10 Consigli per un Personal Branding vincente

Sveglia, corri, arriva e sorridi.

Questi i quattro imperativi che accompagnano la vita di ogni giorno. Si susseguono come un ronzio continuo che incita a essere i primi, essere rapidi, raggiungere l’obiettivo e perché no, per arrivare a fine mese. Internet lo dice, la Tv lo dice, le persone lo dicono e a quanto pare tutti ci riescono, ma a te sembra davvero difficile, quasi impossibile. Eppure non bisogna arrendersi, ma capire che la vittoria è già dentro di noi, del resto anche il life motive più inflazionato della storia antica diceva Γνθι σεαυτόν, ovvero “Conosci te stesso”. Con i  “10 Consigli per un Personal Branding vincente” TechEconomy vi renderà entusiasti nell’affrontare gli obiettivi desiderati fin da subito! (o almeno ci proverà!).

Il Personal Branding sembra diventata una moda, cosa che  non è del tutto falsa. Ma se da un lato il curriculum vitae  “old style” è stato e continua ad essere oggetto di ri-adattamenti frenetici, sicuramente Immagine P.B. Positivonon si può dire lo stesso della propria immagine. Molti, per scelta o per imposizione, si ritrovano nella vita a ricoprire una molteplicità di ruoli, che con il tempo tendono a cristallizzarsi in quelli più frequenti, spesso a scapito altri più occasionali, ma comunque validi e creativi. Ecco perché tale “moda” del personal branding deve essere sfruttata e valorizzata al meglio. Non si tratta più di “colorare” e arricchire il proprio C.V. (magari anche con qualcosa di non propriamente “documentabile”), ma di interagire attivamente con l’ “altro da sé” switchando ogni volta tra l’on e l’off line in una collisione continua tra mente e corpo. Trovarsi al momento giusto, con la persona giusta, con l’opportunità della vita ora diventa alla portata di tutti.

E’ finito il tempo del “ma era scritto così” o del “peccato, ci sarei dovuto essere io al posto suo”. Il nuovo millennio ha trasformato molti usi e costumi senza guardarsi indietro e ora spetta alle persone “impadronirsene” per usarli nel modo più vantaggioso possibile. Twitter, Facebook, LinkedIn, YouTube, Pinterest e chi più ne ha più ne metta, non sono più le “nuove” piattaforme sulle quali divertirsi, ma diventano veri e propri strumenti per raccontare le proprie storie, mission,  evision tanto da elevare le più complesse forme di keep in touch semplicemente cliccando su “+ Add as friend”.

Dall’aspetto fisico a quello virtuale, dal tempismo fisico a quello futuro, dalle tendenze passate a quelle del domani, ora la forza, l’intraprendenza, lo spirito e le capacità, risiedono semplicemente nelle persone. E’ qui dunque, che si cela l’energia propulsiva che permette, di volerlo fare, poterlo fare e dunque di farlo!

Le statistiche parlano chiaro e in Italia la dicono lunga sull’importanza del Personal Branding come specchio della propria reputazione personale, privata e lavorativa, on e off line. Viadeo, nella ricerca “Il Personal Branding in Italia” ha intervistato 23 blogger, tra i più influenti sulla rete, per i quali, già nell’ottobre 2011 (circa un secolo fa vista l’uscita nel frattempo di due modelli di I-Phone, almeno 3 Galaxy di punta, la morte di Chavez, le dimissioni del Papa, la Primavera araba e tanto altro), il 61% sosteneva l’importanza fondamentale della reputazione online, il 39% ne sanciva la stessa, ma non come unica via. Risultato: il Personal Branding, come marketing di se stessi, deve essere gestito a 360° e si manifesta interpretando il ruolo prescelto per i singoli contesti. La consapevolezza di una fusione tra anima e corpo in un coerente e alternato divenire che spazia dal mondo reale a quello virtuale è la chiave verso i nostri obiettivi. Perché quindi un datore di lavoro, un potenziale partner o un cliente, oggi, dovrebbe scegliere proprio voi tra tanti? Perché sarete stati quelli in grado di impattare a livello emotivo, regalando un’esperienza in opensourcing,della quale sarete stati co-protagonisti sintetici, coerenti e qualificati senza per questo esservi finti Iron Man, ma semplicemente dichiarando con chiarezza i vostri punti di forza e le vostre debolezze.

