Ti compro se mi fido. E mi fido se garantiscono amici, parenti e Google

«Si fida? Ma quanto si fida?». Ecco la domanda che, questa settimana più che mai, tutte le aziende avrebbero dovuto porsi. Tra le notizie di maggior rilievo, infatti, il livello di fiducia dei consumatori all’alba del 2016: il 2016 Edelman Trust Barometer cioè, il «Barometro della Fiducia 2016», uno studio effettuato su 33.000 persone in 28 Paesi dalla nota società americana di ricerca e diffuso proprio in occasione del World Economic Forum di Davos.

Notizie, abbiamo detto. «Conferme», dovremmo dir meglio, rispetto ai concetti più volti ribaditi in questa rubrica, specie negli ultimi tempi. Due i punti essenziali:

  1. «La fiducia conta». Che cosa fa fare la fiducia ai consumatori? «Ripensando agli ultimi 12 mesi», questo è stato chiesto nel sondaggio, «quali azioni ti ha spinto a compiere l’affidabilità di una compagnia?». Il fatto di fidarsi di un brand, insomma, ha o no qualche effetto? Se sì, quale e di che peso?

    – Comprare. O vendere
    , dal punto di vista del marchio. Il 68%, infatti, ha risposto: «scegliere di acquistare prodotti/servizi del brand». Pagando anche di più, nel 37% dei casi;
    – Far comprare. Consigliare quegli stessi prodotti e servizi a parenti e amici: questa l’ulteriore risposta nel 59% dei casi. Generare dunque passaparola e innescare così nuovi acquisti, – vendite per il brand;
    – Far «comprare online»: generare e condividere lo stesso passaparola positivo in rete. Non solo dunque entro la cerchia più ristretta, pur già essenziale, di famiglia, amici, colleghi d’ufficio, ma nello sterminato e interconnesso mondo del network web e social. Vale per il 41% degli intervistati: con un 38% che diviene vero e proprio apologist del brand. Lo difende: quando le cose van bene e anche quando vanno meno bene, condividendo la propria esperienza positiva.
  2.  «Conta la fiducia… In – e di – amici, parenti e Google». Come s’innesca il processo di fiducia? Come nasce – almeno nel primo, embrionale step – il processo di riconoscimento di un brand come «affidabile»? La risposta non stupisce alla luce di quanto detto: non d’altro si tratta, infatti, che della classica altra faccia della medaglia, della conseguenza di un nuovo marketing basato sulla trasparenza ed autenticità che l’azienda è in grado di comunicarmi come propri valori distintivi, direttamente e/o tramite chi già «ci è passato», e che a mia volta trasmetterò – se li sperimenterò – moltiplicando viralmente il tam-tam e le sue conseguenze.

Numeri alla mano, dunque, di chi mi fido in primis?

  • Sul piano della comunicazione, dei mezzi d’informazione, di Google – meglio e più in generale, delle ricerche online, dei search engines: risposta che vale per il 71%;
  • Resiste anche il ben noto «L’ha detto la televisione». Anche la TV è scelta, infatti, dal 69% degli intervistati;
  • Staccati di pochissimo, al 67%, Social Network e Social Media, come Facebook, LinkedIn, Twitter, Instagram, ma anche blog, forum e newsgroups;
  • Staccata di tanto, invece, la carta stampata: giornali e magazine guadagnano, rispettivamente, un misero 45% e 32% delle preferenze.

Una volta però messa insieme tutta questa massa di dati online, a quali fonti ci affidiamo di più? Presto detto:

  • Amici e parenti è la risposta quasi unanime. 78% delle preferenze e una crescita di ben 11 punti dal 2015;
  • Esperti accademici e aziende di cui si è già clienti, specie se sostenute dai pareri positivi di chi già ci lavora, i dipendenti – ecco l’importanza degli «Employees» come «primi Evangelist del Brand», se solo le aziende lo capissero e li trattassero meglio… – seguono, ma con uno stacco già significativo. Sono scelti rispettivamente dal 65, 62 e 55% degli intervistati.

    #SocialCare Clips by Rachele Zinzocchi 2016-01-19  11-13-29

«Se sei un giornalista, c’è ben poco da festeggiare», ha commentato il Quartz riportando la notizia a proposito di «circolo della Fiducia». La carta stampata ne esce a pezzi. Dei giornalisti si fidano ormai solo in 44 su 100, con un calo di due punti rispetto all’anno scorso. Molto ci sarebbe ancora da dire: invito anzi a dare più di una occhiata allo studio, scaricabile qui.

Già i risultati analizzati sinora, però, mandano un chiaro messaggio a tutte le aziende. Vuoi vendere? Aiuta! Sell? Help! #SellHelp, come siamo soliti sintetizzare. Sii responsabile, affidabile, cara compagnia. Crea una Customer Experience tanto memorabile che si trasformi in Passaparola, secondo i ben noti principi del Word – World – Of Mouth Marketing. Crea un circolo, virtuoso e mai vizioso, di gente che compra e farà comprare: amici, parenti e chissà quante parti del mondo interconnesso in rete. E assistili sempre, tutti questi clienti vecchi e nuovi, perché la magia non si spezzi. Il ROI su social media è Responsabilità: è un fatto di Cuore.

