Connected car, guida autonoma e sicurezza: quando l’#IoE scende in strada

Duecento cinquanta milioni di veicoli dotati di almeno un dispositivo di connessione a bordo saranno su strada entro il 2020. La previsione è formulata da Gartner, che afferma come alla fine del prossimo lustro almeno un’auto su cinque potrà essere definita connected car. La rete, quindi, sarà ampiamente presente a bordo degli autoveicoli e, si spera, all’interno di un tessuto urbano che proprio grazie alla rete potrà dialogare con le vetture e migliorare la sicurezza delle strade delle Smart City del futuro.

Anche la domanda sembra “pronta” ad accogliere le vetture connesse: secondo alcune ricerche il 70% degli intervistati si dichiara interessato alle smart car del futuro. E le attese rispetto alle funzionalità delle automobili intelligenti non sono basse: l’80% ha dichiarato che si aspetta di poter trovare nelle auto la stessa “esperienza di connettività” che sperimenta con la banda larga domestica e su mobile, ma soprattutto strumenti di diagnostica, con il 73% degli intervistati che dichiara di aspettarsi di poter controllare lo stato di “salute” delle macchine sui device mobili soprattutto prima e durante viaggi lunghi. Gli utenti sono anche interessati a come le auto possano permettere di sottoscrivere assicurazioni ad hoc basate sull’utilizzo e, naturalmente, sono attenti alla qualità della navigazione offerta alle informazioni sul traffico in tempo reale.

L’internet of Everything, quindi, con le macchine connesse è un passo più vicino alla sua realizzazione. Ma di cosa parliamo quando ci riferiamo al mondo delle macchine connesse e quali sono i principali nodi da risolvere?

Self driving car e automobili connesse

Connected-CarsE’ l’idea della macchina del futuro che Google, e non solo il colosso Usa, stanno rendendo sempre meno fantascienza grazie a investimenti e prototipi che promettono di cambiare il modo con cui ci si sposta su strada. Non accadrà certamente domani ma secondo gli analisti del settore automobilistico IHS Automotive, le auto completamente autonome raggiungeranno il mercato nel 2025 e in 10 anni raggiungerà livelli di vendita pari a 11,8 milioni di unità.
Prescindendo dalla Google Car, anche le case automobilistiche propriamente dette, ovvero i veri attori della trasformazione, puntano sulla guida autonoma: Mercedes-Benz allo scorso Ces di Las Vegas ha svelato il suo F 015 “Luxury in Motion”, un nuovo prototipo di auto che si guida da sola, ma anche Audi con un veicolo partito da San Francisco e controllato in remoto fino a Las Vegas, nei pressi dell’esposizione. Bosh, invece, mira ancora più in alto e punta a far sbarcare il suo modello di macchina autonoma in strada già quest’anno.

Oltre al movimento automatizzato grazie a sistemi integrati e alla capacità di comunicare con la rete, sarà presto possibile andare oltre: dalla collaborazione tra Qualcomm e Cadillac, dovrebbe ad esempio scaturire una vera e propria autovettura intelligente basata su Android, capace non solo di gestire multimedialità e telefonate, ma anche azioni complesse come interpretare lo stile di guida, riconoscere eventuali movimenti bruschi o inattesi e mettendo in relazione eventuali cambi di direzione con le indicazioni provenienti dalla strada. E poi ancora infotainment e telemetria con, ad esempio, Dragon Drive, nuovo sistema della Nuance che permette, tramite app, accedere ai contenuti e servizi da condivide con la “macchina” attraverso l’interazione vocale. E’ un esempio, ha spiegato Jeffrey Hannah, direttore della ricerca sull’automotive di Nuance della “prossima frontiera dell’auto connessa: la contestualizzazione e personalizzazione dei contenuti.”

Che si tratti di veicoli che, grazie alla connettività diffusa si muoveranno senza conducente sulle strade o macchine intelligenti con cui accedere a notizie o consultare i social media o, ancora, sistemi di realtà aumentata a miglioramento della qualità della guida, quello che è certo è che il fine ultimo delle macchine interconnesse è contribuire a realizzare un “ambiente” connesso dentro e fuori l’abitacolo. Che “parli”, con la lingua dei dati, ai conducenti, ai pedoni e alle istituzioni a presidio del territorio. Ma come?