 1.    AUTOVALUTAZIONE

Prima di potersi “vendere”, bisogna conoscersi. Molto più semplice di ciò che può sembrare, basta rispondere a qualche domanda per stabilire l’effettiva coerenza tra il sé percepito e quello effettivo, come ad esempio: Cosa so fare? Quali sono le competenze acquisite? E le  caratteristiche peculiari? Che ruolo si vorrebbe ricoprire? Quali sono i pregi su cui puntare? E i difetti? etc. Insomma un auto-test per fare il punto del self-product da presentare. E’ importante essere obiettivi, perché ciò renderà meno vulnerabili, ma soprattutto maggiormente credibili e affidabili agli occhi del cliente/datore di lavoro/partner. Ricordate sempre che le bugie hanno le gambe corte!

Parole chiave: coscienza, sicurezza e consapevolezza.

 2.    PUNTI DI VISTA DIVERSI

Dopo aver lavorato su se stessi, ora si deve fare la stessa cosa con gli occhi del potenziale acquirente, delle figure professionali con cui si è già lavorato  o ancora del team che si vorrebbe formare, evidenziando quindi, da un lato “perché dovrei scegliere proprio lei/lui?” e dall’altro “perché dovrei consigliarla/lo?”. All’inizio sembrerà strano, ma ci si accorgerà che molte cose sul proprio conto non le si era mai notate prima!

Anche in questo caso potrebbe aiutare seguire una scaletta di domande indicative quali: sarebbe capace di lavorare in team? Sotto stress? Le/Gli affideresti un progetto importante? La/Lo vedresti più come un leader o come un dipendente? Qual è il suo approccio alla critica? E al problem solving? Sa gestire il suo tempo? E’ sintetica/o ed efficace? etc.

Parole chiave: umiltà, ascolto e competenza.

 3.    OBIETTIVO

Superata dunque, l’auto indagine preliminare, si è pronti ad individuare e circoscrivere il proprio obiettivo. La sua definizione permetterà di intervenire in maniera più specifica sul Personal Branding, lavorando al fine di customizzarlo sulle opportunità e minacce del contesto di riferimento: analisi del mercato, creazione del prodotto, confezione, prezzo, promozione.

Parole chiave: decisione, determinazione e intraprendenza.

4.       MERCATO

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Compresi chi siamo e dove vogliamo arrivare, ora è necessario interpretare il mercato di riferimento nel quale si vuole andare ad insistere. Se l’obiettivo fosse quello di dar vita ad una start up legata ad una App ad esempio, bisognerà studiare il posizionamento, il target, fare un’analisi S.W.O.T. etc per tracciare la migliore strategia da intraprendere. Ovviamente per ogni singolo obiettivo, si dovrà ricalibrarla per rispondere alle situazioni specifiche. Del resto è evidente la differenza di interlocutori se si sta parlando con un potenziale datore di lavoro o con un cliente ad esempio. E come per i prodotti singoli, così avviene per il prodotto “se stessi” che si vuole “vendere”.

Parole chiave: ambizione, scelta e precisione.

5.    PRODOTTO

Il prodotto qui, diversamente dal marketing tradizionale, sono le persone, siamo noi. Infatti è questa la sede per capire se il lavoro fatto ai punti 1 e 2 ha funzionato o meno. L’oggetto in questione è la sommatoria delle competenze acquisite, delle idee, dei punti di forza, delle debolezze proiettate verso l’evoluzione che si potrà rappresentare di se stessi, quasi come un upgrade. Se si è lavorato bene non ci saranno problemi e quello che si sarà detto di essere, effettivamente saremo.

E’ come se il nostro “acquirente” stesse montando la libreria dell’Ikea e, cimentandosi con fare sospetto, scoprisse passo passo, che tutto quello che aveva visto in esposizione, ora lo  vede materializzarsi fedelmente sotto le sue mani. La libreria siamo noi, con tutte le incertezze che può suscitare un incipit ambizioso, incerto, ma, se coerenti e affidabili, non si regalerà nessuna sorpresa, al contrario si meraviglierà l’altro.

