Un anno di Digitaliani: intervista a Agostino Santoni

Cultura digitale tema strategico per il Paese. Una frase che si sente ripetere spesso e che viene confermata dal fatto che Paesi con competenze digitali più sviluppate e diffuse di quelle italiane e la giusta strategia nazionale per l’educazione digitale vedono una crescita economica e sociale significativa e più veloce di altri.

A distanza di poco più di un anno dalla firma dell’accordo di collaborazione tra Cisco e Governo italiano, finalizzata a sostenere lo sviluppo digitale del Paese con un investimento di 100 milioni di dollari nell’arco di tre anni, abbiamo fatto il punto su quanto realizzato con Agostino Santoni, amministratore delegato Cisco Italia.

Un anno di Digitaliani: quali i risultati più significativi? Quale il progetto o l’esperienza più bella da raccontare?

E’ davvero difficile dire quale sia l’esperienza o il progetto più “bello” da raccontare. Nel corso di poco più di dodici mesi abbiamo messo in campo tantissimo, in termini di quantità ma soprattutto in termini di qualità delle iniziative. Credo che la cosa più entusiasmante per me – e per tutte le persone che in Cisco sono coinvolte dalle attività nate intorno al piano Digitaliani – sia stata la possibilità di incontrare in tutta Italia persone eccezionali, con energia nuova, idee innovative che ci hanno confermato quanto sia stato giusto, per noi come azienda, investire sul capitale umano di questo Paese.  La cosa di cui sono più orgoglioso, data la centralità assoluta che diamo al tema delle competenze digitali a tutti i livelli in questo piano,  è che abbiamo contato i nuovi studenti che hanno deciso di formarsi, nelle loro scuole, attraverso il nostro programma Cisco Networking Academy e abbiamo scoperto che in un anno se ne sono aggiunti 37.000, creando anche 38 nuove academy.

Posso aggiungere che attraverso tutte le attività che abbiamo avviato con l’ecosistema dell’innovazione italiano abbiamo incontrato in un anno un centinaio di start up, e venti di queste adesso sono impegnate in vario modo in progetti di digitalizzazione che riguardano aziende nostre clienti; è stato molto bello, però, anche  trovare voglia di innovare e sperimentare, sostenuta da esperienze e competenze solide, anche nelle otto aziende manifatturiere che abbiamo già coinvolto in progetti di trasformazione digitale. Abbiamo visto mettersi in gioco imprese diversissime tra loro:  da un grande gruppo come Marcegaglia a Inpeco, che si occupa di automazione in ambito biomedicale, fino all’azienda meccanica di eccellenza hi tech come Fluidotech.   La stessa diversità la si vede chiaramente mettendo a confronto il Friuli Venezia Giulia, Palermo, Perugia – le tre realtà con cui abbiamo firmato degli accordi per accelerare la digitalizzazione. Posso concludere quindi dicendo che è davvero bello,
e conferma la nostra visione,  che si possa oggi pensare di  trasformare città, regioni aziende così differenti creando progetti ad hoc, ma a partire da una base comune: le tecnologie, le competenze, il rapporto con l’ecosistema di innovazione, la collaborazione.

Competenze digitali indispensabili per il futuro degli individui e dei loro Paesi. Questo quello che ha ribadito anche il Ceo Cisco durante l’incontro con Gentiloni. Quali gli strumenti utili a sostenere la formazione dei ragazzi? Quale il ruolo della scuola?

Il ruolo della scuola è formare in senso globale i nostri giovani. Da questo punto di vista, è essenziale che nel percorso formativo gli studenti incontrino le competenze che possono aiutarli a diventare pienamente cittadini del loro tempo, partecipare alla società e anche al mondo del lavoro, che è espressione di un mondo intero ormai interessato dalla trasformazione digitale.

