Il cliente? Non ha più sempre ragione.
Come reagiresti tu se la tua banca, il tuo operatore telefonico, la tua compagnia ferroviaria rispondessero sarcasticamente, se non quasi sgarbatamente, a una tua richiesta di assistenza? O se vedessi che prendono a scherzare sui problemi di altri clienti, proprio sotto i riflettori dei social?
La «ruvida ironia» del «Social Care»: ecco la nuova, inesplorata frontiera del Customer Care Online. Che lascia spiazzati e sorprende, ma colpisce: centra l’obiettivo. Lasciando aperto – anzi, accendendo – la discussione su «se», «perché», «come», «quando».
Proprio su questo ci interrogavamo a proposito del «caso» Tesco Mobile, la compagnia telefonica britannica che un bel giorno «ha cominciato a replicare con scortesia e ironia alle rimostranze di alcuni consumatori», ottenendo un successo inatteso e rivoluzionario: +700% followers su Twitter, +500mila clienti (passati così da 3,5 milioni a 4). È giusto – professionalmente e “moralmente” – utilizzare una simile strategia? Perché dovremmo farlo, da dove nasce un tale successo? In che modo mettere in opera tutto ciò, senza mancare di rispetto al cliente, e in quali occasioni?
Te la sentiresti, insomma, di aver il coraggio di scherzare un po’ con l’interlocutore? E tu, soprattutto, dall’altra parte della barricata come reagiresti?
La discussione in questi giorni è infiammata su blog, forum, social network. «È un rischio, si è sempre in bilico e bisogna lavorarci con molta attenzione», segnala Francesco Rende in una conversazione su Facebook: «si rischia di passare in un attimo dalla simpatia al fail, e sono tanti quelli che non attendono altro che uno scivolone». Una «condotta unfair» che resta comunque «una tendenza da analizzare». Anche perché «una cosa è avere personalità, l’altra è farci coinvolgere dai troll», incalza Gabriele Persi. «La linea è sottile e la puoi gestire SOLO se il CM è intelligente. Altrimenti rischi una brutta figura». In ogni caso, anche ammesso che questa sia una strategia vincente, la domanda resta. «Fin dove ci si può spingere in Italia?», ci si chiede. «La cultura digitale italiana è pronta a comportamenti di questo tipo?». E la risposta è «ancora no. Siamo indietro rispetto a molti altri Paesi». In un caso del genere, probabilmente, saremmo corsi ad appicicargli l’etichetta di «fail», banalizzando frettolosamente la strategia. Che però desta «curiosità», interesse, tanto da esser definita «fantastica», ideale per «un’azienda piccola e abituata a toni scanzonati» Benché si ricordi sempre, come fa Alessio Proietti, che «questo tipo di azioni sono più facilmente attuabili in USA, dove la comunicazione è meno ingessata».
Che cosa ne pensa chi questo caso l’ha sollevato studiandolo scientificamente? «Questo atteggiamento antipatico ha permesso di soddisfare uno dei bisogni critici degli utenti su Twitter, quello di divertimento», spiega Gaia Rubera, docente di Marketing alla Bocconi di Milano. «La strategia di Tesco Mobile è stata sacrificare la relazione, peraltro già compromessa, con il singolo cliente insoddisfatto, nel tentativo di attirare quanti più utenti Twitter possibili sul suo account».
Molti hanno iniziato infatti a seguire l’azienda su social solo per poter assistere allo spettacolo delle sue battute ironiche. «Seguo Tesco Mobile solo per il loro stile scherzoso», scrive un’utente. «Brillante, mi piace quando c’è un po’ di personalità dietro a un marchio», aggiunge un altro. E c’è anche chi fa il paragone con la concorrenza: «Lo stile “Sono spiacente, come posso aiutarla?” di molte compagnie mi fa passare la voglia di parlare con loro». Proprio in questo modo, una foltissima platea di consumatori – che mai probabilmente sarebbero stati altrimenti “ingaggiati” – è entrata in contatto coi prodotti e servizi offerti dal marchio: e da clienti potenziali, poi, in centinaia di migliaia si sono trasformati in “reali”, clienti offline “paganti” dell’azienda. Il «ROI» qui è evidente.
