Alla riforma segue (finalmente) la sostanza. Ancora sulla trasparenza comunicativa

Nel post di due settimane fa me l’ero presa con l’ultima iniziativa made in Formez, la “Trasparenza comunicativa”. La giudicavo male, poiché – questo in sintesi il contenuto del post – mi sembrava fosse un involucro di un concetto privo di spessore. Forma senza contenuto.

Nel frattempo però è successo qualcosa. Alla forma è seguita la sostanza, e per dovere di correttezza ho deciso di scrivere ancora su questo tema, provando a scavare più a fondo per scoprire bene quale sia il contenuto dell’iniziativa, quali siano le prospettive di successo, quali i rischi e quali, infine, le potenzialità.

Trasparenza

Cominciamo dai fatti. Al progetto fanno capo una serie di attori istituzionali, riuniti intorno un Tavolo. Ci sono il Ministero dell’istruzione e dello sviluppo economico, ci sono le Regioni (Lazio, Campania, Abruzzo e Umbria), Ci sono alcuni comuni (Bologna ad esempio) e ci sono anche università e soggetti privati. Un tavolo misto dunque. Ed è un punto a favore dell’iniziativa. Di solito i tavoli di lavoro esclusivamente istituzionali si impantanano nella palude della burocrazia, producono (se arrivano a farlo) documenti voluminosi che nessuno legge, e finiscono per assolvere una sola funzione: dare qualcosa da fare ai componenti. Meglio evitarli. Come è meglio evitare i tavoli solamente privati. Questi solitamente peccano di iperattivismo. Producono rapporti, documenti, position papers. Svolgono indagini, punzecchiano le istituzioni. Ma se non sono riconosciuti dai propri interlocutori pubblici finiscono per non concludere nulla. Meglio allora le soluzioni ibride. Ovviamente la speranza – e vale anche per questo tavolo sulla trasparenza – è che sommino le virtù, non i difetti, delle esperienze pubbliche e private.

Secondo fatto. Lo scopo del tavolo. Da questo punto di vista l’idea della trasparenza comunicativa fa progressi. Fondamentalmente – ma sto semplificando in modo brutale – lo scopo del tavolo dovrebbe essere quello di supportare il lavoro del Responsabile della trasparenza. Avendo lavorato alla costruzione di questo incarico alla Presidenza del Consiglio dei Ministri conosco perfettamente le dinamiche. Il Responsabile per la trasparenza è spesso una persona preparata, competente e dinamica. Esattamente quello di cui ci sarebbe bisogno nelle amministrazioni. Solo che le amministrazioni non lo sanno. E finisce così che questi responsabili si aggirino mesti nei corridoi, inseguendo piccoli adempimenti, quelli necessari a giustificare la loro esistenza, piccola come i messaggi di posta elettronica che inviano ciclicamente, implorando adempimenti che nessuno – o quasi – farà. Divorati dalla cultura dei luoghi in cui lavorano, finiscono per divenirne parte integrante.

Cosa c’entra il tavolo? C’entra eccome. Perché nelle intenzioni dovrebbe mettere in contatto il cittadino, la collettività, con il lavoro del Palazzo. O, se volete, il Tavolo dovrebbe funzionare da grimaldello in due direzioni. A favore della piazza (quella costruttiva) che ha un’occasione in più per entrare nelle stanze dei bottoni (se non proprio in quelle, almeno nell’anticamera). Ed è un grimaldello per il responsabile della trasparenza, chiamato ad agire (anche) in nome del popolo sovrano, incarnato dal tavolo.

Per ora è tutto. Ma come scrivevo la volta precedente c’è una road map, e tanto dovrebbe bastare per verificare se si sta lavorando, come si sta procedendo e cosa c’è da fare. Prendiamola come una promessa. E diamole il credito che si da alla promessa di qualcuno di cui proviamo a fidarci. Che sia la volta buona?

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