Beacons: “fari” puntati sul proximity marketing

scritto in collaborazione con Chiara Pascali

Vi ricordate quella scena in Minority Report in cui un Tom Cruise che cercava di passare inosservato veniva invece riconosciuto e chiamato per nome dai tanti ologrammi pubblicitari che popolavano le strade?
Il film, diretto da Steven Spielberg, è del 2002 ma le vicende narrate sono ambientate nel 2054. Come potete vedere nella clip gli schermi pubblicitari disposti lungo le vie di una Washington futuristica interagiscono con i passanti, nello specifico con il protagonista.

Quello che vediamo è un esempio di Proximity Marketing: ossia la possibilità di veicolare contenuti multimediali sfruttando la posizione GPS degli utenti.

ShoppingIl proximity marketing è la nuova frontiera del marketing digitale e si integra a pieno con tutte le potenzialità dell’Internet of Things, in un dialogo tra oggetti e persone che diventerà sempre più interessante e proficuo per enti e imprese. In Italia, a parte qualche azienda “early adopter”, non c’è ancora la consapevolezza della portata innovativa delle nuove tecnologie applicate al marketing, a causa probabilmente dei timori che si legano anche all’assenza di regole precise sui limiti e le modalità di utilizzo.
Pur essendo logiche di mercato che si basano sul win win, arricchendo l’esperienza dell’utente nel “qui e ora”, non bisogna sottovalutare tutte le implicazioni privacy rispetto alla tutela, protezione e conservazione dei dati personali dei destinatari delle campagne pubblicitarie (c.d. “interessati al trattamento”).

Tutte le applicazioni utilizzate per il marketing di prossimità, infatti, sono caratterizzate da sistemi in grado di rilevare la presenza di una persona, in particolare del suo device, all’interno di una specifica area o di captarne la distanza rispetto a un preciso punto di interesse. Quanto più i parametri di rilevazione sono precisi, tanto più è efficace l’interazione.
Una delle tecnologie che maggiormente soddisfa l’immediatezza delle comunicazioni con i propri utenti e/o potenziali fruitori, è quella dei beacons.

I beacons, per noi italiani “fari”, utilizzano la nuova tecnologia Bluetooth Low Energy (Bluetooth 4.0) e sono di fatto dei localizzatori capaci di trasmettere informazioni e contenuti ai dispositivi mobili che si trovano nelle loro immediate vicinanze.
Rispetto a tutti gli altri sistemi di geolocalizzazione (GPS, WiFi, NFC…) il BLE può essere predisposto su apparati anche molto piccoli, alimentati da una batteria a moneta o da una pila stilo, consuma pochissima energia, il suo segnale ha una frequenza altissima e una portata fino a 50 metri. Per immaginare la duttilità e le innumerevoli potenzialità si pensi al fatto che i beacons possono essere prodotti anche come stickers e quindi essere applicabili direttamente sugli oggetti.
Precursore nella produzione dei beacons è stata Apple con i suoi iBeacons inseriti di default negli iPhone dal 4S in poi, iPad e iPad Mini, mentre Android sta cercando di tenere il passo.
Tutte le aziende produttrici formalmente catalogano i beacons come semplici location tool, valorizzando molto di più la loro capacità di inviare contenuti piuttosto che la funzionalità di ricevere informazioni da parte degli utilizzatori. Non c’è ancora un quadro normativo che sia ben definito sulla materia (soprattutto in termini di adempimenti e misure tecnico/organizzative da adottare per la tutela dei dati o per esempio circa il periodo di conservazione degli stessi). Alle volte l’utente non ha modo di gestire o limitare i contenuti da ricevere e l’unica alternativa possibile è spegnere il segnale o disinstallare l’applicazione. È possibile, tuttavia, estrapolare dalla normativa privacy europea e italiana, oltre che dai provvedimenti dell’Autorità Garante in ambito privacy e marketing, alcuni principi, regole e adempimenti che appaiono imprescindibili per poter gestire il servizio in modo da non ledere o limitare la riservatezza degli interessati, rimanendo all’interno di un perimetro legale che potremmo definire “privacy compliant” (es. idonee informative, consenso informato – specifico, distinguibile, comprensibile e facilmente accessibile – per l’attività di marketing, geolocalizzazione e/o profilazione, notificazione e verifica preliminare, etc.).

Relativamente al profilo privacy, pertanto, dalla normativa vigente si desume che sarà necessario per l’uso del proximity marketing il previo consenso dell’utente, il quale dovrà essere informato in merito ai termini del trattamento dei propri dati personali: solo con il previo consenso informato dell’interessato il trattamento di dati delicati, come quelli relativi all’ubicazione, sarà così legittimo. Tale consenso, inoltre, non può intendersi come liberamente concesso in caso di accettazione obbligatoria di termini e condizioni generali, né tramite possibilità di rinuncia (opt-out).

È importante, poi, stabilire un periodo di conservazione dei dati di geolocalizzazione che non sia superiore al necessario in base alle finalità per le quali i dati sono stati raccolti o vengono ulteriormente trattati.

Il legislatore e, soprattutto, l’Autorità Garante dovranno ben presto pronunciarsi sul digital marketing, un settore tanto affascinante e ricco di opportunità, quanto potenzialmente pericoloso per la privacy.

 

 

 

 

 

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