Parole chiave: centrati, obiettivi e  disponibili.

 6.    CONFEZIONE

“L’abito non fa il monaco”. Vero, ma oggi il tempo di avere chiarimenti, chiedere specifiche, analizzare a fondo e indagare a lungo, sono lussi che non ci si può permettere. Ecco perché il dress code ricopre un’importanza strategica ai fini della nostra presentazione, come del resto un prodotto del Discount suscita meno appeal di uno fortemente brandizzato in un retail. Non si parla qui, solamente dell’aspetto fisico (compresa la forma, i vestiti, la cura di se stessi, che ad ogni modo hanno una reale valenza), ma anche di tutti quegli aspetti legati alla prossemica. La Verbalità (comunicare e sapersi comunicare), la Vestibilità (vestirsi e sapersi vestire) e in parte la Visibilità sono elementi imprescindibili per l’allestimento del proprio Personal Branding, proprio come ci suggerisce la Teoria delle 5 V. Prioritarie sono dunque: assertività (saper parlare chiarendo i propri bisogni, senza “calpestare” gli altri), la Vestibilità contestuale e le peculiarità individuali.

Parole chiave: carismatici, educati ed distinti.

 7.    PREZZO

E’ necessaria anche in questo caso una piccola riflessione sul rapporto che si ha con il denaro. Come prima cosa bisogna chiedersi: “cosa rappresenta per me il denaro?” perché questo? perché ci sono persone per le quali il denaro è fonte di gioia e ambizione, altre per le quali esso rappresenta un ostacolo per il proprio lavoro, altre ancora che invece, nemmeno se ne preoccupano. Come in tutte le cose è necessario trovare un equilibrio. Per capire meglio si può vedere quale sia in media il “prezzo” degli altri nella cerchia dei pari e cercare di orientarsi in quella direzione per esaudire la propria ambizione.

Il prezzo però potrebbe corrispondere anche all’ammontare complessivo di denaro che si vorrebbe fosse investito nella nostra idea, ma anche in questo caso, l’analisi preliminare aiuterebbe nel rintracciare la strategia più adatta.

Parole chiave: etica, coerenza e senso degli affari.

 8.    PROMOZIONE

Chi meglio di noi può conoscere il prodotto “noi stessi” che si sta cercando di vendere?? Ormai si conosce nel dettaglio ogni singola caratteristica, da quella più positiva a quella meno condivisa, quindi ora inizia il divertimento! Se fino a qui, si è  affrontato solamente un percorso di analisi e affinamento del  modus operandi, adesso possiamo finalmente sbizzarrirci con creatività e intraprendenza nella comunicazione di  se stessi. L’auto sponsorizzazione quindi, si distribuirà su vari mezzi come il bigliettino da visita, l’account di LinkedIn/Facebook/Twitter, su un eventuale blog, sulle pubbliche relazioni dei post o dal vivo, durante un workshop o attraverso un panel dedicato, attraverso un elevator pitch, etc ma il tutto sempre seguendo le regole precedentemente elencate. Si parla quindi della comunicazione verbale e non, del dress code idoneo, della Visibilità, di cui parlano Riccardo e M. Ludovica Varvelli, impattante,ma anche di rispetto dell’opinione altrui e del così detto “think positive”. Tutte accortezze senza le quali anche l’idea più brillante del mondo non potrebbe nemmeno essere avviata, per non parlare del non successo auspicato, ovvero ta ta ta tan… la frustrazione derivata.

Non può esistere Personal Branding senza community off e, ormai per forza, on line sul lavoro, ma anche nelle relazioni private.

Il claim deve essere: chiari, sintetici, efficaci e memorabili.

