Del Gattopardo, ovvero del “decreto del fare” e dell’innovazione all’italiana

Déjà vu, già visto. È questa la sensazione dominante che si ha leggendo le notizie di questi ultimi giorni relative ai provvedimenti del Governo Letta in materia di innovazione e Agenda Digitale e le bozze del c.d. “decreto del fare” approvato sabato sera dal Governo.

E lo dico con un pizzico di, malcelata, delusione. Confesso che, nutrendo molte aspettative nell’esecutivo guidato dal Presidente Letta, sono rimasto molto colpito dal fatto che i primi provvedimenti sul digitale di questo Governo ripetono molti degli errori in cui sono caduti tutti i precedenti Governi (nessuno escluso).

Non ci si stupisca, quindi, se gli appunti, i commenti e le critiche siano incredibilmente simili a quelle fatte nei confronti dei Governi Prodi, Berlusconi e Monti. L’innovazione italiana è ferma in un pantano da cui non si sa (o forse non si vuole?) farla uscire.

La prima cosa che colpisce è che un governo destinato a durare – al massimo – un anno e mezzo abbia deciso di redistribuire (per l’ennesima volta) le competenze tra i Ministeri.

Si ricorderà che – all’indomani della costituzione dell’esecutivo – in tanti si erano lamentati dell’assenza di un Ministro (o sottosegretario) che lavorasse a tempo pieno sull’innovazione, con una delega e poteri chiari.

Il Presidente Letta si deve essere già pentito di questa scelta se prima abbiamo assistito ad un “tira e molla” istituzionale dei diversi Ministri sulla latitudine delle deleghe ad essi spettanti, poi ad un accentramento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla nomina di Francesco Caio quale “superconsulente” di Letta e, infine, ad una nuova organizzazione delle competenze che – accanto alla Cabina di Regia per l’Agenda Digitale e all’Agenzia per l’Italia Digitale – preveda l’istituzionalizzazione di un ulteriore tavolo tecnico.

decreto
(Immagine realizzata da Roberto Scano)

In questo contesto iperburocratizzato, la stessa nomina di Francesco Caio come “Mister Agenda Digitale” e dei suoi collaboratori – a prescindere dalle indiscusse competenze – lascia perplessi: cosa potrà fare effettivamente Caio? Quali saranno le sue competenze in ordine, ad esempio, all’accelerazione dei tempi dei decreti attuativi da cui passa la realizzazione dell’Agenda Digitale?

Eppure, la recente esperienza del Governo Monti avrebbe dovuto insegnare qualcosa: le scelte organizzative distolgono dalle politiche e dalle decisioni operative (contrasti tra gli uffici dei diversi Ministri seduti nella Cabina di Regia, lungaggini legate all’implementazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale che – a distanza di oltre un anno dalla sua istituzione – non ha ancora uno statuto ed è comunque lontana da una normale operatività).

Ancora una volta, quindi, per il Governo “il chi è più importante del cosa”.

Un altro errore ricorrente è legato al fatto che non si esce dalla “logica degli annunci”. Si parla, per l’ennesima volta, di documento e domicilio digitale oltre che di fascicolo sanitario elettronico. Si tratta di istituti di cui si parla da anni e sui quali le norme esistono già: non si comprende quindi perché ci sia bisogno di un decreto legge.

Se il Governo ha intenzione di anticipare l’operatività di questi strumenti, può farlo da subito – senza nuove norme – accelerando sull’adozione delle regole tecniche necessarie e incrementando le risorse destinate.

Sarei lieto di essere smentito, ma – invece – assistiamo ad annunci assolutamente sovrapponibili a quelli dei Governi precedenti:

  •  non è prevista una roadmap con gli obiettivi concreti che il Governo si impegna a raggiungere nei prossimi 18 mesi;
  •  non esiste un piano complessivo di investimenti nel digitale (e quindi, non esiste una strategia);
  • non ci sono idee nuove, ma si “riciclano” istituti che hanno ormai quasi dieci anni;
  •  il metodo è sempre quello delle regole calate dall’alto: non solo non sono previste (e istituzionalizzate) forme di ascolto della società civile, ma non si tiene in conto l’enorme patrimonio in termini di suggerimenti e proposte che era già stato raccolto dalla Cabina di Regia ed ignorato dall’esecutivo Monti.

Déja vu. Tutto già visto, insomma. Anche questo Governo, evidentemente, pensa come scriveva Tomasi di Lampedusa che sia “meglio un male sperimentato che un bene ignoto”.

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Avvocato, specializzato con lode in Diritto Amministrativo e Scienza dell’Amministrazione. Si occupa, per professione e per passione, di diritto delle nuove tecnologie e di diritto amministrativo. Docente presso l’Università degli Studi della Basilicata, è relatore in convegni, incontri e seminari sulle materie di attività e tiene lezioni in Master Universitari, corsi di formazione e specializzazione. Autore di numerose pubblicazioni (cartacee e digitali) sui temi del Diritto Amministrativo e dell’Information Technology Law, è Vice Direttore del Quotidiano di informazione giuridica “LeggiOggi.it” e componente del Comitato Scientifico della Rivista “E-Gov” di Maggioli. È referente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza presso la Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense (FIIF) e componente del Gruppo di Lavoro per i giovani avvocati del Consiglio Nazionale Forense. È socio fondatore e segretario generale dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione e Presidente dell'Associazione Italiana per l'Open Government; oltre al proprio blog (“Diritto 2.0”), è tra i curatori di "TheNextGov", uno spazio sul sito de "L'espresso" in cui parla di nuove tecnologie e innovazione in ambito pubblico.

2 COMMENTS

  1. Caro Ernesto, leggo sempre con attenzione ogni tuo intervento sull’Agenda digitale e dintorni non solo perché “professionale”, ma perché gronda di passione.
    Da manager che ha passato moltissimi anni anche nel pubblico, condivido in pieno le tue preoccupazioni in ordine alla superfetazioni delle strutture, ai processi infiniti di reingegnerizzazione che non arrivano mai a un risultato, a un prodotto.
    Però un giudizio apodittico, a cominciare dal titolo, che “marchia” l’intero decreto che non riguarda solo problematiche di Agenda digitale, rischia di suonare un po’ gratuitamente apocalittico.
    In altro luogo hai ribattezzato il decreto, e quindi inevitabilmente tutto il provvedimento: il “decreto del disfare”, richiamando la tecnica di Penelope. Rimanendo nella metafora classica, attenzione Ernesto a profetizzare con pervicacia pessimista: rischi di diventare la Cassandra del web che, sono sicuro, non è un tuo obiettivo 😉
    Buona giornata!

  2. Marco, innanzitutto grazie per l’attenzione con cui mi segui 🙂

    Ovviamente, i miei pezzi sono relativi solo alle tematiche del digitale e quindi i giudizi riguardano solo quelle parti del decreto del governo.
    Con riferimento al merito, sono consapevole di correre il rischio di passare per “Cassandra”, ma dalle mie parti si dice che “il medico pietoso fa l’ammalato grave” e quindi preferisco essere brutalmente sincero nella mia analisi, esprimendo quello che rimane solo il mio personale (e ovviamente criticabile) punto di vista 🙂

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