Il governo turco ha approvato un’ulteriore stretta sul controllo di internet. Il disegno di legge, promosso in questo ore dal parlamento, prevede la reintroduzione di alcune disposizione rimosse dalla legge precedente su iniziativa dell’allora capo dello stato Abudallah Gul e inasprisce una serie di restrizioni già approvate a marzo.
La normativa infatti consentiva al presidente delle autorità delle comunicazioni, nominato dal governo, di chiudere un sito web o di bloccare la pubblicazione dei contenuti anche senza una sentenza giudiziaria. Una decisione, questa però, che nei mesi successivi, su pressione del presidente Gul, contemplava la conferma di un giudice. Nonostante i cambiamenti avvenuti nei mesi successivi, l’opinione pubblica interna e internazionale aveva espresso preoccupazione per la libertà di parola.
Con le modifiche delle ultime ore, la nuova legge amplia però questi poteri censori, permettendo all’autorità per le telecomunicazioni di bloccare i siti, se ciò è ritenuto necessario per questioni di “sicurezza nazionale, il ripristino dell’ordine pubblico e la prevenzione dei crimini”. Inoltre le nuove disposizioni permettono all’autorità di raccogliere e conservare i dati sul traffico web degli utenti e le cronologie di navigazione senza un ordine preciso emesso da un tribunale.
Le leggi emanate a marzo erano state approvate dopo la pubblicazione di alcune rivelazioni compromettenti del premier islamico Erdogan, coinvolto in uno scandalo di corruzione insieme ad alcuni dei suoi più stretti collaboratori. In seguito il governo turco aveva bloccato l’accesso a Twitter e Youtube, sciolto in parte nei mesi seguenti sull’onda dell’indignazione internazionale. Ma ad oggi le norme restrittive sul web e i social media sembrano tornare più forti di prima.
Il testo della nuova legge, che deve ora essere approvato dal nuovo presidente Erdogan (vincitore delle elezioni presidenziali di agosto), hanno l’obiettivo di evitare ritardi contro le violazioni della sicurezza nazionale e le minacce all’ordine pubblico: motivazioni troppo generiche e imprecise, secondo il partito di opposizione che teme l’applicazione di pratiche arbitrarie e un potere eccessivo nelle mani dell’autorità per le comunicazioni.
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