Diritto all’oblio: Uk ordina a Google di rimuovere anche i link ai nuovi articoli sulle rimozioni

L’Information Commissioner’s Office del Governo Britannico ha ordinato a Google di rimuovere nove link che puntano a nuovi articoli che descrivono nel dettaglio il processo di eliminazione di vecchie storie, esse stesse già rimosse dal motore di ricerca per effetto del cosiddetto “diritto all’oblio”. Secondo il Guardian, il motore di ricerca ha già eliminato i link relativi a commenti e articoli che descrivono reati vecchi di dieci anni commessi da un cittadino Ue, che di fatto ha gettato i presupposti per la rivendicazione del diritto all’oblio. Ma il problema è che proprio la rimozione di questi link dai risultati di ricerca di Google ha dato origine a nuovi post e nuovi articoli indicizzati da Google il cui oggetto è la rimozione stessa (con relativi dettagli dei reati).

Sembra un gioco di scatole cinesi o di matriosche, ma, di fatto, allo stato attuale secondo il Governo britannico Google dovrebbe rimuovere dai risultati di ricerca i link che puntano ad articoli i quali descrivono i dettagli delle rimozioni precedenti. Google ha rifiutato l’ordine di rimozione dei link che puntano a questi articoli successivi, sostenendo che si tratta di notizie recenti e che sono di pubblico interesse.

Il Vice Commissario David Smith ha dichiarato al Guardian che “la sentenza del tribunale europeo dello scorso anno è stata chiara sul fatto che i link che vengono restituiti digitando il nome di una persona sono soggetti a regole di protezione dei dati. Questo significa che i collegamenti in questione non devono includere informazioni personali che non sono più rilevanti”.

Come molti ricorderanno, infatti, il 13 maggio 2014 la Corte Europea ha sancito la messa in atto del diritto all’oblio all’interno dei paesi che fanno parte della Comunità Europea. In particolare, il testo recita: “il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi”. In pratica, Google è responsabile di dati che non ha “maneggiato” in prima persona ma semplicemente “indicizzato” attraverso il proprio algoritmo: gli utenti da quel giorno possono, infatti, chiederne la rimozione direttamente al colosso di Mountain View.

Alla luce di questo, per L’Information Commissioner’s Office ora Google ha 35 giorni di tempo (a partire dal 18 agosto) per rimuovere i link da suoi risultati di ricerca ma la società ha ancora il diritto di ricorrere alla General Regulatory Chamber per cercare di respingere l’ordine del Governo.

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