, scienziato di tecnologie ubique, performer, designer, è stato ed è anche un hacher. Un’anima alla quale non intende rinunciare e che ha giocato un ruolo determinante nella vicenda che ha scosso, coinvolto e sconvolto, e costretto tutti noi a interrogarci sul rapporto con l’identità digitale.

Una cura o un’opera d’arte. La cartella clinica che Salvatore ritira e che contiene diagnosi e dati sul tumore al cervello che gli hanno trovato, a seguito di accertamenti dopo una caduta, è illeggibile perché in formato chiuso destinato agli addetti ai lavori. Salvatore la “cracca” (la forza; è un hacker, no?) e trasforma i suoi contenuti in formati aperti, in modo da poterli condividere con tutti. La mette sul suo sito “Art is Open Source” e  invita, chiunque lo voglia, a prendere parte alla cura: “prendete le informazioni sul mio male, se ne avete voglia, e datemi una cura: fateci un video, un’opera d’arte, una mappa, un testo, una poesia, un gioco, oppure provate a capire come risolvere il mio problema di salute”. Con la promessa che renderà trasparenti le soluzioni, le scelte effettuate, i dati raccolti “perché chi abbia il mio stesso male possa beneficiare delle soluzioni che ho trovato”. La vicenda ha fatto rapidamente il giro del Web, sui Social e sui Blog, è rimbalzata sui Media tradizionali, è tornata con più forza on line in un ping pong che ha coinvolto sensibilità e visioni personali costringendo noi tutti a farci delle domande.

Condividere verdure lesse: un segnale. Qualche giorno prima ero a pranzo con Salvatore e Oriana nella pausa di un Master. Salvatore ordina solo un piatto di verdure bollite, Oriana idem. Due buone forchette che, all’improvviso, condividono una scelta spartana… Questo dettaglio mi dice che il problema di Salvatore è più serio di quanto il suo modo sdrammatizzante di presentarmelo mi avesse lasciato capire. Anche la scelta solidale di Oriana ha l’odore del “fioretto” di una volta. Mi danno i dettagli della situazione, con serenità. E intuisco che Salvatore ha in mente qualcosa: fare del suo problema un caso guida? Un profeta della realtà aumentata come lui è abituato a integrare continuamente esperienze fisiche e strati di conoscenze digitali… Anzi è più che un’abitudine, è un credo. Mi trattengo dal chiederglielo perché è un processo troppo personale, ogni considerazione in questa fase mi sembra invasiva: Salvatore e Oriana stanno scegliendo una strada, sono in piena elaborazione decisionale. Devo aspettare. Ci salutiamo: Salvatore è sorridente, Oriana la vedo più fibrillante. Li abbraccio e mi allontano con un’inquietudine di fondo: se Salvatore porta la sua vicenda on line, riuscirà a gestirne i ritorni? Sotto il profilo quantitativo (prevedibile una massa considerevole di reazioni) e qualitativo (quanti guaritori, guru, paragnosti, maghi e fattucchiere ci sono in giro alla ricerca di visibilità?). Salvatore e Oriana reggeranno l’impatto emotivo di questo gigantesco “consulto” on line, e anche la pressione dei media? Insomma ho preoccupazioni pratiche non molto diverse da quelle che da lì a qualche giorno esternerà il prof. Veronesi.

Open Data siamo noi. Due giorni dopo l’intervista di Salvatore non mi coglie di sorpresa, ma emotivamente mi spiazza lo stesso. Perché ormai non è più una possibilità, è un fatto: “I have a brain cancer…” Misurato, sereno declina contenuti, obiettivi e scopo finale dell’operazione. E’ il 10 settembre: twitto subito per assecondarlo nella divulgazione e per trasmettere a lui, anzi a loro, il mio affetto e la mia solidarietà. Con le stesse modalità digitali ovviamente, evidenziando come non ci sia soluzione di continuità tra Salvatore scienziato, Salvatore artista, Salvatore uomo. Quella coerenza che ha reso spontaneo e inevitabile il suo gesto. Che apre una nuova dimensione nella quale una malattia può essere vissuta, comunicata, partecipata, e rappresentare un percorso di riferimento per la salute anche di altri. Un’interpretazione creativa (“…fatene quello che volete: una cura, ma anche un gioco, un’opera…) che dà un respiro molto più ampio e coinvolgente al ruolo di ciascuno nella costruzione della (futura) civiltà dell’“Open Data”, che finora abbiamo vissuto essenzialmente come problema di relazione e trasparenza con una Pubblica Amministrazione recalcitrante. Da tempo diciamo che tende a estinguersi l’individuo/consumatore perché siamo diventati tutti prosumer: consumiamo informazioni ma le produciamo anche. Un processo nel quale i ruoli si alternano in continuazione. Open Data siamo anche noi: ora Salvatore l’ha reso evidente, cogliendo un’occasione dove altri si sarebbero, anche comprensibilmente, rinchiusi nella categoria della discrezione o addirittura dell’isolamento.

