AgCom e Webtax: lo strano (e assordante) silenzio di Francesco Caio

Sono stati giorni convulsi e complicati per il futuro dell’innovazione e del digitale nel nostro Paese: da un lato la definitiva approvazione del regolamento AgCom sul diritto d’autore on line, dall’altro la legge di stabilità con la controversa introduzione della Webtax.

 caioSu questi temi non si è concentrato solo il dibattito degli addetti ai lavori, ma – fortunatamente – la discussione si è allargata anche fuori dalla rete (come dimostra il deciso intervento del neosegretario del PD, Matteo Renzi).

Politici, giornalisti, imprenditori, lobbisti, associazioni di consumatori e di categoria, esperti o semplici utenti: in tanti hanno espresso proposte e preoccupazioni. Ma c’è una persona che, finora, invece ha scelto di non intervenire in questa discussione pubblica: si tratta di Francesco Caio, l’uomo chiamato da Enrico Letta a risollevare le sorti della disastrata Agenda Digitale italiana.

Ma Caio non è solo “Mr. Agenda Digitale”, ma – da settembre – ricopre anche l’incarico di Digital Champion” italiano,  ruolo voluto dal Vice Presidente della Commissione UE Kroes per promuovere in ogni Paese la diffusione della cultura del digitale, facendo da collante tra governo, industria e società.

Il silenzio di Caio è quindi assordante e, allo stesso tempo, eloquente.

La domanda nasce spontanea: possibile che il nostro “Campione digitale” non avesse nulla da dire sul tema che ha fatto discutere mezza Italia (e non solo)? Difficile da credere. Più probabile che Caio si sia morso la lingua, invece. Ma perché? Per non mettere in difficoltà il Governo, penserà qualcuno, vista l’intensità che ha raggiunto lo scontro politico sulla Webtax.

Si tratta di una tesi che non convince, visto che Caio si è sempre vantato del fatto che il suo incarico onorifico come Commissario per l’attuazione dell’Agenda Digitale sia un punto di forza che gli consente di essere ancora più indipendente ed efficace.

Certo, se come Commissario può permettersi di limitare il suo intervento ad alcune priorità (quelle su cui l’unità di missione sta alacremente lavorando: fattura elettronica, anagrafe nazionale e identità digitali), nella sua veste di Digital Champion non può restare sordo agli stimoli e alle sollecitazioni che vengono dall’attualità, né rimanere estraneo alla discussione pubblica (come ha fatto finora, scegliendo – ad esempio – di non avere una presenza sul web e sui social media).

Il Digital Champion, innanzitutto, dovrebbe promuovere la cultura del digitale: non solo tra cittadini, imprese e associazioni, ma anche – in questo momento, soprattutto – tra Ministri e Parlamentari. Da anni, infatti, assistiamo a proposte normative liberticide o fuori dalla storia, portate avanti da politici mal consigliati (o spinti da potenti lobby).

webtaxCome Digital Champion, Francesco Caio ha quindi il dovere (proprio in virtù della nomina governativa) di intervenire per far comprendere l’assurdità di alcune proposte e posizioni, oltre che per assicurare un coordinamento con le istituzioni comunitarie. Caio potrebbe chiedere di essere audito dal Parlamento o di organizzare iniziative per illustrare al legislatore alcuni concetti basilari sul funzionamento del web, in modo da evitare di dover correre ai ripari dopo scelte sciagurate.

Scegliere di rimanere silente rispetto a questo dibattito, inoltre, significa lasciare il Paese privo del presidio per difendersi da rigurgiti reazionari che impediscono all’Italia di avere un’evoluta strategia di sviluppo del digitale e la costringono a guardarlo ancora come un futuro di cui avere paura, magari da contrastare per tutelare le rendite di posizione dei soliti noti.

Quello che sembra, quindi, è che Francesco Caio fatichi a distinguere fra i suoi due ruoli: Commissario per l’Agenda Digitale e Digital Champion. Del resto, non è difficile fare confusione, vista la (parziale) coincidenza degli ambiti di attività; ma si tratta di un errore che nessuno, nemmeno Caio, si può permettere.

Mentre il primo è un ruolo di impulso e coordinamento della strategia governativa in materia di innovazione, il secondo consiste nel fare in modo che, a tutti i livelli, vengano sfruttate appieno le potenzialità offerte dal digitale.

Come emerge dagli approfondimenti già pubblicati da TechEconomy,  la nomina a “Digital Champion” non è un’onorificenza per tecnocrati, ma un incarico autonomo che consiste nel fare in modo che “il digitale sia sempre all’ordine del giorno del Governo” e che – conseguentemente – talvolta può comportare prese di posizione critiche rispetto ad iniziative del Parlamento e dell’Esecutivo.

Per non parlare del fatto che non esiste una strategia per la promozione di una cultura del digitale, di cui si avverte ancor più il bisogno dopo la pubblicazione dei dati Istat su “Cittadini e nuove tecnologie”: questi dati dimostrano quanto ancora ci sia da fare per combattere un digital divide che riguarda fette importanti della popolazione e del territorio.

Neanche su questi dati il nostro Digital Champion ha ritenuto di doversi esprimere, dimostrando così di non aver preso ancora piena dimestichezza con il suo nuovo (e forse ancor più difficile) ruolo.

Certo, è sempre preferibile essere prudenti ed è apprezzabile evitare annunci ad effetto se non si sa di poter rispettare gli impegni presi. Ma quella del silenzio non può essere la strategia di un Digital Champion. Non ora. Non in Italia. Come diceva Elie Wiesel, infatti, “il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato”.

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Avvocato, specializzato con lode in Diritto Amministrativo e Scienza dell’Amministrazione. Si occupa, per professione e per passione, di diritto delle nuove tecnologie e di diritto amministrativo. Docente presso l’Università degli Studi della Basilicata, è relatore in convegni, incontri e seminari sulle materie di attività e tiene lezioni in Master Universitari, corsi di formazione e specializzazione. Autore di numerose pubblicazioni (cartacee e digitali) sui temi del Diritto Amministrativo e dell’Information Technology Law, è Vice Direttore del Quotidiano di informazione giuridica “LeggiOggi.it” e componente del Comitato Scientifico della Rivista “E-Gov” di Maggioli. È referente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza presso la Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense (FIIF) e componente del Gruppo di Lavoro per i giovani avvocati del Consiglio Nazionale Forense. È socio fondatore e segretario generale dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione e Presidente dell'Associazione Italiana per l'Open Government; oltre al proprio blog (“Diritto 2.0”), è tra i curatori di "TheNextGov", uno spazio sul sito de "L'espresso" in cui parla di nuove tecnologie e innovazione in ambito pubblico.

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