In questi giorni si è molto parlato dello scambio a mezzo tweet tra gli studenti del Coris – il Dipartimento di Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma – e il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, la cui strategia comunicativa su Twitter è stata al centro di una lezione sui social media tenuta dal professor Stefano Epifani, che tra le altre cose è anche il direttore di TechEconomy.
Cosa è successo l’abbiamo letto tutti: al termine della lezione, in cui si sono analizzati i vari ambiti di criticità della comunicazione sui social media dei personaggi pubblici, uno studente presente in aula twitta all’indirizzo del senatore Gasparri facendogli presente che era stato citato diverse volte nel corso della lezione e non come esempio virtuoso (nello specifico si è fatto riferimento all’episodio del tu non sei nessuno e al recentissimo caso di chiesimo). Insomma, lo studente si rivolge a Gasparri e chiede se per caso avesse qualcosa da dire a riguardo. Il senatore, per tutta risposta, dà del demente a lui e a tutta l’aula:
Ne nasce un dibattito acceso tra gli studenti del Coris – anche tra quelli non presenti in aula in quel momento – e il senatore Gasparri, un dibattito nel quale interviene anche il Dipartimento stesso, dicendosi dispiaciuto che il vicepresidente del Senato si rivolga così a un gruppo di studenti:
Al che Gasparri risponde con un “mi occuperò di voi” che suona un po’ come una minaccia:
La faccenda è finita qui, ma le risposte del senatore Gasparri si prestano ancora una volta a qualche considerazione sulle strategie dei personaggi pubblici che scelgono di comunicare sui social media.
– Chi nasce tondo non muore quadrato. Il nostro comportamento sui social media, il nostro modo di comunicare e di interagire con gli altri utenti è fortemente influenzato non solo dalla nostra percezione della situazione, ma anche dalla nostra reputazione. La domanda dello studente non è apertamente provocatoria, ed è posta in un tono piuttosto neutrale: Gasparri risponde attaccando, in modo aggressivo. Questo perché il senatore Gasparri è ben consapevole dell’immagine che si è costruito sul Web e, in particolare su Twitter, la sua fama lo precede. Il sentirsi riferire di essere stato chiamato in causa nel corso di una lezione universitaria sui social media difficilmente avrebbe potuto scatenare una reazione differente. E questo non succede solo quando l’immagine sociale di un personaggio pubblico è connotata negativamente. Proviamo a pensare se, al posto di Maurizio Gasparri, ci fosse stato uno come Gianni Morandi: cosa avrebbe risposto allo studente che lo avvisava di essere stato citato a lezione? Certo, in larghissima parte è un discorso di relazione e di strategia comunicativa, ma è innegabile che il fattore reputazione – qui assimilabile anche al concetto di coda di paglia – giochi un ruolo fondamentale nel modo in cui comunichiamo noi stessi nelle interazioni dirette con gli altri.
– L’attacco è la miglior difesa, ma non sui social media. L’approccio utilizzato dal senatore Gasparri – rispondere in modo aggressivo a una menzione più o meno minacciosa – non è nuovo: ricordiamo, ad esempio, quella volta che Massimo Boldi diede della “capra sfigata” a uno studente e anche quando l’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno e diede dei dementi ai romani durante gli europei di calcio del 2012. In entrambi i casi, nessuno dei due protagonisti fece un figurone, ma qui si torna al punto successivo: la nostra reputazione ci precede e – a meno che non entri in gioco un preciso piano anti-crisi – la nostra storia condiziona il nostro comportamento. E anche quello degli altri.
Lesson Learned: l’interazione degli utenti è direttamente proporzionale al grado di notorietà del protagonista della conversazione, alla sua reputazione e all’accettabilità sociale della sua risposta.
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