Wearable device: saranno disruptive? Forse, ma per Evernote c’è ancora molto da capire

Più disruptive di quanto siano stati stati smartphone e tablet”. Così Philip Libin, CEO di Evernote, vede i wearable device, oggetti intelligenti che sempre di più interagiranno con le persone e con il mondo circostante realizzando gran parte di quello scenario del futuro che è l’Internet of Everything.

Damian Mehers
Damian Mehers è Senior Software Engineer di Evernote.

Siamo davvero di fronte ad una vera e propria rivoluzione per cui Google Glass, smartwatch e polsiere da fitness, cambieranno il modo con cui viviamo e le imprese tech faranno business? Il mercato è molto promettente al momento ma non possiamo dimenticare che oggi i wearable device, e con essi chi li produce, stanno anticipano dei trend. Certamente i device indossabili possono cambiare lavoro e prospettive commerciali di molte imprese, ci spiega Damian Mehers, Senior Software Engineer di Evernote, ma “è ancora molto presto, non sappiamo di preciso che cosa potremo fare con i wearable e come verranno usati dalle persone.” Quella che stiamo vivendo è una fase di studio, che aiuta a capire “cosa le persone potranno fare davvero con essi.” In sostanza stiamo oggi “imparando” a capire, anche attraverso i riscontri del business “come tali oggetti possano aiutare le persone.”

Ma come potrebbero cambiare le cose? Da un punto di vista pratico con i wearable device, ci dice Mehers, non dovremo più preoccuparci di “guardare costantemente i nostro smartphone, per controllare, Facebook, tweet o e-mail,” mentre oggi siamo “sprofondati in essi”. Avere uno smartwatch al polso, ad esempio, potrebbe cambiare modello di uso e intercettare una esigenza non da poco, ovvero quella di “poter decidere se quello che compare sul polsi sia qualcosa che valga la pena di leggere oppure no”. Se sia questo quello di cui abbiamo bisogno è un’altra storia, ma i wearable “danno l’opportunità di scegliere, senza vincoli. Si assisterà a un lento slittamento nella percezione, e quindi nell’uso, dei wearable device.”
In questo senso non esiste oggi un device indossabile perfetto: ogni wearable oggi fa bene cose che altri non fanno ma l’ottica verso cui lavorare sarà quella della convergenza.

In questo stimolante contesto Evernote sta lavorando allo sviluppo di app per il Samsung Galaxy Gear e Android Wear. “L’obiettivo di Evernote è da sempre quello di essere disponibile ovunque: pc, telefonia mobile, etc… ed ha quindi molto senso entrare nel mondo dei wearable perché si tratta di un altro canale promettente con cui realizzare tale ambizione.” spiega Mehers. Sono infatti ottimi per ricevere ma anche per creare note e averle sempre a portata di mano. Pensiamo a quello che fanno i Glass: “è facile dare un comando vocale e annotare un pensiero, un’ idea.” E in prospettiva i device possono essere per Evernote “un modo per presentare le informazioni dei singoli account in base ai contatti.”  Non a caso l’azienda pone molta attenzione a come “poter rendere le persone più intelligenti dando loro le giuste informazioni.” Ovviando a quella frequente situazione percui spesso ci si dimentica di ciò che è annotato su Evernote anche si tratta di risorse potenzialmente utili e di valore che possono arricchire gli utenti quando ne hanno davvero bisogno.

Device indossabili capaci di entrare nella vita delle persone tanto da essere quasi naturali loro estensioni. E’ uno scenario poi così lontano? Probabilmente no e forse non manca poi così tanto dal realizzare la fantascientifica visione di oggetti sottocutanei in grado di monitorare nel profondo la salute di tutti noi. “Non è poi così al limite, come immagine.” Conclude David Mahers “In fondo anche i paecemaker hanno la stessa funzione” e oggi nessuno si sognerebbe di storcere il naso davanti a un device salvavita.

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