4 lezioni da TEDxMilano 2017

Degli anni dell’Università mi è rimasto una specie di riflesso pavloviano: prendere appunti. La sera prima della discussione della mia tesi di laurea mi ero fissata su un pensiero abbastanza terrorizzante, quello che dal giorno successivo non ci sarebbero più stati docenti e professori pronti a darmi i bocconi migliori della loro conoscenza ed esperienza mentre io stavo lì seduta ad ascoltarli: dal giorno successivo crearmi delle occasioni per imparare qualcosa di nuovo sarebbe dipeso solo e soltanto da me. Ed è per questo che tutte le volte che mi trovo davanti a qualcuno che dice qualcosa di interessante io prendo appunti, al grido di “questo mi può servire, magari anche domani”.

È successo anche oggi alla TEDxMilano 2017, dove nel tema “Sussurri e grida” mi sono ritrovata a seguire – come le radici degli alberi raccontate da Tommaso Spazzini Villa – un fil rouge che si dipanava intervento dopo intervento, da un relatore all’altro. E, dopo aver preso appunti tutto il giorno con la calligrafia tipica di chi si scrive sulle ginocchia, questo è più o meno quello che ho riletto alla fine della giornata sul mio foglio:

1. Ogni giorno cerchiamo informazioni per dominare la paura dell’ignoto, di ciò che non conosciamo e che ci incuriosisce (o che, appunto, ci fa paura). In qualche modo, però, vogliamo che le informazioni con cui entriamo in contatto siano coerenti con la nostra visione del mondo, altrimenti tendiamo a ignorarle. È il principio del confirmation bias, un pregiudizio di conferma che è alla base della diffusione delle fake news e delle eco-chambers spiegate da Walter Quattrociocchi: le informazioni, da sole, non sembrano essere sufficienti a placare l’ansia dell’ignoto e per questo, insieme “ai nostri simili”, creiamo la nostra narrazione del mondo, non necessariamente corrispondente alla verità.

2. Ma può succedere anche un’altra cosa: se da una parte molte informazioni su un tema generano empatia, troppe informazioni generano disinteresse [Margherita Pagani]. Ed è per questo che tante volte la risposta è nella domanda, ma spesso entrambe possono perdersi nell’information overload, oppure finire per essere percepite come risposte isolate a domande altrettanto isolate.

TedxMilano 2017

3. Ed è qui che entra in gioco la tecnologia: che non solo ha il compito di «formare le nuove menti, liberandole dal pregiudizio» [Barbara Mazzolai], ma offre anche un nuovo approccio: la possibilità di integrarsi a vicenda. La collaborazione tra uomo e macchina può essere la migliore strategia, quando la mente umana percepisce “i sussurri” e pone le domande giuste al momento giusto, mentre le macchine agiscono in maniera tempestiva sfruttano una capacità computazionale non gestibile dall’uomo. [Marco Ramilli].

4. E se è vero che «Il lavoro non ce lo rubano i robot, ma un’istruzione inadeguata» [Diego Andreis] allora parte della questione comincia nelle scuole, dove il potenziale delle “nuove menti” può essere solo intuito [Alessandro D’Avenia], ma dove la trasformazione del sé avviene in ogni attimo a causa (o grazie) alle persone con cui interagiamo [Daniela Lucangeli]. Lo scambio di informazioni avviene in un processo comunicativo e per comunicare bisogna essere in due: è a questo punto che, come conclude Diego Piacentini, si può passare dal “ma chi te lo fa fare” al “si può fare”, a scuola, nell’industria, nella pubblica amministrazione o anche quando si tratta di “restituire” competenze, esperienze e informazioni acquisite grazie a un flusso di informazioni di cui tutti siamo più o meno consapevolmente attori.

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