Quell’equazione elementare. Di fronte a un evento della vita che annichilisce e traumatizza, lui ha cambiato l’ottica: quale occasione c’è da cogliere nel “male” che mi è capitato? Ha rifiutato l’aggettivo “tragico” e, in pratica, ha reso l’equazione elementare: Evento della vita = Evento Vitale. “Evento vitale” suona indubbiamente diverso, ha una carica propositiva che spinge a fare: a volte bisogna cercare il significato letterale delle cose per vederle nella prospettiva giusta, utile a se e agli altri.

Aiutato da Oriana, stanno filtrando le interazioni per scegliere le mani sicure alle quali affidarsi. Salvatore sa bene che saranno le mani di un neurochirurgo a operarlo, non “la Rete”. Ma la “cura open source” gli consentirà di arrivare a quel momento con una consapevolezza attiva, frutto di un consulto interdisciplinare e crossmediale: con comunità mediche e psicologiche ma anche con artisti e sociologi. E intanto può vantare già un successo, tenendo conto della resistenza di ogni comunità scientifica ad aprirsi ad altre scuole: Salvatore ha costruito il suo team di medici, mettendo insieme un neurochirurgo, un oncologo omeopata, un agopunturista cinese. Che si parlano.

“Caro Marco, ti scrivo” è l’esordio dell’email di Andrea Carini che, non sapendo che sono amico di Salvatore, mi esorta ad appassionarmi alla vicenda e a raccontarla.  Conta sulle mie modalità di narratore perché il gesto di Salvatore dispieghi le potenzialità più socialmente utili. E altri tre amici me lo chiederanno da lì a poco. Una motivazione mi convince: Conosciamo “il caso”, però sentiamo che ci manca una storia, dietro e intorno. E così raccolgo l’invito a partecipare alla narrazione di questa storia di confine, sempre più labile, tra on line e off line che infatti non richiede passaporto: perché “di là” possiamo trovare risposte a domande nate “di qua”, e viceversa.

Ci voleva uno con l’animo trasgressivo dell’hacker, il rigore dello scienziato e lo stupore permanente dell’artista (“meraviiiiglia!” è il tipico commento emotivo di Salvatore) per mostrarci, con coerenza, le implicazioni dell’identità digitale. Non con i pistolotti delle teorizzazioni, non con i fanatismi degli IperGeek, ma con la forza dirompente di un gesto concreto. Che non finisce qui, vedrete: l’Open Data di Salvatore ha appena iniziato a costruire mappe di percorsi tutti da esplorare. Con la Realtà aumentata, scommettiamoci.

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5 COMMENTS

  1. Grazie Marco, bellissimo articolo, bellissimo regalo.
    Conosco Salvatore e Oriana da tempo… giusto giovedì, parlando di Salvatore a Roma Smart City l’ho definito “l’uomo più open del mondo” e confermo!
    Un abbraccio a tutti e tre 🙂

  2. La conosco da 9 anni. Ogni volta penso che abbia scritto il suo post migliore, ma riesce ancora e sempre a sorprendermi. La smetto con i complimenti per la trasmissione perchè lo so che non gradisce e e per prendermi una piccola rivincita Le dico che c’è un refuso. Ma non dico dove!!

  3. Un gesto forte e significativo e una narrazione capace di renderlo comprensibile e condivisibile, di favorirne la partecipazione e che sottolinea, con riferimenti sempre concreti e attuali, lo stretto legame tra mondo on line e mondo off line. Dall’esortazione contenuta nel titolo del post (“Non sprecate il male, fateci qualcosa!”) all’equazione “Evento della vita= Evento vitale”, che invita a interpretare in un’ottica utile e propositiva, oserei dire creativa, le circostanze della vita: un messaggio di cui tutti dovremmo far tesoro. Grazie Marco.

  4. Grazie Flavia!
    Alberto: ecco vedi che avevo ragione? Prima o dopo maturi…
    Grazie a te Laura, sei una lettrice attenta e preziosa. Circostanza rara: il dire in genere prevale sull’ascoltare. Conservati!

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