Alfabeto Open: T come Trashware

“I nostri sono un tempo e una cultura  immensamente ricchi di spazzatura come di tesori”
(Ray Bradbury)

Molte persone tentano di liberarsi di personal computer recenti, nella maggior parte dei casi addirittura funzionanti, declassandoli al livello di immondizia.

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CC-BY Marcin Wichary on Flickr

Troppo spesso la causa è un noto fenomeno di obsolescenza “commerciale”, e non di obsolescenza tecnologica vera e propria, ovvero un meccanismo secondo il quale i nuovi sistemi operativi e le nuove versioni di software, sempre più voraci di risorse (come memoria, velocità dei processori, capacità disco ecc.), mandano in pensione il vostro amato PC in men che non si dica.

In direzione ostinata e contraria, invece, troviamo il Trashware.

E’ un termine tecnico composto da “Trash” (spazzatura) ed “hardware” ed identifica appunto le attività necessarie a recuperare vecchio hardware e riportarlo a nuova vita, per un uso ancora efficace e dignitoso, ma che questa società dei consumi troppo spesso sottovaluta o addirittura disprezza.

Per avere un esempio concreto, esistono “ricette” con le quali si può far resuscitare un PC come questo:

* Processore: Pentium III @ 500MHz
* Memoria RAM: 128 MB
* Hard Disk: 10GB
* Scheda Video AGP
* Scheda di Rete Ethernet

Può servire per il laboratorio informatico della scuola di vostro figlio… per una associazione di volontariato… per un centro anziani…
Nella maggior parte dei casi, infatti, abbiamo bisogno di semplici programmi di scrittura, calcolo, navigazione in Internet ed eventualmente per la grafica. Viceversa, proseguire con la continua sostituzione di hardware costituisce un enorme spreco di risorse ed impedisce ad alcuni di poter accedere alla tecnologia.

Ma questa situazione si può in parte cambiare, o comunque decisamente migliorare.
Per conoscere questo “segreto”, consideriamo 3 punti principali.

In primo luogo, mettiamo i puntini sulle “i” per coglierne il livello e l’importanza: associamo al Trashware parole come la saggezza o la virtù, e non come “spazzatura”.

Chi lo pratica, infatti:

  • diminuisce il divario digitale, che colpisce soprattutto i paesi del sud del mondo, ma anche i nostri paesi “avanzati” nei quali abbiamo categorie di persone quasi del tutto escluse dai beni e dalle conoscenze informatiche (anziani, poveri, migranti)
  • contribuisce alla riduzione dell’inquinamento ecologico, consentendo di riusare computer datati (finché è possibile) piuttosto che scartarli come rifiuti speciali RAEE
  • restituisce all’obsolescenza tecnologica un decorso temporale più naturale, e non il frenetico ritmo imposto negli ultimi anni in maniera esagerata ed artificiosa
  • offre l’opportunità di arricchire la didattica nelle scuole, consentendo di insegnare agli studenti a conoscere ed utilizzare al meglio le risorse a disposizione, sensibilizzandoli al problema dei rifiuti ed educandoli ad un uso responsabile e consapevole delle tecnologie.

In secondo luogo, fatta questa dovuta premessa, occorre solo organizzarsi e rimboccarsi le maniche. Si aprono i PC, si studiano, si fanno diagnosi, si testano, si ricompongono, si rimettono in circolo…
E vi assicuro che è anche un’attività divertente, oltre che educativa e molto utile.

Come in tutte le cose serie, c’è sempre un metodo valido che ci aiuta a farlo al meglio e, soprattutto, gente in gamba che già lo sa fare bene e che ci può dare validi consigli o supporto.
Parlo dei Linux User Group e Hacklab, che abbiamo ormai in quasi ogni città italiana, oppure associazioni come Binario etico, Informatici senza frontiere, Pane e PC, Golem ecc.

Esistono anche guide pratiche molto utili, come questa di Verde Binario, oppure progetti riusabili e ben fatti come “Linux va a scuola” del Linux User Group di Bergamo, oppure Rigeneri@mo a Como e Varese, PC Donato a Pisa, e molti molti altri.

Quindi, se proprio volete gettare via un PC che non vi serve più, anche se non funzionante, piuttosto donatelo! Basta informarsi un minimo e molto probabilmente troverete qualcuno in qualche realtà, forse più vicina di quanto pensiate, che è ben interessato a riusarlo.

In terzo luogo, la gran differenza la fa il software libero.
L’utilizzo del Software Libero è indispensabile per il Trashware, non solo perché annulla i costi di licenza, ma proprio perché consente di ottimizzare al meglio le risorse del computer.

Esistono infatti distribuzioni Linux tagliate per usi specifici ed in grado di girare su risorse hardware molto più limitate di quelle imposte dagli standard di mercato.
Ed esistono poi soluzioni in software libero (come LTSP) che consentono di creare laboratori informatici fatti di client ultra leggeri connessi ad un server centrale che si occupa di tutto, così come soluzioni che si occupano di gestire le credenziali di autenticazione per l’accesso, oppure di filtrare la navigazione in rete, o di applicare gli aggiornamenti in maniera centralizzata.

Quindi, cosa manca?
Direi nulla: abbiamo montagne di materiale hardware da smaltire, ma potenzialmente utili come risorsa, abbiamo i volontari che applicano il Trashware con esperienza, abbiamo la conoscenza ed il software libero per poterlo fare correttamente ed efficacemente, abbiamo una necessità cogente, dettata da risorse sempre meno disponibili per la spesa pubblica o per la scuola (da una parte) ed il dovere di abbattere il divario digitale ottimizzando ciò che abbiamo (dall’altra).

Forse manca solo di collegare tutto questo, di metterlo in fila, ed organizzarsi di conseguenza in maniera efficace.

Affinché il Trashware possa essere vantaggioso ed utile, sia economicamente che socialmente, forse occorre solo avviare una collaborazione molto più stretta tra amministrazioni, aziende e volontariato (con le sue numerose associazioni) che sia in grado di portare avanti il recupero con successo e in maniera capillare, coinvolgendo le circa 3.600 isole ecologiche comunali attrezzate per lo smaltimento dei RAEE.

E se tutti siamo pronti e consapevoli, vista la necessità… vogliamo provarci insieme veramente?

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