Customer Experience, 3 esempi di #SocialCare da sogno

#CustomerExperience memorabile: quante volte abbiamo ripetuto questa espressione? Eppure, non solo le aziende mostrano il più delle volte di ignorarne il significato, ma noi per primi, che tanto la predichiamo… siamo certi di comprenderne davvero il senso autentico?

Non di disquisizioni terminologiche si tratta, ma di intendere realmente il valore di #SocialCareCustomer Care a 360 gradi, impeccabile assistenza tecnica al cliente ma non solo – e dunque di Social Engagement, di #CustomerExperience memorabile come #CustomerExperience Revolution: come quel #SellHelp che proprio nella misura in cui aiuti e faccia vivere un sogno, prima, durante e dopo l’acquisto e la fruizione del prodotto o servizio di un brand, fa vendere e porta al successo, nel business come nella vita.

E allora, poiché la via migliore per imparare è andar a scuola dai grandi – apprendendone le best practice, anche e in specie quelle più apparentemente semplici ma decisive, in quanto strategiche nella quotidianità – passiamo in rassegna qualche caso di brand che abbia saputo distinguersi per «alto livello di Customer Service» garantendo al proprio cliente-amico in rete quel Je ne se quoi – per dirla con Brian Solis, riprendendo il suo X: The Experience When Business Meets Design – che «rende un qualcosa tanto speciale», che esplode quando viviamo una great experience con un prodotto o servizio e ce la fa restare scolpita «nel cuore, nella mente, nello spirito».

1. Pancia mia fatti capanna. Cuore, mente, spirito… «Sì, ma anche il corpo (e lo stomaco) vuole la sua parte», avrebbe forse aggiunto Peter Shankman, noto esperto di Customer Service, autore di bestseller sul tema e keynote speaker. Correva l’anno 2011 quando, in un caldo pomeriggio d’agosto, Shankman viene colto da un momento di stanchezza e fame nel corso di uno dei suoi tanti viaggi. Così, prima di imbarcarsi sull’ennesimo volo, va su Twitter e… che fa? «Cinguetta» scherzoso a Morton’s The Steakhouse, celebre catena americana con oltre 74 locali in tutto il mondo e blasonatissima pur nel suo presentarsi come bisteccheria «sanguigna», tutta-ciccia-niente-fumo, come la cover image scelta per il suo attivissimo profilo Twitter. «Ehi @mortons, perché non mi fai trovare un bel filetto quando arrivo nell’aeroporto di Newark, tra un paio d’ore?».

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Sì, hai capito bene. Un bel filetto di carne al sangue, di quelle di cui Morton parla nell’apposita sezione del suo sito dedicata alle «esperienze memorabili» che fa vivere ai propri clienti coi suoi prelibati quanto sostanziosi menu, e di cui questi non a caso si fanno volentieri continuamente testimonial. Non insomma una bella… birra gelata – come accadde con Ceres a luglio dell’anno scorso in quello scambio di tweet rimasto negli annali del (vero) Real-Time Marketing tra l’azienda e Claudio Ponticelli, quando questi si vide recapitare a sorpresa al suo arrivo in stazione, dopo un viaggio in treno senz’aria condizionata, birre Ceres refrigeranti per sé è i suoi amici.

D’altronde, stavolta siamo in USA: meglio la bistecca – almeno per iniziare! La logica – e l’#EpicWin – restano però gli stessi. Che cosa fa, infatti, Morton’s dinanzi alla richiesta? Non ignora, tanto meno rifiuta. Al contrario, fa preparare filetto, patate fritte e pane a volontà, e lo fa recapitare in aeroporto al cliente – il tutto completamente gratis. Meno di tre ore per far tutto: Morton, che col suo tweet voleva solo giocare, non crede ai suoi occhi. Scioccato, sorpreso – certamente meno affamato. E conquistato per la vita come fedele cliente – nonché sostenitore e ambassador davvero di spicco, se convegni, libri e tutta la rete ne stanno ancora parlando dopo anni.

2. Anche l’occhio vuole la sua parte. Soprattutto in hotel. Non solo negli interni, nelle camere, nei servizi confortevoli: ma anche nella vista. Che possibilmente, specie nei grandi hotel, non deve contemplare palazzi o casermoni, ma panorami (più o meno) indimenticabili. Così tre anni fa Mike McCready, famoso esperto di digital marketing, consulente e influente speaker, appena sbarcato a Vancouver in occasione della #PSEWEB Conference e subito corso nella lussuosa camera che lo attendeva al Delta Vancouver Suites, della Delta Hotels, a caccia finalmente di un po’ di relax… ebbe una brutta sorpresa. Alloggio splendido, sì. La vista, però, terribile.

