Dal social al palinsesto video: la nuova televisione è sociale

Usiamo sempre più spesso Facebook come il nostro principale canale web. È davvero strano ma questo social network, che in tempi relativamente brevi si è affermato come l’unico ed esclusivo browser utilizzato da ogni individuo sul Pianeta (e non ditemi che lanciate prima Chrome e poi FB perché non ci credo…), giocando sull’user generated content esploso in ogni forma e linguaggio possibili sta condizionando l’industria dei contenuti come nessun altro medium aveva fatto prima. Passiamo il tempo in lunghe sessioni di zapping. Vaghiamo da un post all’altro, da una bacheca all’altra, da un pagina o un gruppo all’altro usando lo smartphone come una specie di telecomando.

Vi ricordate? I primi telecomandi furono inventati negli anni ’50. Il telecomando senza fili e, per la precisione, il primo davvero funzionale fu una creazione di Robert Adler, tecnico della Zenith già dal ’41 e nel 1963 promosso a capo della divisione ricerche. Questo strumento, da un punto di vista socio-culturale, è forse il responsabile diretto del cambiamento di paradigma nella percezione dei contenuti intermediati dalla tecnologia. Lo zapping, appunto.

Quella frammentazione dell’attenzione, ridotta a una continua ricerca di stimoli, è probabilmente alla base dell’attuale fisionomia di un’ecosistema, quello dei media, costituito principalmente da narrazioni interrotte. La nostra attenzione si parcellizza in un multitasking orizzontale vorace, preferendo la varietà e quantità di messaggi all’approfondimento e allo studio; eppure, non siamo mai stati così incredibilmente prolifici e produttivi. Così creativi.

Il valore in più, però, in qualsiasi racconto sul web, è il ruolo degli utenti. Così come nelle tragedie greche, in cui parte della narrazione era affidata al Coro, una sorta di voice over che commentava e prefigurava lo svolgersi della vicenda (memorabile l’uso che ne fece Woody Allen ne “La dea dell’Amore”, film peraltro non particolarmente riuscito), allo stesso modo il Coro degli Utenti dei social network partecipa, interagisce, diventa parte attiva del processo di riscrittura della trama, aggiungendo contenuti, interpretazioni e opinioni, link, immagini, video e post che rimandano ad altre narrazioni. È il gameplay dell’interazione sociale, il gioco infinito e molecolare delle conversazioni.

Immaginiamo di stare al cinema, comodamente seduti in una delle file. A un tratto, dopo la presentazione dei personaggi e la descrizione dell’antefatto (anche se, spesso, nella comunicazione iperbolica dei social network non c’è il tempo per partire dal set up, semmai quasi sempre si è chiamati a intervenire in pieno colpo di scena), la proiezione si arresta. Il pubblico in sala, gli astanti cominciano a scambiarsi pareri tra di loro, si confrontano su presunte interpretazioni della situazione, si lasciano andare a idee (preconcette o meno) sul comportamento e il carattere dei protagonisti. Fino a quando, dopo aver prefigurato un successivo sviluppo della storia, la proiezione riprende e, dopo un po’ si riferma per fare di nuovo il punto della situazione tra i presenti. Ecco, nei social accade questo. Le storie si scrivono letteralmente nelle conversazioni degli internauti che, con il loro intervento, diventano creatori di pezzi di trama.

Il paradigma sembra essere piuttosto semplice. I media istituzionali o, meglio, i media principali divulgano le notizie (le informazioni, di fatto, a tutti i livelli sono narrazioni), le notizie arrivano attraverso diversi canali ai social network e alla piattaforme di social publishing. Il tempo di leggerle, e subito parte il confronto con gli altri lettori. Seguono ipotesi, teorie, aggiunte di altri articoli e video. Interpretazioni, opinioni, previsioni. Tutto questo magma torna ai media principali che, anche rispetto all’evolvere delle notizie, costruiscono il successivo step per poi offrirlo di nuovo al pubblico del web che, ancora una volta e per sempre, si ferma, riflette, discute, propone, fino a raggiungere una verità convenzionale e passare oltre. La storia si sta scrivendo e sta diventando un’operazione collettiva.


Ora, se immaginiamo questo comportamento di continuo rimbalzo da un medium (un media) all’altro, e lo collochiamo nella struttura tipo di una narrazione (nell’ottica di struttura che ha il modello della fiction e dell’intrattenimento), otteniamo un prodotto “tipo”, una trama che si colloca perfettamente in un genere, in una modalità di linguaggio, in un archetipo. Sia che si tratti di attualità politica (come nel caso di Trump) o, magari, di un’azienda (Starbucks che, contro la politica di Trump, assumerà 10mila rifugiati in 5 anni), la storia fa riferimento a una nostra personale library di valori, codificata in strutture ben precise. Le grandi dicotomie (il Bene e il Male, la Giustizia e la Sopraffazione, così via). Non è un caso che alcuni avvenimenti che generano confronto mediatico, siano di fatto assolutamente corrispondenti a format più che conosciuti. Del Festival di San Remo, che si celebra ogni anno puntuale con la stessa identica liturgia (con tanto di scandalo, incidente, colpo di scena, ecc), abbiamo tutti la percezione di qualcosa di ineluttabilmente inamovibile, pur con lo share più elevato nella storia delle televisione italiana. Con una digressione un po’ lunga (ma ha il suo senso farla) arriviamo, quindi al concetto di format (vi invito, inoltre, a dare un’occhiata al pur datato libro di Paolo Taggi per avere un’idea di cosa sia un format TV, Un programma di scrivere per la televisione, edito nel 1997 da Pratiche Editore).