Quando diciamo che le competenze digitali sono essenziali, che rimanere indietro in questo campo per un Paese è un danno enorme, lo diciamo perché di fatto oggi  l’innovazione, la competitività economica sono legate a doppio filo con la digitalizzazione.  E’ chiaro quindi che si debba puntare sulla scuola per aiutare ad acquisire certe capacità che non sono solo tecniche ma anche legate a modi di lavorare – penso alla collaborazione, alle soft skills – e bisogna allo stesso tempo fare in modo che questi “nativi digitali” che crediamo, spesso sbagliando, sappiano usare in modo corretto gli strumenti che hanno a disposizione, siano educati anche alla consapevolezza, alla sicurezza. Come aziende del mondo IT abbiamo la possibilità di aiutare la scuola a sostenere a tutto campo, con risorse che la scuola da sola può non avere la forza di sviluppare, l’inserimento del digitale nella formazione dei giovani.  Inoltre, la scuola può trovare nel digitale un grande alleato trasversale per la didattica, per questo ad esempio le nostre attività in accordo con il MIUR si rivolgono anche agli insegnanti.  Naturalmente tutto questo non funziona se non c’è un ascolto, una partecipazione attiva, una relazione tra la scuola e chi, come noi, promuove opportunità e progetti quali le Networking Academy. La nostra esperienza, ormai di 18 anni in Italia, ci mostra chiaramente che le cose migliori nascono quando si è aperti a calare nella realtà i progetti e a mettersi in gioco in modo collaborativo.

L’ultimo rapporto DESI non promuove il nostro Paese. Quali gli errori commessi? Come ridare il giusto slancio?

Il punto chiave è che – anche se la connettività a disposizione migliora di molto in quantità, qualità, copertura territoriale –  ci portiamo dietro ancora un ritardo che non si può recuperare con un unico, grande “balzo in avanti”.  E torna al centro il tema delle competenze: siamo arretrati di una posizione rispetto allo scorso anno se guardiamo alle competenze individuali, e ancora arranchiamo nell’uso di servizi digitali più evoluti.  Attraverso le competenze, le persone possono prendere atto a livello individuale ma anche come lavoratori, imprenditori, delle reali potenzialità della tecnologia e quindi muoversi più rapidamente per capire come sfruttarla, come usarla in modo utile, come farne  nel caso delle imprese uno strumento per recuperare competitività e valorizzare le nostre eccellenze.

Nell’insieme, il nostro percorso per diventare un Paese maturo nello sfruttare le potenzialità del digitale è iniziato da poco tempo – quando “stavamo per perdere il treno” come si diceva nei convegni tre o quattro anni fa –  e per questo paghiamo il prezzo di un approccio che solo da poco tempo sta diventando più sistematico, d’insieme. D’altro canto, se affianchiamo all’indice DESI altri dati, come l’incremento di investimenti in ICT delle aziende italiane rilevato anche dall’ultimo rapporto Assinform, oppure il numero crescente di start up innovative,  il numero di progetti che sono stati avviati anche a livello centrale per creare – come ha detto spesso Piacentini – il sistema operativo del nostro Paese… abbiamo anche una immagine diversa: quella di un Paese che prova a muoversi, in cui non tutti però hanno capito quanto sia importante muoversi e soprattutto quante possibilità di valorizzare il nostro capitale umano, il made in Italy, le nostre eccellenze industriali ci siano. Bisogna andare avanti con le azioni di formazione, di creazione d’infrastrutture, di promozione di nuovi servizi, digitalizzazione della PA e in parallelo, io credo, raccontare in modo chiaro e comprensibile alle persone, agli imprenditori, ai lavoratori che magari oggi temono di vedere il loro posto di lavoro scalzato dall’automazione che il digitale è una occasione da cogliere.

Tra le diverse azioni previste dal Piano, quale quella che più di altre può dare una spinta di accelerazione al Paese a suo avviso?

Il nostro Piano Digitaliani ha la caratteristica di volere agire su più pilastri della trasformazione digitale del nostro Paese. Riconosciamo l’urgenza di agire, parliamo di competenze digitali, di ecosistema di innovazione, di digitalizzazione dei settori economici chiave, delle infrastrutture, della pubblica amministrazione: ma mettiamo al centro sempre la persona, come protagonista e principale destinatario di tutti gli effetti positivi che la digitalizzazione può portare.  Mettere al centro la persona ci porta a mettere al centro la sua capacità d’interpretare e vivere la trasformazione digitale e questo significa ancora competenze. Competenze per usare la tecnologia, competenze per lavorare in un’industria che integra l’IT con le tecnologie operative, competenze per affacciarsi sul mondo del lavoro, competenze condivise in progetti che si basano sulla collaborazione fra noi, imprese “tradizionali” e start up, competenze del mondo accademico e della ricerca valorizzate supportando iniziative ambiziose che diano spazio ai nostri talenti. In questo senso io credo che la cosa più importante del nostro piano sia quella di includere sempre, in ogni iniziativa avviata, il tema della formazione digitale. A partire dalla nostra grande risorsa, il programma Networking Academy, che ha un ambito principale di applicazione nella scuola ma offre risorse importanti anche per chi è già nel mondo del lavoro e chi cerca di rientrarvi.

 

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