Una delle cose più interessanti e insieme dirompenti del processo di digitalizzazione e di ibridazione tra fisico e virtuale è sicuramente la caduta dei muri fra ambiti diversi.
Anche chi non è un addetto ai lavori ormai trova naturale passare, in modo piuttosto inconsapevole, da uno strumento all’altro per raggiungere i propri obiettivi, pur con il grado di confidenza più adatto a ciascuno.
Cosa fanno davvero le persone (anche in Italia)
Le ricerche specifiche in questo ambito testimoniano un trend molto forte anche in Italia, con effetto importante anche sul settore e-commerce i cui fatturati sono crescita anche grazie al mobile.
Se infatti la penetrazione dell’eCommerce sul totale acquisti Retail sale solo fino al 5% (era il 4% nel 2015, poco, se prendiamo come riferimento i paesi dove l’eCommerce B2c è in assoluto più maturo) aumentano in modo esponenziale gli Internet Users (63%) che si connettono da smartphone (+43% rispetto al 2012) e da tablet (+14% rispetto al 2012), mentre diminuiscono gli accessi da PC (-15 % rispetto al 2012).
Con questi numeri la tecnologia diventa parte integrante della customer experience sia online che offline e il confine tra questi ambiti perde di fatto di senso. Un vantaggio competitivo da sfruttare a pieno per chi ha una presenza fisica, visto che invece le Dot Com sul fronte digital puro continuano a crescere più delle imprese tradizionali (+28% vs +10%).
Che cosa devono capire le aziende
Tutto questo ha implicazioni importanti per le aziende, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione interna e la collaborazione fra diverse funzioni. La prima è che la customer experience richiede un grande lavoro dove l’estetica e la comunicazione sono assolutamente integrate con aspetti di altra natura, come il controllo dei meccanismi con cui funzionano i touch point e l’arte della user experience (UX) nella gestione del prodotto.
La seconda, come conseguenza della precedente, è che anche dove ci sia un team dedicato all’omnichannel il percorso non è naturalmente tracciato, perché averlo non basta se non si integra con il resto dell’azienda e della strategia. E che dunque non può essere affrontato e gestito solo da un manipolo di innovatori.
Infine il viaggio non finisce mai: bisogna entrare nella logica della continua verifica delle proprie ipotesi, usando tutti i dati e i feedback ricevuti per migliorare, discutendo tra diverse funzioni in modo congiunto.
Un lavoro di squadra
Siamo entrati in un’era necessariamente collaborativa in cui 4 grandi forze abilitanti individuate da Gartner fanno da piattaforma per questo cambiamento: il cloud, il mobile, il social computing e l’informazione (intesa anche come big data).
Tutti elementi che sono già bene o male presenti nelle organizzazioni ma che non hanno un contenuto intrinseco: il cloud da solo non è che un modo diverso di concepire un disco fisso, il mobile per molti equivale ancora solo a inviare mail per qualsiasi necessità, i dati per avere valore devono essere disponibili a tutti e organizzati in un certo modo. E per finire, come per i tutti i social media anche quelli interni (e gli strumenti collaborativi in genere) traggono il loro valore da ciò che le persone ci mettono dentro, non dalla piattaforma in sé.
Il grande salto culturale dunque è quello di coinvolgere l’intera organizzazione, sotto la leadership del top management, in dei processi che portino davvero valore aggiunto al modo di lavorare e di fare business.
Facebook Comments