#SocialCare Clips by Rachele Zinzocchi 2016-01-19  11-14-07

Per citare solo una tra le numerose fonti che hanno sostenuto e riaffermato ultimamente il concetto, anche Nielsen in uno studio di tre mesi fa, The Sustainability Imperative, condotto su oltre 30.000 consumatori in 60 Paesi nel mondo, mostrava come ben il 66% fosse disposto a spendere di più «per prodotti e servizi provenienti da aziende socialmente responsabili». Un dato in costante crescita: nel 2014 il tasso si attestava sul 55%, l’anno prima sul 50%. Brand Trust and Reputation: livello di affidabilità e responsabilità, reputazione del marchio, erano e sono anche per Nielsen i fattori decisivi nel determinare il processo d’acquisto. «Una reputazione eccellente rende molto più facile per un’azienda essere ben accolta nelle nuove comunità», confermava Carol Gstalder, senior vice president, reputation and public relations solutions a Nielsen, qualificando come paramount, «di primaria importanza», l’affidabilità e il buon nome del marchio. Molto più di offerte e coupon, neanche nella «Top Five» degli elementi chiave. «I valori personali sono più importanti dei benefici individuali, come il costo o la convenienza».

Il motto del cliente resta sempre lo stesso, ma ribadito con voce ancora più alta oggi, all’inizio del 2016: «Mi fido, ti compro. E ti faccio comprare». O detto in altri termini: «Fammi innamorare, sarò tuo cliente!». Un motto che vale come monito, dall’urgenza non più rinviabile, per tutto le compagnie. Il Nuovo Marketing è Relazione con la Rete. A vendere di più oggi è l’azienda responsabile.

Il ROI nel Social Media Marketing – e in generale nel Marketing tout court, diremmo – sta nel quanto e quanto a lungo tu, brand o persona, sia responsabile, quanto tu metta in gioco il cuore e tutto te stesso per aiutare, soddisfare al meglio le esigenze del tuo «cliente-amico». Sono utile, dunque vendo. Sono in grado di offrirti – di consigliarti, farti consigliare – un prodotto o servizio che davvero ti sia utile in quella tua emergenza ora, piccola o grande? Allora certo mi seguirai, comprerai da me, e ben farai. Un #SocialCare a 360 gradi che si prenda cura del proprio contatto in rete in ogni sua necessità: da quelle più serie alle più leggere, dal farlo sorridere con una battuta o un saluto al mattino, all’assisterlo con la massima puntualità e professionalità in ogni problema tecnico legato a prodotti o servizi del marchio.

Qui sta la chiave del business oggi. Un Marketing del Volontariato, marketing del cuore, all’insegna di un paradossale, provocatorio ma fondato e reale principio: «far bene soldi che fa soldi bene», «fare soldi facendo del bene». Fare del bene facendo soldi: fare l’utile con l’utilità.

Social Engagement ne è il KPI fondamentale: Customer Experience, Passaparola e Social CRM impeccabili le sue parole d’ordine. Entro questo circolo virtuoso – ma solo in questo – si inserisca pure anche il tanto in voga Influencer Marketing: un influencer inteso però non come «testimonial pubblicitario» vecchio stile, un po’ «markettaro, mercenario», ma come limpido e trasparente apologist del brand, animato da passione, dedizione, «devozione», spirito di servizio verso i propri contatti e la loro utilità. Una «influenza» utile, la sua, in quanto responsabile e che, alimentando così un passaparola solo positivo, vende e fa guadagnare tutti. Un Influencer che, però, è o può essere rappresentato anzitutto dall’amico, il familiare o il collega in rete, non necessariamente dal VIP di turno.

Una bella sfida per le aziende: fallire però non si può. Eppure non è difficile. Basta spostare l’occhio sull’orto che già si ha, coltivandolo e rendendolo sempre più fertile, anziché guardar sempre all’«erba del vicino più verde», tentando ogni giorno di rubargliela. Le tue piantine saranno le prime a morire così. O a migrare, appunto, nell’orto vicino. Che allora avrai reso tu «più verde» davvero. E chi è causa del suo mal…

Facebook Comments

Previous articleI buoni consigli e il cattivo esempio
Next articleTerremoto Twitter: quattro manager lasciano l’azienda, addio anche dal capo di Vine
Digital Strategy R&D Consultant, Public Speaker, Lecturer, Coach, Author. Honoured by LinkedIn as one of the Top 5 Italian Most Engaged and Influencer Marketers. #SocialCare, «Utility & You-tility Devoted», Heart-Marketing and Help-Marketing passionate theorist and evangelist. One watchword - «Do you want to Sell? Help! ROI is Responsibility, Trust» - one Mission: Helping Companies and People Help and Be Useful To Succeed in Business and Life. Writer and contributor to books and white-papers. Conference contributor and Professional Speaker, guest at events like SMX, eMetrics, ISBF, CMI, SMW. Business Coach and Trainer, I hold webinars, workshops, masterclasses and courses for companies and Academic Institutes, like Istituto Tagliacarne, Roma, TAG Innovation School, Buzzoole, YourBrandCamp, TrekkSoft. Lifelong learning and continuing vocational training are a must.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here