Mobile Payment: M-Pesa, la lezione che viene da Africa e India

M-Pesa

Esistono all’interno del mercato del Mobile Payment vari rami e “famiglie” di servizi: la dicotomia più grande è quella tra “mobile proximity payment” e “mobile remote payment”. La differenza tra i due modelli è che il prima riguarda i pagamenti in prossimità, ovvero per effettuare la transazione è necessario uno smartphone con un sensore che viene letto tramite la vicinanza, mentre l’altro permette il pagamento anche a distanza. Il modello di servizio “M-Pesa” appartiene a questa seconda categoria e ha cambiato il modo di effettuare transazioni in molti paesi in via di sviluppo.

Di cosa stiamo parlando e come funziona

M-Pesa, sviluppato nel 2007 da Vodafone per Vodacom e Safaricom (i più grandi operatori telefonici in Kenya e in Tanzania), è un servizio di micro-finanziamento e di trasferimento di denaro che funziona attraverso i telefoni cellulari, particolarmente interessante e ampiamente diffuso nei paesi in via di sviluppo. Il suo nome deriva dalla fusione di Mobile (“M”) e “denaro” in lingua Swahili (“Pesa”).
Il sistema di funzionamento è semplice quanto efficace: attraverso una rete di agenti dislocati sul territorio, gli utenti possono acquistare credito (chiamato “e-float”) o convertirlo in denaro contante; il credito si scambia tra gli utenti attraverso un sistema di SMS che traccia le entrate e le uscite; per la registrazione del servizio presso gli agenti basta semplicemente un documento valido e si potranno cominciare immediatamente le transazioni tra utenti.
I clienti di M-Pesa possono svolgere un numero considerevole di operazioni utilizzando un semplice SMS: trasferire denaro tra utenti e registrati e tra un utente registrato e uno non registrato; pagare le bollette dei consumi domestici; trasferire il credito dal telefono ad un conto bancario (anche se ancora non in tutti i paesi in cui il sistema è diffuso).

La crescita

Nel dettaglio il servizio, come si può osservare dalle slide che ha ufficialmente diffuso Safaricom, ha conosciuto un forte aumento di utilizzo da parte degli utenti tra il 2011 e il 2014. In particolare il volume degli SMS utilizzati per i servizi sono aumentati da 7,65 milioni a 11,72 milioni, arrivando quasi a raddoppiare la propria consistenza d’uso.

Sul Sole 24 Ore Guiomar Parada spiega che “M-Pesa è un mezzo sicuro per trasferire rimesse e denaro tra privati e per pagare ogni cosa: dalle bollette alle tasse, al trasporto, ai beni di consumo quotidiani. Per chi lavora, il cellulare, anche se non sofisticato, assolve alle funzioni di ufficio. In Kenya è utilizzato dal 83% della popolazione adulta e un 30% del Pil, più di 13 miliardi di dollari Usa, sono transazioni M-Pesa”. Un volume gigantesco.

Purtroppo però non è un modello esente da rischi. Come scrive Luigi dell’Olio sempre su Il Sole 24 Ore, il sistema non è del tutto immune da minacce, a cominciare dalle truffe o dai tentativi di truffe. Anche se in questo caso i rischi sono mitigati dal fatto che i contanti memorizzati sulla sim card del telefono corrispondono a liquidità detenute nelle banche, riducendo il rischio per i consumatori di perdere i loro contanti nel caso in cui la società dovesse fallire. Inoltre le transazioni sono tracciate, riducendo il rischio di riciclaggio di denaro. Mentre permangono i rischi associati all’uso del sistema da parte di criminali o all’utilizzato di M-Pesa per sfruttare gli “analfabeti della finanza”.

Un modello da esportare

L’efficacia del modello, che  ha rivoluzionato il concetto di servizio bancario nel Subcontinente Indiano e in Africa e che nei mercati emergenti è considerata del tutto e per tutto una moneta digitale, è dimostrata dai tanti paesi che l’anno adottata e implementata. In Africa M-Pesa è presente in Tanzania, Egitto, Lesotho e Mozambico ma è in Kenya che il sistema si è sviluppato di più. E poi  si è rapidamente diffuso anche in Afghanistan, India, Sud Africa e di recente nell’Europa dell’est, approdando in Romania nella prima metà del 2014. Non a caso un paese dove più di un terzo della popolazione non ha accesso ai servizi bancari tradizionali. E il modello è stato anche oggetto di studio e analisi da parte di esperti che hanno dato conto di  un sistema concepito per transazioni semplici che è evoluto progressivamente in una piattaforma a supporto di transazioni finanziare più complesse.

Questa è una delle best practice più rappresentative nel mondo del “mobile remote payment” che, nonostante sia un servizio diffuso già da anni, non conosce arresti e continua a crescere e ad espandersi in molti paesi. Aldilà dei fattori di rischio, quello che possiamo imparare da questo modello è che attraverso un’attenta analisi dei bisogni un servizio che in apparenza presenta poche potenzialità, in realtà può trasformarsi in un modello di servizio diffuso ad alta reddititvità.

 

 

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