Ci troviamo in un momento epocale per tutti gli utenti del web (e non solo gli esperti di content digitale). Le previsioni sulla produzione del contenuto su mobile nei prossimi anni sono davvero impressionanti. Device sempre più potenti ci abitueranno a utilizzare lo smartphone come una televisione portatile integrata a un telecomando touch screen. Da là godremo della maggior parte delle informazioni e delle “trasmissioni”. A dimostrazione di questo cambiamento c’è la guerra in corso tra corporate che stanno decisamente puntando sul video. Twitter, Instagram, Youtube (che sta allargando la funzione delle dirette anche ai canali con meno di 10mila iscritti) si stanno dotando di sistemi sempre più evoluti per lo streaming e la trasformazione delle piattaforme in broadcaster di ultima generazione (con un approccio quindi meno casuale del semplice fare da contenitore).

Facebook, dal canto suo, annuncia un nuovo algoritmo orientato a valorizzare i video lunghi nelle news feed. Dalle parole del portavoce dell’azienda (citato da Martina Bellani su Ninja Marketing il 31 gennaio scorso):

Uno dei segnali che osserviamo maggiormente è la percentuale di completamento del video che un utente guarda. Questo ci aiuta a capire i video che più piacciono perché, ovviamente, una percentuale maggiore su un video lungo, indica un maggior coinvolgimento ed interesse da parte dell’utente rispetto a quel contenuto specifico. Ci siamo resi conto, però, che la percentuale di completamento dei video deve essere proporzionata alla lunghezza dei video stessi, per non rischiare di penalizzare i contenuti video più lunghi”.

e ancora:

Mentre ci aspettiamo che la maggior parte delle pagine non noterà alcuna differenza significativa in termini di upload dei contenuti, i video lunghi che gli utenti visualizzano con frequenza saranno distribuiti molto di più in news feed. Questo significa che le persone che reputano i video lunghi interessanti ne potranno vedere sempre di più nella homepage. Di contro, alcuni short video potranno subire una diminuzione in termini di distribuzione nella news feed.

Non sembra, ma l’idea tanto rivoluzionaria quanto inevitabile, è quella della progressiva trasformazione dell’ecosistema user generated content in una serie infinita di palinsesti in sostituzione non solo della programmazione tradizionale dei canali televisivi, ma delle pay ty e delle offerte come Netflix. Allora viene spontaneo pensare ai prossimi step.

Da un lato, per avere un palinsesto è necessario definire una linea editoriale, saper selezionare i contenuti in una variazione di format in linea con gli obiettivi del canale, produrre i contenuti, andare in onda e, soprattutto, avere la capacità di gestire un flusso che, nella logica della televisione, deve essere continuo; dall’altro la produzione lato utente fornisce una quantità illimitata di soluzione per intercettare contenuti affini a una propria linea di contenuto. Un lavoro davvero immenso di content curation e di programmazione. C’è materia per un altro discorso e per definire in modo più chiaro quali saranno le competenze e le azioni che caratterizzeranno questo grande cambiamento. Alla prossima puntata.

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Laureato in Lettere Moderne, specializzato in management della cultura e progettazione europea, collabora con università, enti pubblici e imprese nel settore dell'innovazione e sviluppo sostenibile. Ricercatore e manager attento al cambiamento del mondo contemporaneo ha maturato competenze in diversi settori, dalle scienze sociali alla digital economy. È il fondatore della rete The Next Stop dedicata all'incontro tra il management culturale e l'innovazione, è fondatore di Lateral Training think tank dedicato alla consulenza sui temi del business coaching, corporate storytelling e marketing digitale. È trainer e formatore professionista, sia nell'ambito comportamentale che in quello del design di nuovi processi organizzativi. È presidente dell'Associazione Italiana Sharing Economy e Direttore Scientifico del primo festival di settore, il Ferrara Sharing Festival. È in via di pubblicazione il libro per Franco Angeli Corporate Story Design, manuale per la progettazione e gestione di storie d'impresa. È web designer e senior content marketer per passione, curiosità, professione. Ama leggere, scrivere, vedere film in quantità industriale e occuparsi di nuove tendenze e linguaggi dell'ambiente digitale. Non disdegna gli studi sulla gamefication e il game design. Ha fondato diverse riviste, Event Mag, Limemagazine, The Circle (ancora in pubblicazione). Dal punto di vista tecnico è certificato come: esperto di epublishing Amazon Kindle, esperto di newsstand application design Apple-iTunes store ed esperto di sistemi WooCommerce per wordpress.

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