I fattori abilitanti per il mercato delle auto connesse

connectedcar-logoIl primo passo da compiere per sbloccare il valore delle macchine connesse nel panorama dell’IoE è, ovviamente, aggiungere connettività, spiega Andreas Mai, Director, Smart Connected Vehicles di Cisco. E su questo fronte molte cose si stanno muovendo: secondo alcuni dati negli Stati Uniti il 35% di tutte le nuove auto sono dotate di unità di connettività al loro interno. Il numero corrispondente in Europa è pari al 25%, e 10% per il resto del mondo. Nel 2020, la proiezione è l’80% negli Stati Uniti, il 50% in Europa e il 30% per il resto del mondo. Il secondo fattore chiama in causa l’intero comparto degli original equipment manifacturer, dei produttori di autoveicoli: le macchine connesse non sono solo una questione di veicoli, ormai, ma anche di software: pertanto, spiega Mai. “Quello che serve sempre più è la stretta collaborazione tra produttori, supplier, produttori/fornitori di tecnologie e anche agenzie governative” che insieme lavorino all’obiettivo di fornire applicazioni e servizi virtuali con una alta esperienza utente. Il terzo fattore è legato, infine, ai big data: servono partnership e sistemi di analisi efficienti per gestire la mole di dati che passa attraverso i sistemi delle auto connesse. “La realizzazione della Internet of cars consentirà di migliorare il livello di sicurezza stradale, di ridurre la congestione da traffico di autoveicoli e di fornire agli automobilisti servizi innovativi. Tutto questo comporterà una trasformazione dei modelli di business non solo dei produttori di automobili, ma anche delle aziende dell’indotto e di altri settori, come le compagnie assicurative, cambiando il contesto competitivo e offrendo nuove opportunità” commenta Gianmatteo Manghi direttore commerciale Enterprise e PA, Cisco Italia.

Il nodo della sicurezza

Il recente incidente occorso a BMW, una delle prime case automobilistiche a impegnarsi sul tema delle connected car, ha portato alla ribalta mondiale il tema della sicurezza applicata agli oggetti intelligenti, in questo caso delle automobili. La casa automobilistica, infatti, ha scoperto una falla di sicurezza in uno dei sistemi più pubblicizzati, il BMW ConnectedDrive, un accentratore di funzioni che agevola il guidatore nell’accesso ad una moltitudine di contenuti ed applicazioni. Un tema non da poco che Mai spiega così: “Il problema è che i veicoli non sono stati progettati per la sicurezza. Per questo serve sinergia tra le diverse industry, proprio per affrontare questi problemi”. Se è vero che c’è sempre più software nei veicoli moderni, è anche vero che eventuali malfunzionamenti devono poter essere sanati anche dopo la vendita degli autoveicoli. E la grande sfida è riuscire a gestire tali aggiornamenti in remoto senza rischi per la sicurezza e senza rischiare interferenze o manomissioni da parte di eventuali attaccanti.

Collaborazione tra attori diversi della filiera, big data ma soprattutto attenzione alla sicurezza: questi i temi attorno ai quali già si gioca la partita dell’Internet of Everything applicata all’automotive. Lo ha ribadito anche quest’anno l’#IoEForumIta organizzato da Cisco Italia a Milano: l’automotive, e con esso le dinamiche legate allo sviluppo del territorio intelligente, sono opportunità per le singole industry ma anche per la Pubblica amministrazione. Il tema della sicurezza è certamente il nodo centrale per l’IoT, che si parli di auto o di domotica. Ma questo aspetto non può in alcun modo impedire l’innovazione: al contrario, vanno studiate sinergie e sistemi che permettono di rendere le macchine connesse più sicure in un bilanciamento tra i rischi e benefici: guardare alle tante opportunità dell’IoE sull’automotive e lavorare sui rischi per minimizzarli.

 

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