 9.    ASCOLTO ATTIVO

Fondamentale per la crescita individuale, l’acquisizione di competenze e per essere ricordati come persone piacevoli dopo un incontro o per essere presentati nuovamente al network di qualche amico/parente/collega è l’ascolto attivo, come trattato in una delle edizioni Il Sole 24 Ore. Colpisce infatti, e per questo viene ricordata/o colei/lui la/il quale riesce durante un incontro di qualsivoglia natura, ad ascoltare, porre domande intelligenti e quindi pertinenti, per poi sintetizzare in poche battute il suo punto di vista. Vero e proprio abstract della propria essenza. All’interno di ogni rapporto comunicativo si possono ritrovare dinamiche teatrali e giochi di ruolo nei quali l’ascoltatrice/tore attiva/o, facendo attenzione al contesto relazionale, riesce a districarsi e se particolarmente abile, anche a dirigere come un regista l’andamento dello stesso, per volgerlo a suo favore.

Parole chiave: attenti, attivi e propositivi.

 10.     ANALISI DEI RISULTATI

Come ultimo passo verso un Personal Branding d’eccezione, c’è l’analisi ex post come verifica e autovalutazione del lavoro svolto. Se c’è stato un colloquio sarà bene inviare una mail o una inbox per rinforzare il ricordo e inviare i propri recapiti, altrimenti se l’incontro è avvenuto con un potenziale partner, è da valutare la possibilità di lasciare un commento con un post all’articolo del blog o chiedere l’amicizia su Facebook, diventerne follower su Twitter o gli inviare il proprio profilo di LinkedIn. Questi sono solamente alcuni esempi di ciò che è possibile  fare una volta tornata/o a casa, ma in ogni caso lo scopo sarà quello di rendervi “memorabili”. Altre considerazioni che sarebbe opportuno verificare sono: l’effettiva sinteticità, le capacità comunicative, l’atteggiamento etc, tutti da “rivedere” per potenziarne gli effetti in caso negativo, per imparare dagli errori in maniera costruttiva e non distruttiva, mentre in quello positivo per premiarsi e fortificare la strategia vincente. Esatto premiarsi. Purtroppo oggi si è maestri nell’alimentare il senso di colpa, ma se si tratta di complimentarsi, di dire “grazie” e vedere i traguardi raggiunti diventiamo tutti improvvisamente miopi. Infatti un altro tassello fondamentale del Personal Branding risiede nella continua formazione sia a livello professionale che relazionale, monitorando le proprie prestazioni e le fonti più accreditate per mantenersi sempre informati su aspetti di cultura generale e settoriali. Aggiornarsi però, non significa necessariamente “schierarsi” con i trend del momento, ma anche di poter spaziare trovando quei due o tre spunti di riflessione comuni che rendono lecito l’engagement del/dei soggetto/i interessati durante un incontro fortuito.

Parole chiave: crescita, opportunità e informazione.

 

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8 COMMENTS

  1. Mi piace molto ed in qualità di Tutor in corsi riservati a Disoccupati in età matura, comunque considerati “troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per la pensione”, penso di proporre Marta Mascolo ai promotori di questi corsi in cui è necessario fornire novità a chi, ancora troppo spesso, perde opportunità perchè ancorato a vecchi schemi nella promozione di sè stesso. Eccellente lo scritto, eccellenti i contenuti !

    • Ti ringrazio. L’obiettivo infatti era proprio quello di mostrare come sia possibile valorizzarsi, a prescindere dagli schemi sociali e dai ruoli condizionanti nostri e degli altri, trasmettendo con entusiamo l’energia per imparare e/o continuare ad apprezzarsi. Perchè mai come in questo periodo, che sarà si di crisi ma anche di start up, è possibile reinventarsi, ricomporsi, ricrearsi da capo per districarsi nei nuovi percorsi creati da un’economia allo sbando. Bisogna però essere obiettivi e trasferire la propria credibilità con sguardo vigile e con i piedi per terra, per “vendersi” nel migliore dei modi a chiunque sia il prescelto. Probabilmente a chi frequenta questi corsi bisogna restituire come prima cosa la credibilità in loro stessi per metterli difronte al fatto che hanno tutte le carte per poter ricominciare, dopodichè renderli abili nella promozione di se stessi e aiutarli ad alimentare i propri sogni così da trasformarli in forza propulsiva dal claim “Volere è potere”.
      Buona fortuna!!