E non è il solo caso di strategie “alternative” di Social Media Marketing. Altrettanto significative, come spiega altrove la Rubera, sono le «aziende che twittano alle aziende»: come fatto da Honda, in occasione del lancio del «primo sistema di aspirapolvere integrato all’interno di un’automobile». Come da filosofia della campagna di lancio, ben espressa in questo video, dall’account di Honda partono una serie di «tweet ironici» indirizzati ai marchi di merendine, biscotti e tutti i vari prodotti che, generalmente, si usano in auto e inevitabilmente vanno a sporcarne i sedili. «Ehi, guarda che d’ora in poi avrai tempi duri sui sedili della macchina», recitavano più o meno i cinguettii: «c’è la nostra nuova aspirapolvere!». I Brand menzionati non si sono mostrati meno perspicaci, prendendo a rispondere alla Honda a tono. Oreo, nota azienda di biscotti super golosi, potenziali “vittime” della “aspirapolvere killer”, se ne esce: «Ehi, @Honda. La prossima volta, prova a succhiare qualcosa della tua taglia! «#MegaStuf». Allegata, una foto che mostra un biscotto della casa produttrice decisamente troppo grande per essere “risucchiato” e spazzato via dall’aspirapolvere. «.@Oreo Abbiamo ricordato le impostazioni di #MegaStuf?», ribatte Honda, mostrando in foto come la sua aspirapolvere sia in grado di risucchiare tutto, ma proprio tutto. Allo stesso modo Hellmann’s ribatte così alle provocazioni: «Ehi @Honda – i nostri sandwich al bacon, lattuga e pomodoro sono così deliziosi – non ne resta neanche una di briciole da spazzar via! #ooosnap #couldntresist». E Honda: «Vorrà dire allora che lo risucchieremo proprio dalle mani della gente 🙂 @Hellmanns». E vai di foto con aspirapolvere che si pappa in un sol boccone il sandwich.
Potremmo continuare a lungo: la notizia ha fatto davvero scalpore. La strategia è però già chiara e doppiamente furba. Da un lato si vanno a sfruttare «le potenzialità di Twitter, a costo zero», incrementando esponenzialmente la visibilità dei propri tweet. Quando un Brand “tagga”, menziona un altro Brand, si rende visibile anche ai follower dell’altro, e viceversa nella risposta del secondo al primo. Entrambi i marchi moltiplicano così la propria Reach: Honda ha calcolato che il suo tweet originario di lancio con menzioni alle altre compagnie «è stato visto da circa 20 milioni di consumatori». Una strategia, questa di «interazione tra marchi», «altamente innovativa e vincente per tutte le marche coinvolte nello scambio», spiega la Rubera. Che però a poco varrebbe senza quel tono scherzoso, ironico, giocoso – ai limiti della neanche troppo bonaria “presa in giro” – tra aziende che, quasi mai visto non solo in Italia, ma anche negli USA fino allo scorso anno, attrae come una calamita l’attenzione del pubblico ed aumenta esponenzialmente la platea di follower. Se l’astuzia tecnica mette in campo una possibilità, insomma, il tono la attua, la realizza: e i consumatori che hanno iniziato a vedere certi Brand sul loro palcoscenico social, si lasciano ingaggiare dallo spettacolo e scelgono di divenire pubblico attivo, spesso pagante – clienti “veri”, insomma, offline.
E tu, allora, come reagiresti? Rilancio la domanda di sette giorni fa. Cosa penseresti di un Brand che, anziché stendersi a tappeto pronto a esaudire ogni desiderio del cliente, o a rispettare le regole formali di diplomatica cortesia in pieno stile Netiquette nei confronti di altri marchi, iniziasse una singolare, ironica «tenzone» a colpi di motti e battute, come farebbe un amico per scherzo (più o meno pesante)?… Saresti pronto a reagire a tono? Saresti pronto a metterti in gioco?
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