Sempre trasparenza, ma comunicativa

C’è una vecchia regola della comunicazione che impone di essere sempre i primi nel dibattito. Per comunicare bene bisogna comportarsi come quel tipo che menava bene, perché lo faceva per primo, sapendo così di farlo due volte. Eccezioni a parte, la regola ha i suoi lati negativi. Uno in particolare: l’obbligo di intervenire per orientare la discussione ti costringe a essere geniale. Se non lo sei puoi tentare comunque, a tuo rischio e pericolo. Sarai stato primo, ma sarai stato banale.

trasparenza_amministrativa_pa-630x300Un caso eccellente – e recente – di banalità è offerto dall’idea di “trasparenza comunicativa”, circolata attraverso il Formez (leggete qui). Trasparenza comunicativa? Trovo sia l’apoteosi del nulla. Il vuoto cosmico. Anzitutto perché, da sola, la parola trasparenza è già un concetto talmente vago da offrire una via di fuga eccellente per chi manca di argomentazioni valide ma è costretto, suo malgrado, a dire qualcosa. Ma soprattutto perché tra le tante cose che può essere la trasparenza (piena, parziale, inapplicata, lacunosa, e via discorrendo) sicuramente non è comunicativa. Non lo è per ragioni semplici. Primo: perché se un’amministrazione è trasparente lo è necessariamente attraverso la propria comunicazione. Per esempio perché pubblica online le retribuzioni del personale. Secondo: perché tutte le volte in cui un’amministrazione prende una decisione che in qualche modo ha un impatto positivo sulla trasparenza potete stare sicuri che porrà la massima attenzione sul fatto che si sappia in giro. Terzo: perché anche se esistesse – e, ripeto, non esiste – una trasparenza puramente comunicativa, sarebbe una trasparenza priva di senso. La comunicazione è un’azione intangibile. La trasparenza è molto concreta. Pesa in funzione del numero di informazioni messe a disposizione del pubblico, ed è “saporita” tanto quanto quelle informazioni sono accurate, facilmente consultabili e aggiornate.

Peccato svilire così il dibattito. Ma è, tutto sommato, un peccato veniale. Mortale, invece, potrebbe essere il peccato di crederci davvero. Staremo a vedere. Per ora c’è una road map per realizzare questa trasparenza comunicativa. Per fortuna è sufficientemente vuota e generica da non destare particolari preoccupazioni. A quanto pare, almeno per il momento, ci terremo la nostra “trasparenza si fa per dire”, che è l’interpretazione italiana del tema. Per il futuro invece staremo a vedere. Hai visto mai che qualcuno ci creda sul serio.

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