Piccolo non è bello

Ieri si sono riuniti a Roma i principali Internet Service Provider italiani per il convegno annuale dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider). La cornice del Tempio di Adriano, l’Imperatore del consolidamento dei confini dell’Impero romano all’apice della sua potenza, è un luogo magico che in fondo riassume tutte le potenzialità e le contraddizioni del nostro Paese. Un Paese dal passato glorioso, ma ancora alla ricerca di un futuro sostenibile, anche dal punto di vista digitale.

Bandiera-italiaPiccola Italia. La retorica vuole che si parta dal posizionamento dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei, con l’esito scontato, visto che siamo inchiodati in fondo alle classifiche, sostanzialmente su tutti gli aspetti rilevanti per la competitività digitale. Più preoccupante scoprire che lo sviluppo inerziale ci porterebbe   al raggiungimento degli obiettivi europei con tre, cinque anni di ritardo e in alcuni casi un orizzonte ancora più remoto. Una rincorsa infinita che richiede un impegno straordinario.

Bilanci. Gli Internet Provider non vivono su Marte e, quindi, pagano le conseguenze di un clima congiunturale e una situazione strutturale ormai deteriorati, ma colpisce la capacità di innovazione di una fascia intermedia di attori, che presentano parametri di redditività tuttora interessanti. Osservando più da vicino questi casi di successo, si copre come siano modelli imprenditoriali simili, ma in fondo diversi uno dall’altro. In comune hanno la capacità di conciliare investimenti infrastrutturali e innovazione di servizio, ma anche la capacità di diffondere l’innovazione nel tessuto delle Piccole e Medie Imprese, universo al quale di fatto appartengono essi stessi. Più critica è la situazione degli attori marginali che devono inevitabilmente essere oggetto di aggregazione, ovvero rischiano l’estinzione. Innovazione di prossimità.

Regole e Politiche. Siamo il Paese dei tre gradi di giudizio e, quindi, non ci dobbiamo stupire del livello di conflittualità regolamentare che ci contraddistingue. Mentre si cerca di definire un quadro regolatorio stabile per il futuro, si rimane alle prese con decisioni passate da rivedere e aggiustare per effetto di contenziosi mai sopiti o di valutazioni da riesaminare. La modifica dei mercati da regolamentare ex-ante provoca un’ulteriore discontinuità che richiede di considerare con particolare attenzione l’inclusione o meno di servizi che sembrano sempre più direttamente sostituibili, così come la definizione di rimedi che tengano conto di specificità concorrenziali territoriali. La regolamentazione si interseca poi con la politica, quella industriale, e non necessariamente in modo sincrono. Inoltre, dovranno inevitabilmente cambiare le competenze e i confini delle responsabilità tra i diversi attori istituzionali, ma, ancora più rilevante, è l’analisi del contesto competitivo, che non si esaurisce con la dicotomia tra Over The Top e operatori di telecomunicazioni. Il cuore del problema rimane come stimolare contemporaneamente investimenti, innovazione e concorrenza. La pietra filosofale.

Cahier de doléances. Il proprietario della principale infrastruttura di telecomunicazioni, Telecom Italia, rimane necessariamente il primo fornitore della maggior parte degli Internet Provider. La sedimentazione di servizi e processi ha ormai portato ad un sistema informativo estremamente complesso e articolato, che fatica oggi a gestire la nuova discontinuità rappresentata dai servizi abilitati dalle reti di nuova generazione. Semplificazione e riorganizzazione sono spesso la base per garantire efficacia e efficienza dei processi. L’evoluzione tecnologica richiede, inoltre, di affrontare in modo innovativo la qualità del servizio, in tutte le sue sfumature di Quality of Service e Quality of Experience, con la conseguente richiesta di poter disporre di un’estrema flessibilità nella configurazione del servizio al cliente finale. Cinquanta sfumature di servizio.

banda larga

Progetti e Progetti. Tra le tante richieste dell’Europa, a maggior ragione in vista della programmazione 2014-2020, spiccava la necessità di piani organici e del coordinamento tra i vari attori. I nuovi piani per il digitale, ormai ampiamente noti, rispondono innanzitutto a questa esigenza. I fondi quindi, anche se con una distribuzione temporale da assestare, ci sono o, meglio, saranno. Entrambi gli impianti sono molto articolati e la strumentazione è ricca, al punto che da Bruxelles arriva la richiesta di comprendere meglio meccanismi e modalità, a cominciare dai nuovi strumenti per la defiscalizzazione e i voucher, per arrivare alla loro applicazione territoriale nell’ambito di cluster che devono, inevitabilmente essere definiti sulla base del contesto concorrenziale e non solo di aspetti tecnico-economici. I cantieri sui servizi possono sembrare un edificio barocco, che necessita di un coordinamento, sia interno alle Amministrazioni che tra di loro, per garantire l’attuazione di obiettivi che, spesso, sono chiari. L’esistenza di un modello di riferimento e l’attenzione al riuso delle esperienze sono altrettante condizioni che possono agevolare il percorso di innovazione digitale. Se è difficile sincronizzare le iniziative sul pubblico, non stupisce che l’innesco di un circolo virtuoso per l’innovazione digitale nelle imprese sia ancora più complesso. Gli effetti indiretti dei progetti pubblici sono importanti (l’innovation by law rimane una necessità per l’Italia), ma non sufficienti per innescare un diffuso processo di innovazione digitale nelle imprese. Smart cities e smart communities sembrano il terreno elettivo per integrare le diverse opportunità. Innovazione in cerca di autore.

Nuove reti e bandi. Rimane alto l’interesse nei confronti di quella che è diventata la “fidanzata che tutti vorrebbero”, vale a dire Metroweb. Metroweb rappresenta un modello che ha dimostrato il suo potenziale in  una realtà come Milano, ma si sta sviluppando più lentamente di quanto inizialmente previsto, in attesa di comprendere meglio quali saranno equilibri e condizioni, anche regolamentari e normative, future. Se è chiaro che la duplicazione delle infrastrutture in fibra capillari è priva di senso, il coordinamento delle diverse iniziative diventa uno snodo assolutamente chiave.  Dal lato dei finanziamenti pubblici, in attesa di nuovi bandi, che richiedono però l’assestamento della nuova strategia e dei relativi strumenti, i cantieri già attivati proseguono, con l’effetto di abilitare in alcune regioni oltre il 50% della popolazione, entro la fine dell’anno prossimo.  Le gare vinte sui bandi banda larga da NGI e il recente caso di INTRED sulla banda ultra larga, dimostrano che può esserci anche un ruolo per  gli operatori minori. Rimane però il problema di risorse disponibili, che non tengono conto della distribuzione territoriale delle aree a fallimento di mercato, presenti in modo diffuso in tutte le regioni.  Il divario delle risorse.

Scorporare o non scorporare. Lo potevamo fare, l’avrei fatto, l’avevamo proposto. Siamo quasi tutti d’accordo nell’affermare che il modello dell’elettricità e del gas si poteva probabilmente applicare alle telecomunicazioni. Venti anni fa però. Le opzioni attuali sono note e tutte difficilmente perseguibili per una serie di veti incrociati. Intanto si susseguono gli annunci di piani privati, che saranno selettivi, ma saranno. Come ha fatto notare qualcuno, al di là di interminabili dibattiti, qualche cosa si muove, nella direzione che corrisponde ai propri obiettivi strategici. Coordinare e negoziare in corsa.

Un Paese che cerca di crescere.

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