Il panorama era assai poco in linea con le meraviglie promesse dall’hotel. Questa la foto di quanto appariva ai suoi occhi affacciandosi: postata su Instagram, per sfogo e comprensibile «recensione» dell’hotel – non certo per aprire risse on line con l’albergo. Che non menziona neppure direttamente, con tag. Ciononostante, bastano pochi istanti alla compagnia per accorgersi della sua lamentela – congratulazioni ai sistemi di monitoraggio di Delta, così si fa! – e intervenire su Twitter, dal profilo ufficiale della casa madre, per informarsi direttamente dell’accaduto e capire insieme come procedere.

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Detto, fatto. In quattro e quattr’otto, Delta offre a Mike una nuova suite, ancora più bella e con vista mozzafiato: facendogli pure recapitar al volo un piatto di dolci accompagnati da un delizioso biglietto, scritto a mano, di scuse.

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L’esito? «Thanks Alison and DJ from Delta Hotels. You’re freaking awesome!». Questa sì, insomma, che è #CustomerExperience da sogno. E puoi scommetterci: Mike la prossima volta non solo non avrà dubbi nel prenotare ancora da Delta, ma la consiglierà a parenti e amici. Comprerà e farà comprare, in un circolo virtuoso che si autoalimenta e farà crescer Delta per prima, in autorevolezza e potenzialità. Potenza del passaparola: di quell’#HelpMarketing che ti aiuta e assiste sempre e in tutto, prendendoti per mano e risolvendoti qualsiasi problema tu abbia. Dai più seri ai più leggeri: per farti vivere un sogno.

3. Non è un buongiorno se non è con te. L’ultima chicca? In diretta da una mamma-blogger, Christina McMenemy: una sconfinata passione per «Disney, la Nutella, correre, viaggiare» e… per una sveglia. Sì, quella prodotta da Gaylord Opryland, una «spa sound clock radio», che ti dà il buongiorno al suono rilassante delle acque dell’Oceano o dello stormire delle fronde. Christina la trovava regolarmente nelle camere dei Nashville Opryland Resort in cui, da appassionata viaggiatrice, era solita alloggiare. «Ho proprio bisogno di scoprire dove comprare una di queste sveglie», twitta lei il 23 febbraio di quattro anni fa al brand. «Non ho mai dormito meglio!», incalza tre giorni dopo. «Purtroppo queste sveglie non sono in vendita», rispondono in prima battuta da Gaylor Opryland: si trattava di oggetti fatti su misura per gli hotel della catena.

Mmm. Per carità, il brand aveva risposto subito e dicendo peraltro la verità. Certo, la povera Christina restava col suo problema: e non era certo un granché in termini di #CustomerExperience.

Da Gaylord devono averci pensato. Detto, fatto. «Questo regalo era nella mia camera stasera», esclama entusiasta su Instagram e Twitter la giovane mamma viaggiatrice. «@gaylordopryland mi ha resa la blogger più felice al mondo!». E non poteva mancar il biglietto: con tanto di ringraziamenti e manifestazioni di ulteriore disponibilità se avesse «avuto bisogno di altro».

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«Mi avete confermato che ci sono ancora compagnie capaci di metter davvero il cliente al centro, con un servizio impagabile», scrive Christina alla compagnia. «Mi avete resa vostra lifelong fan»: seguace per la vita.

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«Experience is The New Brand. Experiences are The New Branding. Future is Experience», ricorda costantemente Brian Solis. È la «Human-Centered Experience Architecture»: la capacità di disegnare un’esperienza centrata sulla persona nel suo vissuto col brand, che pone al centro il cliente, inteso però come Persona, nella sua humanitas – con cuore, intelligenza emotiva e universo emozionale in primisnon come un «profilo social», un ticket da gestire. Se vuoi vendere, aiuta: segui l’esempio di questi brand. Incentra il tuo marketing sull’aiuto, su quell’#HelpMarketing che solo potrà garantire a chi hai dinanzi una #CustomerExperience da sogno. E, per te, il ROI a fine anno.

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