La riforma degli incentivi alle imprese con il Fondo per la Crescita Sostenibile

La riforma del sistema di incentivi alle imprese è un tema di cui si parla da molto tempo, da quando in pratica è venuta a mancare la l. 488/92 che per oltre un decennio ha contribuito a finanziare con contributi in conto capitale oltre 40mila di progetti di investimento su 33 bandi in tutta Italia, soprattutto nel Sud.

Il vicedirettore generale della Banca d’Italia Fabio Panetta non molte settimane orsono ha dichiarato che gli incentivi erogati in 15 anni nel Mezzogiorno hanno avuto un effetto modesto. Le conclusioni del vicedirettore non sono una novità, perchè è evidente lo stato deprecabile in cui versa il Meridione nonostante gli ingenti contributi erogati per anni alle imprese. Le ricette per migliorare il sistema sono però ancora poco limitate e la loro efficacia è stata finora piuttosto scarsa.

DenaroNel 2010 viene emanato un nuovo regime d’aiuto per gli Investimenti produttivi innovativi, la cosidetta “nuova 488”, le banche non sono più protagoniste nella gestione degli strumenti agevolativi, un nuovo soggetto gestore viene individuato per legge dal Ministero nella persona giuridica di Invitalia. Alcune iniziative considerate strategicamente molto rilevanti, Industria 2015, sono di fatto un fallimento. I tempi di valutazione e di erogazione dei contributi sui pochi bandi emanati si dilatano enormemente, i fondi per i contratti di sviluppo nel mezzogiorno al settore industria sono in gran parte inutilizzati.

Con il governo Monti, la riforma degli incentivi prende alla fine forma, se non sostanza. Il ministro Passera evidenzia la necessità di accorpare i molti strumenti esistenti. Le leggi saranno pure tante, ma è vero sopratutto che a funzionare – così così – sono solo i bandi PON, il FIT, il FAR ed il credito d’imposta per la ricerca (quest’ultimo solo se si riusciva ad inviare la richiesta nei primi 30 secondi dall’apertura dello sportello telematico, il famoso click day).

I ministri Passera e Grilli varano quindi nel marzo 2013 il decreto interministeriale di attuazione del Decreto legge Sviluppo (83-2012) che disciplina il nuovo Fondo per la Crescita Sostenibile, dove è scritto che gli interventi sono attuati con appositi bandi o direttive che dovranno stabilire quasi tutto, dai criteri di valutazione ai termini e le modalità di presentazione delle domande di agevolazione. Per la gestione degli stessi il Ministero dello Sviluppo Economico ha ampia facoltà di manovra, tra società in house o società ed enti in possesso dei necessari requisiti. La procedura di valutazione prevalente sarà quella negoziale, insieme a quelle automatiche e valutative.

Nella sostanza, non ci sono grosse novità, e neanche sembra possibile sperare di vederne nei bandi attuativi. Più che di riforma si potrebbe parlare di un nuovo regime di aiuti basato su un’unica provvista finanziaria, che mutua assetti e funzioni di strumenti già esistenti, senza introdurre particolari innovazioni. Le regole per ottenere aiuti dipendono dal Decreto Sviluppo, dal decreto interministeriale, da bandi, direttive e chissà da quali e quante altre circolari applicative.

Un riforma radicale avrebbe inciso sulla semplicità ed unicità delle regole, primo fattore per ottenere efficienza nella gestione degli aiuti e consentire alle aziende di programmare il loro sviluppo a medio/lungo termine sulla base di norme ed obiettivi conosciuti, compatibili peraltro – almeno questo è stato scritto – con le strategie della programmazione finanziaria UE.

UeSoprattutto, una vera riforma non si sarebbe limitata solo ad accennare – nell’art. 2 del decreto interministeriale 8 marzo 2013 – alla “partecipazione finanziaria delle Regioni“, ma avrebbe invece sviluppato questo concetto per contrastare l’eccessiva regionalizzazione/frammentazione delle risorse in strumenti gestiti da una miriade di soggetti diversi. Ciò senza nulla togliere alle Regioni in termini di fondi e di politica regionale (la 488 aveva bandi nazionali eppure le Regioni dicevano la loro nella definizione dei punteggi che formavano le graduatorie) ma solo al fine di garantire una centralizzata, efficiente, efficace e trasparente gestione degli aiuti.

Peraltro questa riforma non impedisce la nascita di nuovi regimi d’aiuti. Con decreto del 6 marzo 2013 il Ministero dello Sviluppo economico ha infatto varato – quasi in contemporanea con il decreto che stabilisce i criteri attuativi del Fondo Crescita Sostenibile – uno strumento per favorire la nascita dellestart-up nel Mezzogiorno, affidandone la gestione sempre ad Invitalia.

Insomma, da un parte si razionalizza abrogando strumenti praticamente non operativi, dall’altra fioriscono nuove misure di intervento. Sulla loro efficacia rimane un punto interrogativo.

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