  2. Bravissima Marta, molto ben scritto, attenzione però – sia in modalità on line che off line – al fattore “tempo/fatica” e al fattore “occasioni”, nel senso che:
    – al Personal branding ci si deve lavorare sodo e tutti i giorni (ndr: “l’unico posto dove successo viene prima di sudore è il vocabolario”);
    – non c’è mai una sola occasione nella vita, e, soprattutto, non sono tutte dello stesso livello: il Personal branding deve essere per questo anche “adattivo”, può non essere riconosciuto o può essere strategico non farselo riconoscere (in una data occasione, in un dato periodo).
    E’ bellissimo, poi, per me che sono “vecchietto”, trovare in queste discipline manageriali “innovative”, in mezzo agli “account”, ai “Linkedin”, ai “workshop”, ai “panel dedicati”, agli “elevator pitch”, lo storico: “Ricordate sempre che le bugie hanno le gambe corte!”. Mi pare una sintesi molto efficace della continuità e della manutenzione evolutiva dei comportamenti umani.
    il mio professore di tecnica delle costruzioni, all’università, diceva tutti i giorni: “Ricordate, cari futuri architetti, che l’antico sapeva già tutto!”.
    Tanti auguri Marta e…..ad maiora!
    Bernardo

    • Grazie Bernardo. Condivido perfettamente le tue precisazioni. Assolutamente si, il Personal Branding è un lavoro che ci coinvolge a 360 gradi on e off line, ma sopratutto all’inizio. Infatti chi, come in tutte le cose, intraprende un lavoro di autovalutazione a livello profondo riuscendo a trarne degli assunti di base costanti più una percentuale (per così dire) da rivedere e migliorare continuamente, affronterà sicuramente un periodo iniziale di duro lavoro, ma col tempo l’impegno giornaliero verrà ripagato da quella consapevolezza acquisita, alla quale sarà necessario apportare solamente qualche minuziosa modifica all’occorrenza. Direi perciò che la variabile ” tempo/fatica” si muove in maniera inversamente proporzionale a quella dei “successi”. Certamente la giornata “nera” o quella “indimenticabile” contribuiranno a smentire le statistiche, ma per semplificare direi che le formiche d’inverno sanno cosa mangiare, mentre le cicale purtroppo no!
      Le occasioni nella vita poi, quelle sono davvero imprevedibili. Ecco perchè, per scelta dedicata o per diabolica sfortuna, l’effetto “sorpresa” ci prenderà sempre in contropiede, ma noi dalla nostra, dovremmo aver maturato preventivamente quel savoir faire che ci permetterà lo scernimento di un’eventuale sfoggio o meno delle nostre migliori qualità!

  3. Complimenti. Meditato e centrato. Buon proseguimento
    Ho trovato molto utili anche le parole chiave alla fine di ognuno dei 10 punti. Servono per mettere a fuoco con precisione e aiutano in ulteriori approfondimenti.
    Il personal branding dovrebbero farlo tutti: giovani e non giovani, professionisti e dipendenti, col lavoro o senza lavoro. Purtroppo, nella esperienza quotidiana, si rileva che il comportamento delle persone è spesso lontano anni luce da ciò.

    • Ti ringrazio Angelo!
      Ho cercato di mostrare, con un percorso step by step, come sia possibile per tutti “giovani e non giovani, professionisti e dipendenti, col lavoro o senza lavoro” costruire il proprio Personal Branding. Infatti, non è una pratica settoriale o vincolata da specifici ruoli, ma è prima di tutto un’autoanalisi che permette di fermarsi e ragionare con coscienza su quali siano i propri punti di forza e le proprie debolezze, per incanalarli verso una descrizione di se stessi che realmente ci rappresenti. Infatti, c’è chi ha il dono della “troppa” sintesi, chi invece è più descrittivo, ma per suscitare interesse nell’altro avendo a disposizione solo pochi minuti (ed in questo l’esempio dell’elevator pitch è impareggiabile) serve un asso nella manica. Una specie di biglietto da visita virtuale da poter sfoggiare con il sorriso sulle labbra e sicurezza, all’occorrenza. Per rendere tale concisa virtualizzazione di noi stessi davvero funzionale serve senza dubbio l’esercizio, una mission e una vision ben definite. Alla prossima occasione utile allora, avremo tutto il necessario per “venderci” come unici ed inimitabili senza paura di sbagliare!

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